Convincersi del MART
Speculare sui destini del MART è oggi fin troppo facile. Mi interessa però di parlarne ora, affrontando l’argomento da un punto di vista diverso: proverò a discutere di alcuni argomenti che fino a questo momento, stranamente, quasi nessuno si è deciso a toccare. Sicuramente molti si saranno chiesti, fra i tanti interrogativi d’obbligo: perché la scelta di collocare il MART proprio in quel posto e perché tanto entusiasmo per quel preciso progetto? Proviamo a discuterne!
Uno dei maggiori crucci della nostra civiltà è il degrado del territorio, tanto che questo resta uno dei maggiori problemi della moderna urbanistica; il collasso del territorio e ancor più quello del territorio urbano sono uno dei sintomi più gravi dello sviluppo incontrollato e spesso schizofrenico della nostra contemporaneità. Questo è anche uno dei motivi per i quali l’urbanistica più sensibile e intelligente si orienta sempre più inevitabilmente verso quelle soluzioni che (soprattutto nelle zone urbane più densamente popolate) non solo permettano il riappropriarsi di spazi precedentemente utilizzati, ma che nel contempo evitino ulteriori traumi alla superficie urbana, sovente già compromessa. Questa scelta è spesso possibile sfruttando strutture esistenti delle quali ogni zona urbana può vantare gli scheletri; ci sono esempi di recupero in questo senso che sono autentici capolavori di scelte architettoniche e che sicuramente faranno del bene al nostro futuro. A Parigi una vecchia stazione ferroviaria diventa uno splendido museo (tanto per fare un esempio).
Ora, a Rovereto, tutti sono in grado di toccare con mano ma ancor più di vedere con i propri occhi quanto la situazione urbana sia ai limiti della sopportazione e quanto stress derivi da un caotico e incontrollabile sviluppo. La stessa amministrazione cittadina si trova sovente in difficoltà di fronte ai gravi problemi di sofferenza urbana. Così stando le cose, non si riesce a capire secondo quale logica ci si sia orientati verso la soluzione di costruire ex-novo in pieno centro, con queste dimensioni, e in posizione così critica. Una scelta che difficilmente può convincere, innanzitutto chi conserva ancora un minimo di buon senso, e se si valutano in più le conseguenze che quel tipo di soluzione porta e porterà con sé, si capisce ancora meno il valore di una scelta così discutibile. Ancor più discutibile lo è se si pensa che proprio lì, a pochi passi dal centro, c’era la soluzione più ovvia e giusta, anzi la più intelligente. Si tratta della struttura della fabbrica Alumetal, ora dismessa, che domina la valle con la sua imponente costruzione che obbliga chiunque transiti per la valle ad accorgersi della sua presenza.
Ma questo non è l’unico motivo per far sì che quella dovesse essere la scelta giusta: oltre la posizione strategica (da un punto di vista paesaggistico), un altro motivo di alto valore restava la scelta del rispetto del territorio con la possibilità di orientare i flussi in modo più idoneo e scorrevole, e non ultima e non meno trascurabile questa scelta sarebbe stato un importante segnale di lungimiranza e di pianificazione a livello nazionale dello sviluppo, dando alla soluzione architettonica quel respiro di cui si sente oggi tanto bisogno.
Ogni volta che mi trovo a percorrere l’autostrada, questa imponente struttura fa bella mostra di sé ed è impossibile non vederla; è incredibile che non si sia pensato ad essa per la sede del MART! Niente sarebbe stato più logico: avremmo dimostrato al mondo la lungimiranza dei nostri politici e l’intelligenza dei nostri tecnici. Invece, inspiegabilmente, ci si è orientati verso la soluzione più complicata, quella che inevitabilmente si sarebbe prestata ai maggiori compromessi e alle più evidenti limitazioni nel contesto progettuale e così è puntualmente è avvenuto, col progettista che è arrivato a dire di essersi disinteressato della struttura per occuparsi dello spazio interno.
Chiunque capisce che non esiste architettura che possa prescindere da un’idea della "forma" e che forma interna ed esterna sono in architettura la stessa cosa. Ma forse, pensandoci bene, esiste in architettura un caso dove prevale il valore dello spazio interno, ed è quando si progettano i parcheggi sotterranei, ed è purtroppo a questa idea che ci rimanda la struttura del MART.
Era ovvio che organizzare una forma in uno spazio compresso da una collina da un lato e dagli edifici dall’altro poteva rappresentare un problema: in sostanza bisognava trattare il progetto su di un’area privata della sua naturale essenza, dove il rapporto di volumetrie tra interno ed esterno sarebbe stato orfano del suo indispensabile espandersi prospettico. In poche parole ci si è limitati a "coprire" metri quadrati più che a scoprire una tensione architettonica e questo, si capisce, somiglia di più alla logica della progettazione di un parcheggio sotterraneo.
Penso alle soluzioni formali di Bilbao in Spagna o alla splendida realizzazione della cittadella della musica di Piano a Roma, e più penso a queste cose più mi convinco che se per quei progetti, per il loro solo valore architettonico, saranno giustificate grandi movimentazioni di masse anche a prescindere dai loro "contenuti", sono altresì convinto che per visitare la "piazza" o la cupola del MART non si scomoderà che qualche occasionale curioso e questo per noi è davvero un peccato. Quelli che ora apprezzano la struttura del MART sono quelli che per la maggioranza confondono la "dimensione" con la bellezza ed è bene evidente che per chi non sa vedere le dimensioni del progetto sono davvero impressionanti; a questo bisogna aggiungere il fascino del "nuovo" (inteso come materiali ) che in edilizia esercita sempre un certo fascino.
Io penso in conclusione che questa soluzione ed il suo progetto siano un prodotto di qualità assai modesta; penso che l’occasione meritava ben altra sostanza, lo meritava la città di Rovereto, la Provincia e in fondo l’Italia tutta. Certamente ormai solo il tempo ci dirà chi sarà stato nel giusto e chi porterà di conseguenza i segni di scelte che nel passare degli anni potremmo più serenamente giudicare. Per ora ribadisco la mia perplessità nei confronti dell’opera del contenitore e aspetto con impazienza di visitarne i contenuti.