La tragedia infinita del Medio Oriente
Ci sarà mai una Norimberga 2 per i signori della guerra?
Da mesi siamo ripiombati nell’incubo della seconda ondata dell’epidemia che imperversa ormai in tutta Europa, destando giustificate paure a malapena contenute dalla buona novella del vaccino prossimo venturo. Quel che stupisce è che l’informazione sia ormai totalmente monopolizzata dagli sviluppi dell’epidemia, sia che si parli di politica interna o di economia o di politica estera. In Italia il fenomeno pare oltremodo accentuato: si può stare certi che tre quarti di un notiziario radio-tv è dedicato a un solo tema: l’epidemia. Siamo così arrivati, quasi senza accorgercene, a un silenzio stampa generalizzato su quasi tutto quello che accade nel mondo al di fuori del tema dominante, come se l’unico male planetario fosse il covid 19.
Purtroppo così non è, a prescindere dal fatto che molte altre sono le malattie non ancora sconfitte nelle regioni più sfortunate del pianeta, per non parlare di quella malattia tutta speciale che si chiama fame o in gergo medico “denutrizione”. E qui scopriamo (ma è una scoperta davvero?) che questa malattia è nove volte su dieci collegata a guerre, più precisamente a carestie e mancanza di cibo indotte dall’imperversare di operazioni belliche (o da sanzioni e/o blocchi commerciali) che impediscono il lavoro dei contadini, la lavorazione e/o la distribuzione delle derrate alimentari. È il caso di paesi come il Sudan, lo Yemen, certe zone della Siria o della Somalia afflitte da guerre ormai decennali. Guerre – cosa che si tende a rimuovere o persino a occultare – a cui non sono estranei gli interessi di paesi del ricco Occidente euro-americano.
Non è diverso il discorso con le malattie più antiche che affliggono paesi in stato di guerra (dissenteria, tifo e colera fino alle infezioni virali meno note) soprattutto a causa di mancanza di medicinali e personale sanitario. Il caso del vaccino anti-covid ha evidenziato un problema ulteriore: i paesi ricchi, USA e UE in testa, sono corsi ad accaparrarsi i tre quarti della produzione programmata, alla faccia dei diritti umani e del terzo e quarto mondo.
Ecco, i nostri media non sono avari di notizie sulle situazioni più tragiche, peccato però che si astengano da quel sano giornalismo d’inchiesta che imporrebbe di andare a fondo sulle cause vicine e remote di certi disastri umanitari come quelli che oggi abbiamo in Yemen, in Siria o in Venezuela. E si astengono dal farlo per una semplicissima ragione di allineamento geopolitico. Che significa? In parole povere, se il tuo paese è alleato della Francia di Macron e della Germania della Merkel - che hanno il controllo reale della UE e dei rubinetti finanziari della BCE (dei cui fondi l’Italia ha tanto bisogno…) - non puoi dire sui tuoi media che le armi francesi e tedesche sono tra le più vendute nei paesi del Medio Oriente.
Se il tuo paese è alleato degli USA di Trump, che controllano la NATO e hanno il Comando militare del Mediterraneo a Napoli e arsenali atomici nel nostro nord-est, non puoi dire nei tuoi media che gli USA alimentano da decenni il caos nel Medio Oriente per rubare letteralmente il petrolio siriano e irakeno, o per contenere l’espansionismo iraniano a favore di Israele e Arabia Saudita. Se il tuo paese è amico di Israele e dell’Arabia Saudita, con cui l’Italia commercia da sempre alla grande, ebbene allora bisognerà chiudere un occhio sul fatto che giornalmente l’aviazione militare israeliana bombarda la Siria senza neppure attraversare i suoi cieli, perché le basta lanciare missili a lungo raggio dai suoi aerei in volo sull’inerme Libano; e devi chiudere gli occhi sul fatto che l’Arabia Saudita con i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione ha ridotto lo Yemen, il paese più povero del mondo, a un paese di milioni di sfollati, malati, orfani e morti di fame. Insomma, per ragioni di opportunità (o opportunismo?) geopolitico bisogna chiudere non uno ma due occhi sui responsabili della tragedia infinita che sta accadendo in Medio Oriente, mentre la nostra opinione pubblica si arrovella sulle zone gialle, le zone arancione e le zone rosse, sugli allarmisti e sui negazionisti.
Ma tutto questo non impedisce ai nostri media nazionali di pontificare sui diritti umani calpestati in Cina e in Ucraina… (quelli dei Palestinesi non esistono, quelli delle donne arabe del Golfo chi ne sente parlare?), guarda caso, ancora una volta rimanendo perfettamente in linea con i media dell’informazione globale anglofona controllata dal centro dell’Impero.
Beninteso, in Cina o in Ucraina non ci sono governi da portare ad esempio nella difesa dei diritti umani, però, a parte ogni considerazione sui reali diritti dei poveri nelle periferie delle città americane - dove uscire vivi dalle mani della polizia può dipendere magari dal colore della pelle - è chiaro che non si possono accusare i cinesi o gli ucraini di violare i diritti umani e allo stesso tempo sorvolare senza battere ciglio sul fatto che ogni giorno di ogni mese degli ultimi anni aerei made in USA e con pilota saudita bombardano e affamano le popolazioni civili dello Yemen, aerei con la stella di David bombardano la striscia di Gaza dove c’è una concentrazione di 5000 persone per chilometro quadrato, e un Trump decide da un giorno all’altro di negare all’Iran e al Venezuela con le sanzioni bancarie la concreta possibilità di acquistare il vaccino anti-covid! Questo si chiama usare due pesi e due misure.
