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Permessi di soggiorno “in Nome di Dio”

Luca Vicentini

Barconi, scafi, natanti approdano quasi quotidianamente sulle coste italiane, scaricando centinaia di persone con le loro storie di disperazione, angoscia e sofferenza. Dimentichi del nostro passato, che ci ha visto per decenni attraversare l’Atlantico in cerca di fortuna nel nuovo continente, non riusciamo a far altro che gestire il fenomeno immigratorio con affanno e paura. Scordandoci, o forse facendo finta di dimenticare, che troppo spesso il nostro benessere è la prima causa dello sfruttamento in paesi lontani e che la povertà che spinge questi nostri fratelli a tentare di entrare in quella che ormai è diventata la "fortezza europea" si vince soltanto con la solidarietà intelligente che permetta a questi paesi di intraprendere un proprio percorso di sviluppo.

Qualcuno pensa che il problema dell’immigrazione possa essere risolto semplicemente con istigazioni anacronistiche e razziste a disumane azioni di abbattimento.

Non possiamo rimanere indifferenti e silenziosi davanti a tutto questo. L’immigrazione in Italia è oggi per molti immigrati una nuova forma di schiavitù. Questi uomini e queste donne partono con la valigia piena di speranze e finiscono per trovare un mondo che il più delle volte non li accoglie, li prostituisce e li asservisce lasciandoli infine al margine della società.

Il Governo italiano ha reso sempre più difficile la regolarizzazione degli immigrati favorendo così il crescere di un mondo sommerso di immigrati facilmente vittima della criminalità organizzata e di datori di lavoro senza scrupoli. Riteniamo, in particolare, che la legge Bossi-Fini sia lesiva dei diritti umani fondamentali degli immigrati e sia l’espressione di una società incapace di accogliere e di vedere le ricchezze di cui gli immigrati sono portatori. Questa è la legge del Governo italiano, ma non è la legge di Dio.

In una società come la nostra con radici cristiane e che richiama spesso la sua cattolicità si pone una domanda: ma Dio da che parte sta? Ma anche per chi non crede la domanda non è diversa: richiamandoci alla nostra comune umanità, ai diritti fondamentali dell’uomo, tutte le persone senza alcuna distinzione, hanno il diritto di essere rispettate e di condurre una vita davvero dignitosa?

Sono passati 40 anni dall’enciclica "Pacem in terris" di Giovanni XXIII in cui è definita come questione di diritto e non di merito la legittimità ad emigrare per i membri di una particolare comunità politica, sul fondamento che tutti apparteniamo ad una comunità mondiale il cui bene individuale non può essere considerato come esclusivo del bene comune.

Nel piano di Dio per l’umanità nessuno è straniero e quando i sistemi e i governi creano differenze tra cittadini e stranieri, Dio fa causa comune con gli stranieri e chiede il rispetto dei loro diritti. Per questo motivo i missionari Comboniani di Castelvolturno (Caserta), dopo aver sollevato in varie occasioni il velo sullo stato disumano in cui spesso giacciono le persone immigrate, hanno proposto l’iniziativa "Rilasciamo permessi di soggiorno ‘in Nome di Dio’".Davanti alle questure di numerose città italiane, proprio alla vigilia della Giornata mondiale delle migrazioni sono stati rilasciati questi particolari permessi di soggiorno. Si tratta di un gesto provocatorio e simbolico che vuole contribuire a stimolare il dibattito e fare crescere una sensibilità di accoglienza verso gli immigrati, riconoscendo i loro diritti e la loro dignità.

Il gruppo Tam Tam per Korogocho di Rovereto, il gruppo GIM (Giovani e Missione) e i Missionari Comboniani di Trento aderiscono all’iniziativa e invitano tutti coloro che condividono queste preoccupazioni a lavorare ogni giorno per sensibilizzare l’opinione pubblica, per facilitare la crescita di una sensibilità di accoglienza degli immigrati e di riconoscimento dei loro diritti e della loro dignità.

Credono sia possibile attuare delle misure alternative, sia a livello personale che comunitario, che possano condurre ad un miglioramento della legislazione e, laddove questa viola le esigenze della giustizia, dell’accoglienza cristiana e della solidarietà, invitano ad esprimere pubblicamente una netta dissociazione da essa ed attuare nei confronti della legge Bossi-Fini un’obiezione di coscienza consapevole e costruttiva.

Luca Vicentini, per il Gruppo Tam Tam per Korogocho