Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Una morte da spiegare

Gabriella Trenchi

So che dovrei farmi gli affari miei, ma di fronte a vicende come questa, non riesco a tacere. Non è accettabile che una madre non possa sapere di cosa sia morto suo figlio e venga zittita sulla base di due certificati medici che attestano che suo figlio è morto per “arresto cardiaco”.

Tutti si muore per arresto cardiaco: il ricco ed il povero, il santo ed il delinquente, il centenario e il suicida, la vittima di omicidio e la vittima di incidente stradale od infortunio sul lavoro; per tutti l’arresto cardiaco è solamente l’ultimo atto del nostro organismo prima del trapasso.

“Arresto cardiaco” non è una diagnosi di morte ma semplicemente la constatazione della morte in contrapposizione alla condizione di esistenza in vita. Tutt’altra cosa è la diagnosi della causa della morte che nessuno ha voluto accertare. Se fosse sufficiente un esame esterno del cadavere, non sarebbero necessarie le autopsie, gli esami tossicologici, istologici e genetici.

Ogni decesso senza testimoni è un decesso sospetto, fino a prova contraria; a maggior ragione se riguarda un giovane di 28 anni e per giunta detenuto. Se di morte naturale si tratta, dovremmo quantomeno ipotizzare che il giovane fosse affetto da patologia che per oltre tre mesi è stata ignorata dai medici della struttura carceraria, e prima ancora per tre anni dal personale medico della comunità terapeutica. Se invece il decesso fosse avvenuto per overdose di psicofarmaci (ma come facciamo a saperlo finché nessuno effettua un prelievo per un esame tossicologico?) dovremmo ipotizzare un errore del personale sanitario; o una carenza nella sorveglianza da parte del personale ad essa preposto, onde evitare accumuli e smercio di farmaci.

Se, ancora, il decesso fosse dovuto ad overdose di sostanze stupefacenti (e di nuovo mi domando: come possiamo escluderlo se nessuno ha fatto un prelievo di liquidi biologici?) si dovrebbe individuare chi ha fornito la sostanza al detenuto.

E potrebbe benissimo trattarsi di morte per causa naturale, ad esempio di una aritmia causata da un difetto cardiaco genetico: in questo caso, è lecito che la famiglia voglia sapere se altri congiunti sono portatori di analogo problema onde adottare le dovute misure preventive? Anche Arafat era morto di morte naturale, fino a ieri quando qualcuno (con più mezzi e voce di quella povera madre) ha dimostrato che così non è.

La salma del giovane detenuto è ancora al cimitero di Trento, oramai da dieci giorni, che attende accertamenti o, per sfinimento dei vivi, la sepoltura. E tutti sappiamo che più il tempo passa, più la verità si allontana.

Dr. Gabriella Trenchi, medico legale

Commenti (1)

Un senso di Vergogna. Mauro

Zsolt è morto il 29 ottobre 2013, oggi il suo corpo, è il 10 gennaio 2014, si trova ancora lì in attesa....
Spero di non dovermi vergognare, non sarebbe la prima volta, di vivere in questo Paese, che si dichiara Civile!
Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.