Strigno dopo la caserma
Era il paese del profughi e della caserma Degol. Poteva essere una piccola capitale della protezione civile trentina. E invece...
Il paese di Strigno è legato a doppio filo con la caserma Degol. I militari hanno portato benessere economico: bar, locande, balere, cinematografi. La gente che ha passato gli "anta" ricorda con un brivido di rimpianto la "dolce vita" di questo centro valsuganotto.
Ma Strigno è paese piuttosto strano: anima aristocratica innestata in un corpo di periferia economica disastrata: niente industrie, pendolarismo, turismo di transito. Si dice siano stati proprio gli strignani a non voler più l'esercito, e i fanti, andandosene, si sono portati via balere e cinema, bar e locande.
Nei vent'anni in cui la caserma è stata vuoto monumento dei tempi andati, il declino del paese è stato inesorabile, esistenziale. Poca gente in giro, sempre gli stessi, gli altri in casa o a lavorare fuori. I turisti, che non chiedono più solo aria buona e qualche passeggiata panoramica, sono andati altrove. Pochi momenti di socialità e di incontro.
Nel '91 la svolta: arrivano gli albanesi. Chi sono? I più vecchi ricordano l'Albania per averci fatto la guerra. E' gente che ha bisogno, ma già cominciano i primi mugugni, per nulla mitigati dal fatto che la Provincia di Malossini paga profumatamente l'ospitalità: si realizzano la nuova biblioteca, e la piscina; si ristrutturano municipio e acquedotto, si progetta 1 'arredo urbano e una nuova e ridondante illuminazione pubblica. Sembra che la caserma sia riuscita ancora una volta a dare una scossa ma non è così. Gli animi si scaldano, il razzismo getta qualche seme, qualcuno arriva a scrivere che in paese non si può più girare di sera per paura di essere aggrediti. La partenza degli albanesi, e poi dei croati e poi dei bosniaci, è salutata con un certo sollievo: la sonnacchiosa apatia della periferia sarà anche noiosa, ma non da problemi.
L'esperienza dei profughi è stata vissuta in modo così negativo da far gettare al vento una nuova chance di ripresa. La caserma Degol, ancora lei, poteva diventare Centro di addestramento della Protezione civile trentina e in questo modo portare gente nuova, lavoro, possibilità. Ma la proposta della Provincia cade su un terreno ormai inaridito. "Alla larga. Magari poi ci mandate gli zingari, meglio non far nulla".
Il potere taumaturgico della "Degol" sembra esaurirsi. Di lì in avanti ci pensa l'eterna campagna elettorale che anima questa disgraziata legislatura del governo provinciale. Il paese chiede nuove strutture: un poliambulatorio e il tiro a segno a completamento del centro sportivo. Il secondo finanziamento (2 miliardi e duecento milioni su una spesa complessiva di oltre tre miliardi e mezzo) arriva, inaspettato, alla fine di novembre, cogliendo di sorpresa la stessa amministrazione comunale a guida filo-autonomista, che si vede costretta a convocare in fretta il Consiglio per inserire l'impianto nel piano delle opere pubbliche.
A sinistra si alzano i primi distinguo: nonostante che del tiro a segno si parli da anni, manca ancora un'analisi sull'ampiezza della possibile utenza e dei costi di gestione. Non sono stati presi contatti con l'associazione del paese (duecento soci) che da tempo gestisce un piccolo poligono sotto la scuola elementare e dovrebbe garantire il funzionamento di quello più grande; ma che importa, non è elegante cavillare sui graziosi regali di Trento, per il resto si vedrà. La soddisfazione del sindaco Tomaselli è grande: dopo metà legislatura passata a mandare avanti vecchi progetti, ecco finalmente l'opera che può qualificare la sua reggenza.
Ma non si fa il conto senza l'oste. Il questo caso l'oste è Dario Rattin, verace macellaio consigliere della Lega Nord che, animato da un miscuglio di populismo peronista, voglia di farsi notare per una possibile candidatura provinciale e furbizia paesana, chiede addirittura un referendum popolare: " Volete il poligono o il distretto sanitario ? " - II distretto, che diamine!-
Difficile per il povero sindaco far capire che all'assessore ciclista Moser, promotore del poligono, del poliambulatorio importa meno di un nuovo modello di sellino, non essendo competente in materia. Infatti il sindaco preferisce rilanciare e tornare alla carica anche per l'altro finanziamento in ballo, nonostante i ripetuti rifiuti dei tecnici provinciali della sanità e dell'assessora Conci, che non riescono a capire perché finanziare un poliambulatorio da 3.200 milioni per dieci ore di attività settimanali dell'Azienda e per un medico di base nei confronti del quale la sanità pubblica non ha precisi obblighi di ospitalità.
E' un susseguirsi di delegazioni di sindaci in missione nei corridoi della Provincia, incontri con i tecnici, rifiuti e mezze promesse. Ma sembra proprio non ci sia nulla da fare. Intanto il vecchio poliambulatorio gigante cubico degli anni Sessanta, è effettivamente alla frutta. Per andare dal medico ci sono due rampe di scale da fare. I locali sono piccoli, convivono con il magazzino del Comune e con lo Sci Club.
Ai primi di dicembre il colpo di scena: nel bel mezzo dì un Consiglio comunale, il Presidente Andreotti, che sa cosa vuoi dire la teatralità, manda un fax per comunicare che la Giunta ha sottoscritto un conchiuso, che non è un nuovo gioco di abilità in stile cubo di Rubik, bensì un impegno ufficiale con il quale vengono garantiti due miliardi prò ambulatorio andando a pescare tra i fondi di riserva dell'assestamento '98. Non ci sono vincoli o condizioni: se il comune ridimensiona il progetto originario fino a farne coincidere i costi con il finanziamento, l'opera sarà interamente a carico della Provincia.
La soddisfazione è generale, ma i quattro consiglieri di centro-sinistra fanno notare che voler costruire una nuova struttura pare eccessivo di fronte all'utilizzo che se ne andrà a fare, tutto sommato limitato, e lascia irrisolto il problema di ristrutturare la vecchia. Inoltre il poliambulatorio dovrebbe sorgere nell'unica area sfruttabile a parcheggio per decongestionare un centro storico dove ci sono più macchine che persone.
"Nel vecchio edificio ricaveremo locali per la scuola elementare"- risponde il sindaco, pensando evidentemente che un edificio inadatto agli assistiti del medico possa divenirlo per i bambini.
Nel frattempo, nei pochi bar rimasti in paese, si mormora che per elemosinare qualche opera alla Provincia non serve più ospitare profughi: bastano le elezioni, e speriamo ce ne sia una all'anno. La vecchia caserma, ora, può essere demolita.