S(fumando)
Ancora lo stesso sogno. Mannaggia... talmente reale da procurarmi anche i sensi di colpa. Mi accendevo una sigaretta gustandola come raramente capita quando si ha il vizio e diventa abitudine meccanica. Mi vantavo con un amico di quella sigaretta estemporanea. Fumata con distacco, come quel vizio non mi riguardasse più. E li cominciavano i pistolotti. “Non dovevi, riprenderai, sei già ricaduta”. Allora lo mandavo a quel paese affermando che avevo il diritto di suicidarmi nel modo che preferivo. Eh sì, pur sapendo tutto sui danni del fumo, male sopportiamo le paternali. M’includo nella categoria, anche se ho ri-smesso da sei mesi. Purtroppo smettere è molto difficile, ma riprendere è solo un attimo!
Non fu un colpo di fulmine, ma sicuramente il primo odore annusato. La mamma mi partorì all’imbrunire di un’afosa giornata di luglio, sotto il segno del leone. L’ospedale era a due passi da casa e papà trepidante arrivò subito dopo la mia nascita. Quando la suora lo fece entrare nella stanza, esultò perché ero femmina e, da gran fumatore qual era, per l’emozione si accese una sigaretta. Passava in quel momento il primario che lo redarguì con veemenza: “Si vergogni, come si fa a fumare davanti a una neonata?”; papà mortificato si scusò. Ma poi era talmente felice per la mia nascita che fece bisboccia con gli amici fino all’alba.
La mia prima boccata di fumo fu dalla sigaretta che papà aveva lasciato accesa nel posacenere perché chiamato con urgenza da un vicino. Talmente di fretta che non l’aveva nemmeno spenta e - avrò avuto otto nove anni - non resistetti e presala tremante tra le dita aspirai come vedevo fare. Fu molto peggio dell’olio di ricino e non pensai più di riprovare fino alle superiori, dove scattò il bisogno di uniformarsi e sfumacchiai quando me le offrivano.
Le prime sigarette me le sono poi comprata lavorando - ah l’emancipazione! - e sono stata una fumatrice da un pacchetto al giorno per una dozzina d’anni, conscia di avere una forte dipendenza. In gravidanza non ho mai provato nausea per il fumo e mi limitavo con enorme fatica, sentendo su di me molti sguardi severi. Il desiderio di fumare mi fece alzare dal letto, subito dopo aver partorito, per accendermi una sigaretta in bagno. Comunque negli anni ‘80 al lavoro fumavamo tutti, dal capo che ammorbava l’aria con i suoi sigari per finire nel mio ufficio, spesso ritrovo dei tabagisti. I divieti arrivarono un po’ alla volta importati dall’America e le campagne contro il fumo diventarono sempre più esplicite. Poi smisi di botto, complice uno scioccante corso a Ginevra, dove ero andata per tutt’altro finendo per apprezzarne l’utilità marginale. Per 13 anni fui una convinta ex fumatrice che mai avrebbe pensato di ricadere. Poi, complice la fine scioccante di un amore, riaccesi una sigaretta.
Negli ultimi dieci anni ho smesso e ripreso varie volte, riprovando sempre enormi sensi di colpa perché la mia malattia di base si accentua. Odiando me stessa e tutti i rituali legati alla sigaretta: mai più di dieci, mai in casa e mai a digiuno... Ma non sempre ritrovo la forza per smettere, del resto anche Freud, accanito fumatore di sigari, tenterà varie volte di smettere senza mai riuscirvi, perché “la tortura da sopportare era al di là di ogni umana possibilità”. A 67 anni sarà operato di cancro al palato ma non smise comunque di fumare, nonostante le 32 operazioni subite nei restanti 16 anni della sua vita. Il bisogno di tabacco influisce sui comportamenti degli individui, anche se si tratta di personalità di eccezione come Freud.
Di papà rimase per anni l’odore di sigaretta nella sua giacca lasciata appesa sull’attaccapanni, dove di nascosto tuffavo il viso aspirando a fondo. L’avrei voluta in eredità, quella giacca, senza mai osare chiederlo alla mamma, che la tolse da lì quando se la sentì molti anni dopo. Ecco, scomoderei ancora Freud per comprendere come mai quel primo odore annusato abbia trasformato la sigaretta in qualcosa di buono, come lo era papà, e fumare sia un po’ come assomigliargli di più, sentirsene ancora avvolta... “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto”. (Woody Allen).