Non ci sto!
Era il 1992 quando Bettino Craxi, difendendosi in Parlamento dalle accuse di finanziamenti illeciti ricevuti dal Partito Socialista, utilizzò l’argomento del “così fan tutti”; il che era anche vero, come dimostrarono gli eventi successivi, ma certo non poteva annullare le sue responsabilità. Da allora il senso civico, lo spirito legalitario degli italiani è tutt’altro che migliorato, inventandosi un ventaglio di scusanti e motivazioni che confermano una qualità nazionale riconosciutaci universalmente: la creatività. Per i politici sospettati di aver infranto la legge, c’è la teoria del complotto, preziosa soprattutto in tempo di elezioni, mentre il “così fan tutti” continua a giustificare il mancato rispetto di molte regole. Te ne andavi per i fatti tuoi in orario di lavoro? “A chi non è mai capitato di uscire senza timbrare il cartellino per un caffè o per andare al supermercato prima che chiuda?”.
Poi c’è la modesta entità della trasgressione (“Sì, ho sforato il limite dell’alcoltest, ma solo di un decimale!”. “Sì, l’auto era parcheggiata fin sul marciapiede, ma sporgeva di neanche mezzo metro!”); o la lamentata sproporzione fra infrazione e relativa sanzione.
Quando poi non sai proprio che scusa inventare, puoi sempre dire che ci sarebbero violazioni di legge ben più gravi della tua da sanzionare; come quell’imprenditore al quale fu imposto di abbattere un fabbricato abusivo e che replicava in una lettera all’Adige: “Mi meraviglia lo zelo della polizia municipale, conoscendo emergenze ben più preoccupanti relative alla sicurezza dei cittadini”.
Ma da qualche tempo è arrivato, a giustificazione dei trasgressori di ogni genere, un argomento formidabile: la Casta, anzi, la Kasta. Che è qualunque tipo di autorità, dalla Commissione europea che impone le sue regole, alle banche, al vigile che ti fa la multa, fino al bidello che ritira gli smartphone agli studenti. Autorità che impongono normative basate - si dice - su informazioni errate (la storia dei vaccini) o applicate con un rigore tale da giustificare la disobbedienza civile.
Dei giorni scorsi è la notizia che a Milano il presidente nazionale del Codacons, l’avvocato Marco Maria Donzelli, da anni è in causa contro Milano Ristorazione “per gravi inadempimenti al servizio di ristorazione” e da anni non paga la mensa scolastica delle tre figlie (nel frattempo due hanno fatto in tempo a completare gli studi in quella scuola), perché a suo dire “gli inadempimenti di Milano Ristorazione e del Comune erano troppo gravi”. Ad esempio, “all’epoca delle contestazioni, nel 2008, veniva utilizzata la carne trita vietata, pesce extracomunitario non conforme, olio in bottiglie di plastica e non nel vetro. Niente grammature ma cibo distribuito ad occhio”. E ancor oggi il cibo fornito “non è in linea con l’alimentazione che intendiamo seguire noi”. Così ancor adesso la bambina si limita a mangiare pane e frutta; e il padre a non pagare (neanche il pane e la frutta - par di capire).
Nella strenua lotta contro la Kasta si possono poi verificare dei singolari corti circuiti, come quello raccontato dall’Adige dell’11 maggio. Succede che una fototrappola, installata allo scopo di monitorare la presenza di animali e attività di bracconaggio su una strada forestale della val di Non interdetta al traffico, rileva il passaggio di un fuoristrada. Ne consegue una contravvenzione di 134 euro, che però la proprietaria si rifiuta di pagare, in quanto - sostiene il legale della donna - “l’atto di accertamento, basato sulle immagini della fototrappola, è illegittimo”, perché sarebbe in contrasto con l’art. 13 dell Costituzione (“La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale”), con la legge sulla Privacy, e per finire col Codice della strada.
Due baluardi delle Regole, più una legge, quella sulla privacy, che ad ogni momento ci impedisce qualcosa o ci impone adempimenti di dubbia utilità, invocati per giustificare una trasgressione visivamente dimostrata. Già, perché l’importante è non pagare.