Una vita difficile
Sono una giovane donna che ha avuto dalla vita solo sberle. Se dovessi raccontarmi a qualcuno, userei proprio queste parole. Parto dal fondo: sono una trentina doc, sono stata vittima delle violenze del mio ex compagno, che ho denunciato e che per questo è finito in carcere, sono senza lavoro, ho una casa in affitto che non so come pagare, non ho nemmeno i soldi per vivere.
Ho chiesto aiuto tante volte a tutti: Comune, Provincia, enti vari, tutte le istituzioni del territorio. Penso che ormai mi conoscano tutti nei vari uffici competenti. Non chiedo la luna: ho solo bisogno di un alloggio nuovo, con un affitto più basso (adesso pago 400 euro al mese, per me è tantissimo), ma soprattutto con un recapito sconosciuto al mio ex compagno, che ha scontato la sua pena in carcere e da poco è fuori. Vivo nel terrore che si ripresenti al portone di casa. Quando suona il campanello non rispondo, quando esco mi guardo intorno come se fossi una ladra, una poco di buono che si deve nascondere.
I carabinieri mi dicono che non possono fare granché, lui la sua pena l’ha scontata e adesso è libero. Io credevo che per le vittime di stalking ci fosse un aiuto in questo senso a trovare un alloggio nuovo, per stare più tranquilla.
Chiedo anche una mano a trovarmi un lavoro. Dio solo sa a quante porte ho bussato, anche per lavoretti saltuari, per lavori umili, mi adeguo a tutto!
Capisco che c’è la crisi, ma o preferiscono assumere ragazze giovani, con contratti da apprendistato (io ho sui quarant’anni), oppure appena sanno della mia storia mi chiudono la porta in faccia. Mi dicono che potrei creare problemi. E al mio problema chi ci pensa?
Sono molto stanca, stanca di elemosinare quello che - credo - mi spetta di diritto.
Da piccola sono stata accolta e cresciuta in un collegio. Un’esperienza che mi ha segnato, nel bene e nel male. Alla maggiore età mi sono ritrovata fuori, nel mondo, sola. Mi sono arrangiata in mille modi. Ho avuto una figlia, che purtroppo non c’è più e che ora mi guarda da lassù come un angioletto, sono sicura che mi protegge, nonostante tutto. Sono dovuta andare anche all’estero per lavorare. Poi, quando sono tornata, trovo una brutta sorpresa: faccio domanda di casa Itea e di un reddito di garanzia, ma mi dicono che non ne ho diritto perchè da più di tre anni non risiedo in Trentino.
Io, una trentina figlia di trentini, messa sullo stesso piano degli immigrati stranieri. Vi sembra giusto?
Morale: non so come pagare l’affitto, vorrei evitare di farmi ritrovare dal mio ex violento, non trovo uno straccio di lavoro e non so come tirare avanti.
Lo so che una lettera non risolverà nulla probabilmente. Ma so che ci sono anche altre donne nella mia stessa situazione. Forse servirà almeno a risolvere i loro problemi.
Vediamo se il Trentino dimostrerà di avere ancora un cuore.