Le meccaniche dell’infelicità
Un Trentino da “1984” Pino Loperfido. Trento, Curcu&Genovese, 2009, p. 414, euro 15
Stuzzicati dalla vittoria del Premio Nazionale “Maria Pina Natale” di Messina, abbiamo ripreso un libro di qualche tempo fa: “Le meccaniche dell’infelicità” di Pino Loperfido, che dopo ben due anni continua a mantenere un discreto successo.
Già dalla prima delle sette giornate in cui è composto il libro si intuisce che Giacomo Andreatti non riesce a vivere nella società che lo circonda: un uomo che accetta senza remora il disinteresse affettivo della propria famiglia, imprigionato tra la professione priva di stimoli (medico della mutua) e l’aspirazione di scrittore, che ha lasciato si affievolisse tra la noia e il discredito di se stesso. Nel momento in cui il fratello Giorgio lo invita a tornare a Trento per la morte del padre, tutte le sue latenti ansie e timori esistenziali sembrano prendere vita.
Loperfido vede i trentini con gli stessi occhi di Giacomo Sartori in “Autismi”, indifferenza, ipocrisia e chiusura mentale, trasponendo tutto nel futuro, dove questi atteggiamenti sono portati all’eccesso. Viene così creato un ambiente che combina la realtà trentina di oggi con le più angoscianti atmosfere di “1984” di Orwell e quelle, rarefatte e sospese, di “Inception”, il film dello scorso anno di Christopher Nolan. Ma se nel film lo spettatore non riusciva a distinguere in modo deciso il sogno dalla realtà, nel romanzo di Loperfido il protagonista non riesce mai a capire fino a che punto l’assenza di sentimenti che caratterizza la società sia ormai diventata una caratteristica introiettata dalle persone, oppure, come in “1984”, sia solo imposta dal potere. Un potere locale in mano a un’élite politica senza scrupoli culminante nella figura del Presidente della Provincia, un rais da venerare sempre e comunque, glorificato da una stampa opportunista. Le forze dell’ordine, unificate in un unico corpo chiamato Milizia ripuliscono la città da qualsiasi tipo d’indecenza, dai ladri ai mendicanti, caricati sui camion come cani randagi per essere portati altrove.
In questo contesto, Giacomo, il protagonista, che riesce a vedere oltre la superficie della triste convenzionalità e a reagirvi, costituisce una sorta di ponte tra il nostro presente e l’angosciante futuro del libro, tra l’involuzione corrotta dell’autonomia trentina e le personali frustrazioni ed oppressioni.
In conclusione un romanzo intenso, totalmente coinvolgente, che riesce ad equilibrare egregiamente il versante romantico ed esistenziale con la disperata rappresentazione di una futura disumana società, resa ancor più spettrale da un’incessante pioggia che “taglia” nel corpo e nello spirito.