Informazione: asilo o manicomio?
Il Comune di Trento tenta - goffamente - di censurare Rai 3: in nome del mito dell'Obiettività.
In tema d’informazione, la cultura trentina, come del resto quella italiana nel suo complesso, è ancora fortemente intrisa di vecchi concetti che la zavorrano e sembrano impossibili da abbandonare.
A dimostrarlo, di recente, c’era già stata la proposta di legge Amistadi-Carli: “Finanziamo la tivù sì e la stampa no, perché la prima scavalca la mediazione giornalistica e la seconda no”.
Del doppio errore contenuto in questa proposta (il primo: la tivù è mediata eccome; il secondo: la mediazione giornalistica non solo è inevitabile, ma è il sale del giornalismo) avevamo già parlato su Questotrentino dell’11 novembre (L’inesistente obiettività).
Anche le critiche alla proposta in questione, a seguito delle quali Dellai stesso è intervenuto per affossarla, hanno usato un argomento non condivisibile. “Vergogna, la Provincia e Amistadi in particolare vogliono finanziare le tivù locali per assicurarsene l’appoggio!”.
Questa è bella! Dunque, per capirci, “il manifesto” dovrebbe asservirsi al Governo o, più in generale, allo Stato e alle sue istituzioni tutte per il semplice fatto che, senza contributi pubblici, tale quotidiano non esisterebbe? Ma per piacere…
L’ennesima riprova dell’arretratezza culturale esistente in merito a questi temi è arrivata la scorsa settimana. Il 29 novembre al Tg3 regionale vanno in onda due servizi che parlano del Comune di Trento. Nel primo – argomento l’iniziativa “Avvocati per la solidarietà”, sostenuta dal Comune – l’autore del servizio fa notare il ritardo del Comune stesso nel concedere residenza ai senza fissa dimora. Nel secondo – argomento il progetto comunale “Smscittadini” che informa via sms sulle condizioni del traffico – l’autore del servizio critica, per converso, lo scarso successo riscosso dalle auto elettriche che da qualche tempo lo stesso Comune mette a disposizione dei cittadini per spostarsi in città.
In via Belenzani si risentono. Può darsi che nel merito abbiano le loro ragioni per opporsi alle critiche mosse dal Tg3: a noi qui non interessa. Interessa invece il contenuto assolutamente sballato della reazione, reso noto da un comunicato dell’ufficio stampa del Comune, che suonava più o meno così: “Il Tg3 non è mai obiettivo quando si parla di noi, la direzione nazionale della Rai intervenga!”. Siamo alle solite.
“Un’informazione locale pubblica, sostenuta con denaro pubblico, dovrebbe essere ispirata a criteri di obiettività, correttezza e imparzialità”, hanno scritto da via Belenzani. “Dovrebbe, inoltre, separare i fatti dai commenti, le notizie dalle impressioni individuali, magari estemporanee e poco fondate, del cronista di turno”.
Eccolo il mito dell’Obiettività che si riaffaccia. Eccola l’idea ridicola che si possano separare i fatti dalle opinioni. Eccola l’incapacità di capire che il giornalista non potrà mai essere altro che un testimone, sempre influenzato dalle proprie personali opinioni, quand’anche cercasse di attenersi il più possibile ai fatti.
Ha proprio ragione da vendere Enzo Marzo, quando scrive: “Berlusconi non è il solo a essere rimasto a una concezione rozza dell’obiettività, che identifica la verità con l’ufficialità o, ancor più brutalmente, col proprio punto di vista”.
All’equivoco sull’obiettività si è questa volta aggiunto, come spesso capita, l’equivoco sul concetto di servizio pubblico. “Un conto – ha detto il capo di gabinetto comunale Lorenzo Andreatta motivando la violenta reazione del Comune all’informazione del Tg3 – è se non è obiettivo un giornale privato, liberamente acquistato dai cittadini. Altra cosa se questo atteggiamento arriva da una testata che in quanto pubblica deve essere obiettiva, anche perché pagata coi soldi dei cittadini”. Come se il potere pubblico cui rispondono le testate della Rai fosse neutro, e non un soggetto di scelte anch’esso. Al servizio pubblico si dà la funzione di informare in maniera obiettiva, ma, siccome informare in maniera obiettiva è impossibile, ci si ritrova poi sempre a fare i conti con le lottizzazioni, che sono la naturale e inevitabile conseguenza di una simile forzatura.
Stavolta al Tg3 regionale c’è un direttore in quota Forza Italia, e si lamenta un Pacher. La prossima volta ci sarà un Santoro, e a lamentarsi sarà un Berlusconi. Sia i Pacher che i Berlusconi si lamenteranno sempre in nome dell’obiettività calpestata, pronti a dimenticarsene quando cambierà il vento e la successiva lottizzazione non metterà sulla poltrona un proprio sodale, che ovviamente sarà un grande esempio di giornalista obiettivo.
Si va avanti così da sempre, ipocritamente e rissosamente, di lottizzazione in lottizzazione.
In questo mare di “incultura” dell’informazione, la ciliegina sulla torta è arrivata con la rettifica che, il giorno dopo, Pacher, forse consapevole che la sparata era stata troppo grossa, ha pateticamente fornito: “Colpa dell’ufficio stampa, io non c’entro”.
Se non siamo all’asilo, siamo in manicomio: possibile che l’ufficio stampa di un Comune come Trento possa prendere una posizione così gravosa senza che il sindaco ne sappia nulla? Si pretende di dare lezioni di giornalismo, e poi non si sa nemmeno far funzionare il proprio ufficio stampa…