La Liberazione, oggi, si chiama disarmo
Arena di pace 2014: la resistenza non si lascia imbalsamare.
Il 25 aprile 2014 a Roma, un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, stoppava l’antimilitarismo. Mentre ricordava che le spese militari si possono anche tagliare (sta difendendo fino all’ultimo spasimo l’acquisto degli F35) aggiungeva: “...senza indulgere a decisioni sommarie che possono riflettere incomprensioni di fondo e perfino anacronistiche diffidenze verso lo strumento militare, vecchie e nuove pulsioni demagogiche antimilitariste”- e inneggiava all’onore che le forze armate portano all’Italia, riferendosi non proprio felicemente alla questione dei due marò trattenuti in India.
Come controcanto la presidente della Camera Laura Boldrini ricordava che “anche l’impegno per gli armamenti non può essere considerato affatto irrilevante rispetto agli impegni che la Repubblica pensa di poter mantenere con i suoi cittadini in materia di asili-nido, o di sostegni all’occupazione”-. La Presidente, con un determinato saluto, si rivolgeva al popolo dell’Arena di Verona dicendosi preoccupata per i continui drastici tagli alle associazioni della solidarietà. E il Segretario di stato del Vaticano mons. Pietro Parolin invocava la non proliferazione delle armi, sostenendo l’avvio di politiche di disarmo.
Contrasti istituzionali di rilevanza politica. Le parole della Boldrini e del segretario di Stato hanno trovato declinazione nella armonia degli interventi e delle musiche che nella giornata delle celebrazioni della Resistenza per 7 ore hanno animato il popolo della nonviolenza: 13.000 persone che si sono ritrovate all’Arena di Verona per innescare contenuti innovativi e di alta prospettiva politica, per aggiornare la lotta di liberazione. 25 anni dopo il primo appuntamento centinaia di associazioni hanno condiviso i loro sogni, le speranze, i valori per strutturare un grande progetto che si basi sui valori della resistenza, come bene ha ricordato la partigiana Lidia Menapace.
Liberazione oggi si chiama disarmo. Resistenza oggi si chiama Nonviolenza Questi gli slogan che hanno sintetizzato i valori portati da cittadini attivi. Impossibile elencare l’associazionismo presente: il mondo cattolico, quello della solidarietà, il sindacato, i nonviolenti, le associazioni ambientaliste, i comitati a difesa dei beni pubblici, il servizio civile alternativo, i movimenti delle donne... tutti insieme per resistere con dignità, per esistere con gioia seminando attività di cooperazione e lavorando per la nonviolenza e la giustizia sociale.
L’Arena ci ha regalato ancora una volta una carica di emozioni e di energie, di sorrisi, abbracci ed anche lacrime che oggi è impossibile rintracciare in altri saloni della politica italiana: è emerso il coraggio di un popolo ancora vasto che non si è arreso, che investe nella responsabilità individuale e di gruppo per disarmare l’arroganza della politica, portare l’economia su percorsi di solidarietà, disarmare questa crisi con l’impegno e con uno sviluppo alternativo.
Alcuni interventi hanno entusiasmato. Ad esempio padre Alex Zanotelli, che ha denunciato questo pianeta vissuto in modo violento che sta per vendicarsi dell’uomo incapace di chiedere perdono. Rivolgendosi ai giovani ha ricordato come lui si sia convertito a questa missione nonviolenta e attiva cinquant’anni fa, seguendo l’esempio di Gesù, chiedendosi quando accadrà che anche le chiese ufficiali saranno capaci di conversione. Ha denunciato la guerra mondiale strisciante e continua provocata dal 20% dell’umanità che consuma l’80% delle risorse, una guerra scatenata contro i poveri e i deboli mentre la finanza, anche senza armi, continua ad ammazzare: sono 36 le guerre in corso, sono 54 milioni all’anno i morti per fame sulla terra. Zanotelli, anche dopo l’intervento, non riusciva a stare seduto, per ore ha continuato a stringere mani, ad abbracciare, a distribuire parole e sorrisi. E infatti i rappresentanti della Rete per il disarmo, recuperando gli inviti del missionario, ricordavano che il nonviolento non attende, non sta seduto, ma entra nei conflitti per offrire risposte a chi è debole e non riesce ad ottenere diritto di parola.
