Ospedale San Camillo: il clima si è rasserenato
Nel novembre del 2009 QT aveva raccolto in una inchiesta preoccupanti notizie sul clima di lavoro interno all’Ospedale San Camillo di Trento. Eravamo a cavallo di un passaggio delicato di una vertenza che vedeva i lavoratori chiedere alla direzione, ormai da anni, una parificazione di trattamento coi colleghi della sanità pubblica, come già accaduto, fin dal 2003, presso altre cliniche di Arco e Rovereto.
L’Istituto Figlie di San Camillo è una realtà nazionale allora versante in gravi difficoltà economiche, che si ripercuotevano sull’ospedale trentino. C’era stata una drastica diminuzione di personale, tra direzione e Provincia si erano aperti molteplici contenziosi con reciproche accuse di non stare ai patti, ai lavoratori non venivano sottoscritti aumenti di stipendio; il clima sindacale era dunque diventato pesante e la stessa qualità dell’assistenza ai pazienti ne soffriva. Cose che noi denunciammo.
Poco tempo dopo l’uscita del nostro servizio, i sindacati, peraltro molto divisi fra loro e alcuni ricchi solo di demagogia urlata, riuscirono comunque a chiudere la lunga vertenza; ma ha chiuso anche il laboratorio di analisi, e parte del personale che se n’è andato non è stato rimpiazzato. Ultimamente è stata chiusa anche ostetricia, e a seguire il punto nascita, uno dei gioielli della clinica: un passaggio praticamente imposto dalla Provincia all’interno di una logica riorganizzatrice dell’intero comparto provinciale, che difatti oggi vede a rischio altri punti nascita nelle periferie del Trentino.
In questa situazione di oggettiva difficoltà per chiunque lavori nella sanità, sia pubblica che privata, il San Camillo sembra aver cambiato rotta, avviandosi su un percorso che ricerca qualità nella prestazione e tempi certi, e quindi veloci, nell’offrire il servizio richiesto dal paziente. Passaggi non facili, data la necessità di perseguire un equilibrio della gestione economica. Aver perduto il punto nascita e le prestazioni del laboratorio ha indebolito l’immagine esterna dell’ospedale, ma non vi è dubbio che oggi quanto viene erogato rimane un servizio di qualità.
La sanità trentina, pur di qualità, è dispendiosa, le prestazioni sono tra le più costose d’Italia, con una spesa pro capite annuale di 2265 euro contro i 1862 del Veneto. Ne deriva l’imposizione di pesanti tagli e la richiesta, da una parte della società, di ulteriori ridimensionamenti alla sanità privata.
Oggi è indubbio che alcune specifiche offerte, specialmente nel campo della assistenza agli anziani in lungodegenze o nei percorsi riabilitativi, trovano risposte efficaci nel privato, cui la Provincia sembra aver delegato in modo quasi totale queste competenze. Più che ridimensionare, o tagliare ulteriormente, è il caso di riorganizzare, di offrire a tutti i pazienti un’omogenea qualità dei servizi. Se si intende raggiungere questo obiettivo c’è bisogno del sostegno rivolto anche al settore privato, specialmente quando l’interlocutore imprenditoriale dimostra correttezza anche verso il personale, sia medico che infermieristico.
La chiusura del conflitto al San Camillo è un passaggio politico e sindacale positivo, che può aiutare l’ente pubblico nella sua azione di riordino di competenze e funzioni della sanità convenzionata.
Articoli attinenti in altri numeri:
S. Camillo, un ospedale in mano ai furbi
di Luigi Casanova, Ettore Paris
QT n. 10, novembre 2009