Ecco la Cinecittà trentina
Vediamo cosa farà la neonata Film Commission
Qualcuno tra i filmakers locali auspicava da tempo la nascita di una Film Commission trentina, qualcun altro ritiene invece che il cinema, essendo pura espressione artistica, debba prendere le distanze dal business, o dal marketing territoriale. Il dibattito insomma è apertissimo e molto vivace nell’ambiente, ma sta di fatto che la Trentino Film Commission (TFC), nata lo scorso anno e da pochi mesi inserita nel circuito nazionale, ha avuto un esordio al fulmicotone, con contatti e partner di prima grandezza: Sky, Rai 1, Arancia Film, Lumière, La7, Rai Cinema, Cine Città Luce, Magnolia.
Al di là dell’esordio, niente di straordinario in realtà se guardiamo al panorama nazionale, dove le Film Commission sono una realtà consolidata. Le prime, Riviera Alpi del Mare e Film Commission Campania, hanno fatto la loro comparsa attorno al 1998 e sono nate a seguito della lenta agonia di Cinecittà come marchio cinematografico italiano. Il modello è made in USA (Association of Film Commission International), dal quale si mutua anche una sorta di regolamento, poiché in Italia non esiste un quadro legislativo che le regoli.
Da non confondere con i “service” cinematografici e televisivi, che producono filmati, le Film Commission sono di fatto autorità amministrative indipendenti, predisposte per attrarre produzioni cinematografiche ed audiovisive sostenute dalle regioni, o comunque da enti locali. Il Trentino, data la particolarità dei luoghi, ospita da sempre produzioni cinematografiche, mettendo a disposizione di volta in volta contributi provinciali (in precedenza si affidavano direttamente al dipartimento Grandi Eventi della PAT o ai vari assessorati).
Che ci fosse l’esigenza di un coordinamento e di un soggetto gestore/interlocutore, di uno strumento tecnico, organizzativo e propositivo, sia per gli autori locali, che per le produzioni nazionali ed internazionali, lo dimostra il fatto che arriviamo buoni ultimi, in coda a regioni dove questi enti hanno acquisito dimensioni di rilievo, sia in termini operativi, che di resa, come la Puglia e il Piemonte, senza contare che in qualche regione esistono addirittura tre o quattro Film Commission.
Il presidente di TFC è Paolo Pedrotti, capo Ufficio Stampa della Provincia e la commissione è composta da una decina di collaboratori dell’Uffico Stampa, con specifiche competenze nel campo della comunicazione audiovisiva. Visto e considerato che il compito principale di queste realtà è finanziare produzioni e visto che TFC è nata soltanto nel 2011, la domanda con la pistola alla tempia a Paolo Pedrotti è d’obbligo.
Con la crisi economica in corso era proprio il caso di spendere soldi pubblici per finanziare produzioni cinematografiche, o televisive?
“Mi aspettavo questa domanda e sono contento di avere l’ occasione per spiegare che a fronte di 800 mila euro erogati lo scorso anno, le produzioni arrivate in loco hanno speso 1 milione e 480 mila euro, tralasciando l’aspetto promozionale che, come sa chi si occupa di comunicazione, è molto rilevante, anche se poco quantificabile”.
Quanti lavori avete finanziato?
“Abbiamo supportato tre produzioni cinematografiche nazionali, due internazionali, una fiction tv, due programmi tv di intrattenimento, due progetti di documentario, e un progetto di animazione. Un grande lavoro. Ma non è questo il punto; noi ci muoviamo con una logica imprenditoriale, pur con un significativo occhio di riguardo alla valorizzazione culturale del territorio. In sostanza l’investimento deve rendere e sentiamo la responsabilità di valutare con attenzione quanto potrà rendere, sia in termini di ricadute sul territorio, che di qualità del prodotto, per consentire una distribuzione su larga scala. Non finanziamo chiunque, abbiamo una griglia di requisiti molto rigida, pretendiamo credenziali che devono evidenziare background e professionalità certificate fuori dall’ambito trentino. Lo scorso anno le produzioni contattate sono state 72, le domande di contributo 33, i progetti ammessi 9, quelli realizzati 11. In totale sono state coinvolte 35 aziende locali, 40 attori trentini e 430 comparse”.