I paesi sanzionati o bombardati su menzionati usano espressioni più dure, dicono: stiamo subendo dagli USA o dagli israeliani o sauditi veri atti di terrorismo militare oppure di terrorismo economico, una espressione quest’ultima che meriterebbe di essere rivalutata dalla nostra un po’ distratta stampa nazionale.
Ma se rispolverassimo i capi d’accusa del tribunale di Norimberga, che mise a morte i criminali nazisti, dovremmo forse parlare più precisamente di “crimini di guerra” e di “crimini contro l’umanità”. Domanda: ma quale dei nostri media darebbe mai del criminale di guerra o del terrorista economico ai responsabili politici degli USA e dei loro alleati mediorientali? Quale dei nostri ex-comunisti, ex-internazionalisti, ex-cattocomunisti, ex-pds, ex-rifondazione, ex-progressisti o ex-pannelliani invocherà mai un processo di Norimberga 2 per questi crimini?
No, non lo farà nessuno, né in Italia né in Europa, per la semplice ragione che i processi di Norimberga li fanno solo e sempre i vincitori, e nessuno mai si sognò di portare a Norimberga i generali americani che, a guerra praticamente vinta, pianificarono i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, né di processare il generale Harris del Bomber Command della RAF inglese che nel febbraio 1945 ordinò il bombardamento a tappeto di Dresda (piena di sfollati) i cui morti secondo alcuni superarono persino quelli di Hiroshima.
Nessuno protesta
La seconda questione chiamata in causa dalla tragedia del Medio Oriente è la liquefazione di una opinione pubblica progressista: negli anni ‘60 c’erano in tutto il mondo le marce contro la guerra del Vietnam (persino Morandi cantava contro la guerra in Vietnam), c’erano ovunque i sit-in di fronte alle ambasciate USA, esisteva una coscienza “terzomondista” o “antiimperialista”. Vedremo mai delle marce contro la guerra dello Yemen o contro la guerra di Siria? Contro lo strangolamento economico del Venezuela e dell’Iran? Oggi si marcia per tutt’altri (magari nobilissimi) scopi: la tutela dell’ambiente, il NO-TAV, il ponte di Messina… ma i milioni di sfollati, profughi e affamati dalle guerre promosse in Medio Oriente dal neo-imperialismo della triade americo-sionista-saudita non sono degni dell’attenzione della nostra sinistra post-moderna. Si celebra giustamente ogni anno la memoria dell’ Olocausto, ma gli olocausti quotidiani in Yemen e in Siria sui nostri media nazionali praticamente non esistono, cancellati. Quante persone saprebbero indicare lo Yemen sulla carta geografica?
Tornando a Norimberga, un altro dei capi d’accusa contro i criminali nazisti nella formulazione giuridica suonava “crimini contro la pace”, ovvero complotto per scatenare guerre e conflitti.
Il 2020 si è aperto con un Trump che annunciava trionfante di avere fatto assassinare il generale iraniano Soleimani all’aeroporto di Baghdad – proprio il generale con cui gli USA avevano collaborato nella vittoriosa guerra all’ISIS in Irak – dove era giunto in missione diplomatica; e l’anno si chiude con una mitragliatrice telecomandata da satellite che uccide a Teheran uno scienziato atomico iraniano, di cui il primo ministro israeliano tempo addietro aveva detto che era “il primo della lista”. Pare che, in risposta, all’inizio di dicembre un alto funzionario del Mossad sia stato assassinato a Tel Aviv da un gruppo di sicari nella sua macchina ferma a un incrocio col semaforo rosso (notizia riportata con video da siti russi), ma né l’Iran né Israele, per intuibili motivi, hanno o confermato. Dall’Iran in questi giornsmentito i, nell’approssimarsi dell’anniversario dell’assassinio di Soleimani (3 gennaio), giungono minacce di vendetta. Si parla di possibili attentati ad alti gradi militari o a installazioni militari USA. Gli Stati Uniti intanto hanno inviato un sottomarino nucleare e due navi lanciamissili nel Golfo Persico, giusto per allentare la tensione… a cui pare si sia aggiunto anche un sottomarino israeliano. Sui giornali americani alcuni commentatori paventano un possibile colpo di coda dell’amministrazione Trump che penserebbe a un attacco all’Iran prima del 20 gennaio, in coordinamento con Netanyahu, che da tempo spinge in tal senso.
Trump e Netanyahu: due uomini giunti alla fine della carriera politica, entrambi inseguiti da inchieste giudiziarie interne che da tempo li avrebbero portati dietro le sbarre se non godessero dell’immunità connessa al loro ruolo.
Ci regaleranno, questi due signori della guerra, anche una terza guerra mondiale, mentre noi discutiamo ancora di zone gialle rosse e arancioni?