Una morte da spiegare
So che dovrei farmi gli affari miei, ma di fronte a vicende come questa, non riesco a tacere. Non è accettabile che una madre non possa sapere di cosa sia morto suo figlio e venga zittita sulla base di due certificati medici che attestano che suo figlio è morto per “arresto cardiaco”.
Tutti si muore per arresto cardiaco: il ricco ed il povero, il santo ed il delinquente, il centenario e il suicida, la vittima di omicidio e la vittima di incidente stradale od infortunio sul lavoro; per tutti l’arresto cardiaco è solamente l’ultimo atto del nostro organismo prima del trapasso.
“Arresto cardiaco” non è una diagnosi di morte ma semplicemente la constatazione della morte in contrapposizione alla condizione di esistenza in vita. Tutt’altra cosa è la diagnosi della causa della morte che nessuno ha voluto accertare. Se fosse sufficiente un esame esterno del cadavere, non sarebbero necessarie le autopsie, gli esami tossicologici, istologici e genetici.
Ogni decesso senza testimoni è un decesso sospetto, fino a prova contraria; a maggior ragione se riguarda un giovane di 28 anni e per giunta detenuto. Se di morte naturale si tratta, dovremmo quantomeno ipotizzare che il giovane fosse affetto da patologia che per oltre tre mesi è stata ignorata dai medici della struttura carceraria, e prima ancora per tre anni dal personale medico della comunità terapeutica. Se invece il decesso fosse avvenuto per overdose di psicofarmaci (ma come facciamo a saperlo finché nessuno effettua un prelievo per un esame tossicologico?) dovremmo ipotizzare un errore del personale sanitario; o una carenza nella sorveglianza da parte del personale ad essa preposto, onde evitare accumuli e smercio di farmaci.
Se, ancora, il decesso fosse dovuto ad overdose di sostanze stupefacenti (e di nuovo mi domando: come possiamo escluderlo se nessuno ha fatto un prelievo di liquidi biologici?) si dovrebbe individuare chi ha fornito la sostanza al detenuto.
E potrebbe benissimo trattarsi di morte per causa naturale, ad esempio di una aritmia causata da un difetto cardiaco genetico: in questo caso, è lecito che la famiglia voglia sapere se altri congiunti sono portatori di analogo problema onde adottare le dovute misure preventive? Anche Arafat era morto di morte naturale, fino a ieri quando qualcuno (con più mezzi e voce di quella povera madre) ha dimostrato che così non è.
La salma del giovane detenuto è ancora al cimitero di Trento, oramai da dieci giorni, che attende accertamenti o, per sfinimento dei vivi, la sepoltura. E tutti sappiamo che più il tempo passa, più la verità si allontana.
Dr. Gabriella Trenchi, medico legale