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Saldi di fine Regione

Squallida conclusione di una legislatura.

La sessione di giugno del Consiglio regionale è iniziata in anticipo di un giorno e da subito ha rivelato l'intenzione della maggioranza di incassare i risultati di una politica di svendita durata tutta la legislatura. Sudtiroler Volkspartei, PATT, e ex democristiani, guidati da quell'incredibile personaggio che è Tarcisio Grandi (un presidente per tutte le stagioni e per tutti i colori politici, essendo lui stesso grigio ed indifferente a tutto ciò che non sia il proprio galleggiare nel mare inquinato della politica) si affrettano negli ultimi mesi dì legislatura a dare gli ultimi colpi di coda (che saranno "di testa" se gli elettori decideranno di rieleggerli). Eccone alcuni esempi.

Lunedì 8 giugno, l'umiliazione della democrazia. Ci sono volute poche ore per annientare la volontà di migliala di cittadini e cittadine, che proponevano, attraverso una legge di iniziativa popolare, di estendere l'ambito della partecipazione popolare, introducendo il referendum di iniziativa popolare propositivo (attualmente è previsto solo quello abrogativo). A chi scrive, presa da un improvviso attacco di ottimismo, pareva perfino ovvio che la legge, contestata in diversi punti dal governo con l'accusa di incostituzionalità, fosse emendata e riapprovata dall'aula. La convinzione derivava dall'evidenza della drammatica condizione in cui si trova oggi la Regione, la cui maggioranza, nell'arco di tutta una legislatura, non è riuscita a produrre quasi nulla di sensato, neppure a spendere dignitosamente il molto denaro a sua disposizione, e ha comunque impedito che si mettesse in moto un'iniziativa tesa a riformare l'istituzione stessa per renderla più efficace e adeguata alle esigenze del tempo.

Se la democrazia rappresentati va funziona male, perché non stimolarla e integrarla con forme d più diretta partecipazione delle cittadine e dei cittadini? Questo ragionamento però si è rivelato errato. I primi firmatari del disegno di legge di iniziativa popolare, chi per anni hanno affrontato per passione civile un lavoro faticosissimo di informazione e di stimoli delle istituzioni, creando intorno a sé una forte stima, hanno dovuti assistere a una scena indecorosi per le istituzioni democratiche Mai, neppure una volta, il capo gruppo della SVP ha preso la parola per spiegare le ragioni della sua ostilità alla legge. Mai, neppure una volta, i partner di giunta trentini (PATT ed ex democristiani) hanno sostenuto a voce alta 1 loro posizioni. Eppure il popolo ha eletto i suoi rappresentanti affinché essi si confrontino nelle aule del parlamento locale, non perché si dividano bilanci e privilegi.

Articolo dopo articolo, la maggioranza ha chiesto la votazione segreta: non aveva neppure il coraggio di far sapere per che cosa votava. Alla fine, di quelle ottomila firme raccolte ai banchetti non è rimasto niente. E poco anche della democrazia, di quel sistema in cui la cittadina e il cittadino sono i protagonisti e non le vittime.

E venne il giorno delle deleghe. Il disegno di legge è una striminzita paginetta, misura adatta alle argomentazioni dei proponenti. Con esso, in aperto contrasto con lo statuto d'Autonomia, le poche materie restanti alla Regione vengono delegate alle Province. Di per sé il fatto che gli enti più piccoli amministrino le materie, quando siano in grado di farlo, non è un problema. Ma questa proposta di legge, a pochi mesi dalla fine della legislatura, è un premio alla politica piratesca della Svp verso la Regione, che ha boicottato per cinque anni i lavori del Consiglio, per poi affermare che funziona male. Ed è uno schiaffo a coloro che da molti anni sostengono che si deve cambiare la politica, ma mantenere l'assetto istituzionale dell'autonomia.

I complici della Svp sono stati numerosi, non tanto fra coloro che erano convinti dell'attacco all'istituzione autonomista (pochi lo affermano apertamente), quanto fra i molti eletti menefreghisti, e fra gli assenteisti, questi ultimi equamente distribuiti fra i gruppi. Assenteisti che verranno rieletti, perché, mentre l'informazione sui lavori dell'aula sono pietosi per quantità e qualità, l'informazione sulle attività di inaugurazione e convegnistica non manca di mettere in vista quei politici che sono scappati dal loro dovere per andare a farsi pubblicità.

Chiedano gli elettori ai loro politici, quando affermano di essere a favore della Regione, dov'erano il giorno in cui si voterà la legge.

Il terzo "saldo di fine Regione" è il cosiddetto "Pacchetto famiglia", che porta denaro soprattutto nelle tasche di chi bisogno non ne ha. Una proposta che era nata come progetto per il futuro, e che è finita come mancia elettorale per una corrente della SVP e degli ex democristiani di destra trentini. Una legge che non aiuta le donne e la famiglia, ma distorce ulteriormente, gonfiandolo di soldi distribuiti secondo criteri arbitrari, il settore dei servizi di cura a bambini, anziani, disabili e malati, e creando i presupposti di una crescita del disagio sociale.

Rimane da dire che, nella logica dei saldi di fine legislatura, nella quale in assenza di una politica chiara negli obiettivi e nei percorsi, si distribuiscono denari strappati dalle tasche dei cittadini, anche la famigerata FUEV, l'Unione federalista europea dei popoli, ha ricevuto il suo "saldo" da 70 milioni.

Da un anno si aspetta la risposta ad un'interrogazione che pone dubbi gravi sulle parentele, gli esponenti e gli obiettivi di questa strana associazione, così mal frequentata e così sfuggente: la Regione tace e paga.

Mentre il denaro dei cittadini finisce nei cassetti dell'associazione, rimangono senza risposta quesiti delicatissimi. Perché la Regione Trentino Alto Adige finanzia un'associazione con sede nel nord della Germania, che riceve centinaia di milioni di marchi dal ministero degli Interni tedesco, e che pur raccogliendo esponenti (non si sa quanto rappresentativi) di altre minoranze, è dominata dalle minoranze di lingua tedesca di tutta Europa?