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QT n. 10, ottobre 2019 Trentagiorni

L’Adige boicottato eppur contento

Una storia locale sulla libertà di stampa contro il presunto conflitto di interessi di chi vende il giornale

Walter Ferrari

Il 25 agosto scorso usciva su l’Adige la notizia relativa a due esposti presentati dal Coordinamento Lavoro Porfido (C.L.P.) in merito ad altrettante questioni riguardanti la gestione delle cave nel Comune di Albiano. Uno di essi verteva sulla vicenda relativa alla costituzione del Consorzio Estrattivo Montegaggio da parte di due ditte concessionarie, la SEPA e la ELPPA, e alla decisione assunta dal Consiglio comunale di ratificare un inghippo che permette ai concessionari di trasferire ad altri soggetti, come fosse cosa propria, la concessione, senza alcuna nuova asta, in tal modo tagliando fuori proprio il Comune, in barba alle regole codificate per legge (vedasi “Albiano: il Comune si piega ai concessionari” su Questotrentino dello scorso luglio).

Il secondo esposto aveva quale oggetto il fallimento della Cava Porfido S.r.l., episodio che desta non pochi interrogativi sia sui mancati controlli da parte dell’Amministrazione comunale che sul comportamento del Sindacato Filca-Cisl.

Ebbene, recatomi poco prima di mezzogiorno alla Famiglia Cooperativa di Lases per acquistare l’Adige, con mia grande sorpresa lo trovavo a terra, “nascosto” sotto un cestello di plastica per la spesa, anziché sull’apposito espositore sul quale facevano bella mostra gli altri quotidiani.

Il 30 agosto l’Adige pubblicava una mia lettera in cui segnalavo la cosa affermando che “sarebbe grave se si trattasse dell’ennesimo atto di sabotaggio rispetto alle tematiche scottanti sollevate in questi anni dal C.L.P. e riguardanti il settore del porfido”.

Il direttore de l’Adige Alberto Faustini commentò in maniera assai dura l’accaduto affermando: “Se il nostro giornale fa per così dire paura e se qualcuno cerca di farlo sparire affinché non si leggano certe notizie ritenute scomode, siamo comunque pronti ad entrare in battaglia: per difendere il nostro lavoro e per difendere i diritti dei lettori”.

Egli concludeva affermando: “Se è vero ciò che mi scrive – e non dubito certo delle sue parole – siamo di fronte ad un episodio di gravità inaudita”.

L’11 settembre, però, veniva pubblicata una lettera a firma della signora Stefania Veloccia, presidente della Famiglia Cooperativa di Albiano e Lases, nella quale si spiegava che quel giorno, “essendo già mezzogiorno, ora di chiusura del punto di vendita, il personale aveva già iniziato l’operazione di resa (…) e forse un cliente, ignaro dei giornali in terra, ha ingenuamente appoggiato il cestello della spesa, rendendoli non visibili ai clienti tardivi”.

La signora Veloccia si dichiarava inoltre dispiaciuta “che i dipendenti della cooperativa, che lavorano anche la domenica, vengano accusati gratuitamente ed ingiustamente”, con ciò creando le premesse per una strumentalizzazione volta a gettare discredito nei miei confronti ed indirettamente sul conto del C.L.P. La lettera della Presidente è stata infatti prontamente affissa all’esterno e all’interno del negozio, presso la cassa, con la cassiera di turno pronta a spiegare l’accaduto ai frettolosi clienti.

I termini di tali spiegazioni sono stati grosso modo i seguenti: il signor Ferrari ha accusato di negligenza il personale rispetto alla vendita dei giornali e la Presidente è intervenuta a difesa dei dipendenti, in quanto tali accuse erano gratuite ed ingiustificate.

Una campagna denigratoria che è potuta continuare indisturbata per settimane, in quanto il direttore de l’Adige si è rifiutato di pubblicare una lettera a firma di Vigilio Valentini, inviata al giornale il 13 settembre, nella quale si testimoniava che l’Adige quella domenica giaceva sul pavimento anche alle 10.15 del mattino, mentre gli altri giornali erano tutti sistemati sull’apposito espositore, quindi la spiegazione data dalla Presidente non reggeva alla prova dei fatti.

Anche il sottoscritto rispondeva già il giorno dopo alla lettera della signora Veloccia, precisando che quella domenica non era in servizio il personale che solitamente lavora al punto vendita di Lases al quale riconoscevo pubblicamente “serietà professionale, cordialità e disponibilità”. Nello stesso tempo puntualizzavo di aver esposto un fatto che avrebbe reso possibile circoscriverne le eventuali responsabilità, chiarendo che ero entrato nel negozio verso le 11.30 e nei 10 minuti della mia permanenza non ho notato alcuna attività relativa ad operazioni di resa, essendo il personale impegnato a servire i numerosi clienti che lo affollavano.

Come mi è stato riferito da altre persone ed è testimoniato nella lettera inviata da Vigilio Valentini al direttore, in realtà quella mattina l’Adige non ha mai trovato posto sull’espositore dei giornali e quindi non poteva giacere a terra perché erano iniziate le operazioni di resa, così come quel cestello non era stato “ingenuamente” appoggiato da qualche cliente, in quanto non conteneva nessuna spesa!

Forse però - facevo notare nella mia risposta - quelle giustificazioni erano interessate, dato che la signora Stefania Veloccia, se non mi sbaglio, risulta essere la nuora di uno dei soci della ditta SEPA che, come detto all’inizio, aveva costituito insieme ad ELPPA il C.E.M., sulle cui vicende verteva uno degli esposti di cui l’Adige quel giorno dava notizia.

A fronte di tutto ciò, quello che è veramente grave è il fatto che il direttore de l’Adige abbia fin qui evitato di pubblicare le due lettere che dimostravano la non veridicità delle affermazioni fatte dalla Presidente della Famiglia Cooperativa di Albiano e Lases, censurando di fatto la verità.

Una gravità veramente “inaudita” considerato che, come scriveva Montaigne quasi cinque secoli fa, “il primo indizio della corruzione dei costumi è bandire la verità