In tutta questa movimentazione capita di ingaggiare qualche giovane?
“Abbiamo un progetto specifico per i giovani, si tratta di due corsi di formativi, il primo - ‘Raccontare l’avventura’ - organizzato in collaborazione con Zelig, la scuola di documentario di Bolzano, con Format e con TrentoFilmfestival. Il secondo è la formazione di location manager. Abbiamo già selezionato 15 persone in base al curriculum e ci siamo avvalsi del Team K+, che può vantare esperienza decennale nei maggiori set nazionali ed internazionali. Inoltre abbiamo tutta una serie di artigiani, di attività ricettive e pubblici esercizi che collaborano con noi, sviluppando competenze specifiche, ad esempio costruire una scenografia in legno, attrezzare un set con un impianto luci particolare, ospitare lo staff di una produzione cinematografica con orari, tempi, esigenze diverse dal turista. Ma anche dal punto di vista tecnico-organizzativo le collaborazioni sono a 360 gradi con molte realtà del territorio, dalla Fondazione del Museo Storico, all’Università, al Centro Audiovisivi, alle TV locali, per le quali insieme a Katia Bernardi abbiamo realizzato degli special dal titolo ‘Trentino ciak si gira’, 16 puntate lo scorso anno, 8 quest’anno. Katia, pluripremiata per i suoi documentari (su tutti ‘Sloi, la fabbrica degli invisibili’), ha messo a disposizione con la sua struttura un corposo archivio di provini e comparse in tutto il Trentino che sveltisce di molto la composizione dei casting”.
Anche i fratelli Luca e Carlo Dalbosco della FilmWork sono entusiasti di TFC e non solo perché “esiste un canale specifico, pur dovendo passare attraverso una selezione dove si possono trovare finanziamenti e non più contributi generici (non perché sei trentino, ad esempio, o perché hai bisogno di un’opportunità)”, ma anche perché, avendo lavorato in altre realtà, conoscono molto bene le ricadute sul territorio che delle buone Film Commission riescono a veicolare”.
“Inoltre - tiene a sottolineare Katia Bernardi - per noi filmmakers locali le grandi produzioni che arrivano sono una straordinaria occasione di confronto, di incontro, di scambio. Sul versante dei progetti formativi invece occorre sapere che frequentare dei master all’estero per professionalizzarsi è molto costoso, mentre TFC ha creato queste collaborazioni con Zelig e K+ e la formazione si fa in loco, un’occasione imperdibile per aggiornamenti continui”.
Il rischio commerciale
Ma come si diceva all’inizio, esistono anche le voci fuori dal coro, come Guido Laino, curatore del festival “Cinema Zero”, che critica l’aspetto commerciale dell’iniziativa. “Uno scrittore che scrive un libro sul Trentino - sostiene - non viene pagato per farlo. Esistono splendidi esempi di produzioni cinematografiche a costo zero, girati con un telefonino e con una telecamerina amatoriale, come ‘La bocca del lupo’ di Pietro Marcello o ‘La paura’ di Pippo Delbono. La logica industriale la trovo mortificante”.
Una visuale intellettualoide quella di Laino? Forse, ma se la tentazione del mega spot prenderà il sopravvento sul valore intrinseco dell’opera lo sapremo presto, quando misureremo il successo dell’ultima produzione cinematografica finanziata da TFC e Trentino Marketing, che punta nientemeno che al Festival del cinema di Berlino. Il film “Vino dentro” vanta un cast d’eccezione, con Vincenzo Amato, Giovanna Mezzogiorno, Rade Serbedzija e Nora Tschirner, per la regia di Ferdinando Vicentini Orgnani. La vicenda, liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Fabio Marcotto (edizioni Curcu & Genovese), narra di un impiegatuccio trentino che scopre la poesia del vino e diventa una star dell’assaggio; e insieme al Marzemino e alle bollicine assaggia anche un nuovo amore, decisamente frizzante pure quello.
Non resta che attendere: se saran rose, pur se dal profumo di vigna, fioriranno. ?