Soldi ai partiti
Tra i provvedimenti proposti dal nuovo Governo Monti non rientrano ancora interventi per sanare una grande presa in giro della seconda Repubblica: contiamo che possa farlo tra poco. C’è un esempio chiaro: basti pensare a chi negli anni ‘90 soffiò con veemenza sul fuoco della protesta concentratasi nel referendum che abolì a furor di popolo il finanziamento pubblico dei partiti, salvo poi procedere - dopo aver eliminato gli avversari - a ridicolizzare il verdetto popolare moltiplicando a dismisura il finanziamento statale alla politica con la formula legislativa dei “rimborsi elettorali”.
Il prof. Massimo Teodori, documentando nei mesi scorsi come le “diverse nuove leggine” in merito siano state “approvate tutte all’ unanimità nell’ombra delle commissioni parlamentari su impulso soprattutto dei tesorieri del Pds-Pd e della Lega”, ha calcolato che “ogni elettore, il quale in origine versava ai partiti circa 0,50 euro (al valore attuale), oggi ne versa circa 3,6, che salgono almeno a 5 euro se si prendono in considerazione analoghe voci come l’editoria politica, i gruppi parlamentari e il fondo per i debiti dei partiti”. Dunque una moltiplicazione di dieci volte! Emilio Lussu, spirito libero della sinistra italiana, avrebbe commentato: “Il vero peccato non è commettere una infrazione alle leggi di nostro Signore, ché tutti siamo dei deboli mortali, ma fingere di essere virtuosi e agire da imbroglioni”.