Il sindaco di Messina, Renato Accorinti, ha ricostruito i percorsi della politica reale, quella fatta accanto e per la gente. La sua lista ha vinto le elezioni di una grande città contro ogni previsione, costruendo alleanze dal basso, nei comitati e contri i poteri dei partiti tutti, dalla sinistra alla destra, contro le mafie diffuse che imponevano il famigerato, assurdo ponte. Ha ricordato che la Sardegna (militarizzata al 60% del territorio e quindi impoverita) e la Sicilia non sono solo corruzione, ma vantano riferimenti e valori straordinari come Beppino Impastato, Mauro Rostagno, i giudici Falcone e Borsellino. Se Messina è stata la vittoria dei sogni ritenuti impossibili, perché anche una simile Arena non può risultare vincente? Anche lui, in jeans e maglietta rossa, che invocava il Tibet libero, è stato poi circondato dall’incontro con centinaia di presenti.
Ci sono stati interventi degli ambientalisti, ma anche del mondo sindacale rappresentato da Maurizio Landini della FIOM-CGIL e da Gianni Alioti della FIM-CISL, che spinti da un irruente Gad Lerner, hanno condiviso l’opposizione all’acquisto degli F35 (che indeboliscono non solo le finanze italiane, ma anche la capacità di ricerca e produzione di Finmeccanica). I due sindacalisti hanno concordato con Zanotelli che è l’intero sistema produttivo che deve cambiare, dalla mobilità (riferimento alle varie TAV) a cosa e per chi si produce, alla necessità di investire in servizi e nel pubblico. Lerner ha chiuso ricordando il significato del termine “civile”, riferendosi al sindaco di Verona, che per cancellare il disagio presente anche nella sua città ha imposto la vergogna della multa a chi offre elemosina o cibo ai poveri.
Non possiamo recuperare la ricchezza dell’intera giornata, ma non è possibile trascurare le tracce che don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha lasciato nei cuori presenti a Verona. Per lui l’obiettivo del nonviolento non è vivere in pace, ma per la pace, riconoscendo la dignità di ognuno.
La guerra oggi non è solo combattuta con le armi: vi è una guerra silenziosa, economica, che, supportata da scelte politiche, costruisce esclusione e diffonde le disuguaglianze. Con quanto sta avvenendo anche in Italia il mondo del sociale rischia di diventare strumento di delega rivolto agli ultimi: “Non vogliamo essere l’ortopedia sociale!”
La pace, ha ricordato, si fonda su tre valori: Verità, Onestà, Responsabilità. Ed ha riassunto il significato di una simile affermazione con esempi che riguardano il nostro paese: la mafia diffusa e non combattuta, la corruzione (un paese corrotto è un paese che ruba a se stesso), lo scandalo dei respinti nei mari e dei reclusi nei CIE, i furti ai beni pubblici e l’attacco alla Costituzione. La prima parte della Costituzione non si deve cambiare, va invece realizzata e consolidata. Secondo Ciotti i punti di riferimento devono essere il Vangelo e la Costituzione. E la speranza, o è di tutti, o non è speranza.
Decine di altri interventi hanno ripreso queste tracce, anche nelle canzoni e negli spettacoli. A Verona si è rivista quella parte di società che può rispondere alle prevaricazioni della politica, ai privilegi, anche legali, dei quali gode una casta, al bisogno di giustizia sociale. Non è stato solo un passaggio ideologico, ma si sono poste le basi di percorsi di rinascita basati su progetti, nazionali e internazionali, che riguardano l’ambiente e la mobilità, che passano attraverso riforme di progresso e non di regresso sociale. Tutti progetti che hanno bisogno di essere condivisi, quindi conosciuti. La risposta del grande giornalismo? Escluso Repubblica e la stampa locale, RAI e grandi media hanno scelto il silenzio. L’Italia delle grandi idealità non ha diritto di parola.