Indennità per i disabili: la lotta continua
Le indennità per i disabili (accompagnamento, assegni di invalidità, risarcimenti INAIL, ecc.) non devono entrare nel calcolo della quota del reddito, perché non si tratta di somme guadagnate, ma acquisite di diritto in presenza di un handicap con cui, nella maggioranza dei casi, acquistare beni e usufruire di servizi necessari per garantirsi una vita dignitosa. In Italia, però, rischiava di accadere che la disabilità venisse considerata un elemento del patrimonio economico, se il Consiglio di Stato, col pronunciamento del 29 febbraio scorso, non lo avesse impedito, confermando le tre sentenze del TAR del Lazio del gennaio 2014.
Insomma, come ha scritto Beppe Grillo sul suo blog, “è stata scritta la parola fine su una vicenda che in un Paese civile non si sarebbe dovuta nemmeno ipotizzare”.
Da un lato, quindi, la vittoria di tutte quelle famiglie con disabili a carico che hanno rischiato di essere assurdamente considerate abbienti e perdere così la possibilità di accedere a benefici assistenziali necessari; dall’altro la sconfitta del governo Renzi che, avendo ereditato la cosa dai precedenti governi, non aveva rispettato le sentenze del TAR, facendo ricorso al Consiglio di Stato. Il quale nella sua sentenza ha precisato che “l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché..., bensì a compensare un’oggettiva e ontologica situazione d’inabilità che provoca disagi e diminuzione di capacità reddituale... Esse non determinano infatti una migliore situazione economica del disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale”.
Parole ovvie, a cui il governo deve sottostare, come ha promesso il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Tuttavia, occorre adesso ricalcolare l’ISEE, col timore che il governo, per compensare i costi derivanti dalla sentenza, possa inasprire le soglie di accesso ai servizi. Ma, come si legge su un blog, diverse amministrazioni non hanno tenuto conto della necessità di modificare il calcolo dell’ISEE, mantenendo invariato il termine di scadenza per la presentazione del documento, pena l’esclusione dal servizio richiesto. Si è quindi provveduto a preparare, per queste Amministrazioni, una lettera di acquisizione parziale della documentazione in attesa che l’ISEE venga adeguato alla recente sentenza.
Dallo stesso blog si apprende che se il Governo non si muovesse, nonostante che il Consiglio di Stato indichi nel dettaglio le modifiche da applicare al software di calcolo per l’ISEE, gli verrà inviata una diffida.
Si invitano quindi gli interessati a compilare una richiesta di rideterminazione ISEE e di riparazione dei danni subiti.
Le associazioni, come si vede, non demordono e fanno sentire il loro fiato sul collo delle autorità.