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Debiti nel silenzio

Antonio Pedrotti

Leggo che l’Azienda Sanitaria blinda i primari affinché non escano immagini negative sui media. Evento ciclico, specie in vista di elezioni. Nulla posso dire di questa gestione; credo anzi che l’Azienda subisca i tagli e le restrizioni causati dalle male gestioni precedenti, USL del C5 in primis.

Ancora nell 1988 l’assessorato “stigmatizza l’uso della stampa per interventi personali in antitesi e polemica con l’Amministrazione”. Nel ‘91, nuovo richiamo ai primari da parte della direzione. Di fronte a ricoveri prospettatigli come impropri, l’allora onnipotente sovrintendente (DC) dell’USL, impegnato in questioni politiche più che nell’assistenza ai pazienti, a suo dire non poteva contestare le decisioni del medico di guardia, e comunque “bisognava accontentare tutti”, oltre che per consenso elettorale, anche per evitare contestazioni da parte di un’affezionata clientela. Nella confusione, ci rimettevano i malati più bisognosi, specie al Santa Chiara.

Per l’USL del C5 l’eccedenza di oltre 100 posti-letto, protratta per anni al CTO, è stata eliminata dall’Azienda; l’istituzione della Chirurgia d’urgenza per sistemare l’aiuto di un cattedratico, con 16 medici in organico, è stata poi soppressa per mancanza di pazienti; si sono spesi nel ‘91 oltre 5 miliardi per un farmaco anti-osteoporosi poi relegato in fascia C.

Qualcuno diceva “fin che la barca va”, per cui si sono omessi i controlli, perseguendo anzi chi denunciava. Dieci anni fa scrivevo che il governo Berlusconi, anziché penalizzare medici ed utenti con tagli indiscriminati per ripianare il deficit, poteva inviare la lista dei debiti a Piazza del Gesù.

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