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QT n. 6, giugno 2019 L’editoriale

Fugatti come Salvini?

Prime verifiche dopo sette mesi di governo leghista

Sette mesi sono passati dalla clamorosa vittoria della Lega alle provinciali. Al primo test elettorale, come se l’è cavata Fugatti? È ancora al traino di Capitan Salvini? Questa la domanda che ponevano, in Trentino, le ultime elezioni. Domanda cui non è facile rispondere anzitutto perché si confrontano elezioni nazionali con elezioni provinciali e con europee, aggiungendoci poi anche le suppletive. Insomma, si rischia di fare un minestrone, di confrontare mele con pere.

C’è poi un’altra difficoltà: 7 mesi di governo sono insufficienti per scorgere esiti significativi. A meno di strategie grossolanamente errate, vedi Di Maio e i 5 Stelle a Roma, suicidatisi a favore di Salvini, è difficile che ci siano risultati governativi subito così disastrosi da riflettersi nella pubblica opinione e capovolgere il clima da luna di miele che sempre coinvolge nei primi tempi governanti e governati.

Fatte queste premesse, vediamo i risultati. La Lega trentina alle politiche del marzo scorso col centrodestra (quindi insieme a Forza Italia, Fratelli d’Italia e un fantomatico Noi per l’Italia) prendeva il 37,49%. Alle provinciali dell’ottobre scorso il boom: la Lega da sola aveva il 29,09%, e Fugatti presidente – cioè la coalizione – il 46,73%. Aveva giocato l’effetto che gli americani chiamano band vagon, tutti sul carro del vincitore; oppure, se vogliamo, si era palesata una forte capacità di attrazione. E adesso, dopo 7 mesi di governo? La Lega sembra consolidarsi: alle europee prende il 37,74%, oltre 8 punti in più dell’autunno scorso, e tre in più di quelli per cui Salvini ringrazia la Madonna; e il dato, forse un po’ stiracchiato, di coalizione, sommando cioè Forza Italia e Fratelli d’Italia, che hanno corso per conto loro, porta comunque ad oltre il 48%.

Conclusione? Fugatti e gli elettori sono ancora in luna di miele. Le iniziali buone intenzioni di un governo non disponibile, aperto a tutti e pronto ad ascoltare hanno iniziato a svanire con le prime consuetudini al potere (ne parliamo in “30 giorni”). I risultati, nel bene e nel male, ancora non vengono percepiti, il traino del Capitano ancora funziona: Fugatti ha superato il test – forse troppo precoce – alla grande. La divaricazione tra le promesse e le realizzazioni, a nostro avviso inizia a manifestarsi; ma sono solo primi segnali, che l’elettorato ancora non percepisce.

Veniamo ai 5 Stelle. In Trentino la situazione era particolare: non avevano vinto nel marzo scorso, rimasti comunque a un 23,36% significativo, per quanto lontano dal 32,7% nazionale. Erano crollati invece alle provinciali, un misero 7,23. Sono ora un po’ risaliti, all’8,72, dato comunque lontanissimo da quello, pur disastroso, nazionale (17,1%) e lontano anche dal risultato trentino alle europee del 2014 (15,45%). Nonostante l’impegno dei consiglieri De Gasperi, Marini e del ministro Fraccaro, i 5 Stelle in Trentino non hanno mai attecchito.

Veniamo al PD. Sembrava incapace di rimettersi dalla sbronza renziana, che aveva dissipato milioni di voti nonché la coesione interna. Ma il partito, allontanatosi dalle storiche radici popolari, era soprattutto ormai bollato come il rappresentante del notabilato. Zingaretti non ha dato una sterzata decisa (e meno che mai la segretaria trentina Lucia Maestri). Ha però rimesso la macchina in carreggiata. E al resto ha pensato Salvini: un fasullo che si appella ai santi d’Europa, flirta col fascismo e mostra in tv nel suo privato pantheon, pur nascosto, un libro pro Himmler, non può non mobilitare anche le più sonnacchiose coscienze di sinistra. Di qui la ripresa nazionale di 4 punti percentuali (dal 18,8% al 22,8). A livello locale Fugatti non ha fatto il fascista e immaginiamo che non lo farà: se l’è presa con migranti, lupi ed orsi. Bersagli facili, ovviamente, ma indicativi comunque di una cultura: trovare il capro espiatorio nei più deboli, e se non lo si trova, inventarselo. Così il PD, dopo aver perso tutti i parlamentari nel 2018 ed essere precipitato alle provinciali al 13,9%, è tornato a un più significativo 25,2.

Dove poi, come nelle suppletive al collegio di Trento, si è deciso a presentare (anche perché nessun cinquantenne di successo intendeva cimentarsi in una battaglia persa) una candidata giovane ma preparata come Giulia Merlo; che ha vinto in città e ottenuto nel collegio un significativo 41% non troppo distante dal 46 della leghista Segnana.

Non basterà a invertire una dinamica ormai consolidata. Ma dovrebbe spronare il PD ad abbracciare con più slancio una strada di rinnovamento, nei programmi e nelle persone. E dovrebbe anche segnalare a Fugatti che non può dormire tra due guanciali, limitandosi a gestire i dividendi che il tracotante attivismo finora fortunato di Salvini, gli ha fin qui garantito. Togliere diritti ai poveracci e disprezzare l’ambiente è una linea politica che qualche frutto, purtroppo, lo può dare. Ma non basta e non dura.