Come misurare il benessere?
Può bastare il PIL a misurare il livello di benessere di una società? Quali possono essere gli indicatori alternativi? Come effettuarne una misurazione condivisa necessaria alla valutazione? E soprattutto, come incrementare le competenze dei cittadini a comprendere quelle statistiche, fondamentali per giudicare l’operato dei propri governi? Sono queste le principali domande che hanno interessato l’incontro organizzato dall’Istituto Irvapp, presso la Facoltà di Sociologia, nella giornata di venerdì 23 settembre. Nel corso del proprio intervento, Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT, ha ricordato le carenze dei tradizionali indicatori di benessere, spesso incapaci di cogliere correttamente le sfaccettature che concorrono a produrre il livello di benessere degli individui. In modo particolare, ha posto l’accento sulla proposta avanzata in sede OCSE negli ultimi anni, che si fonda sulla produzione di indicatori compositi capaci di considerate contemporaneamente le varie dimensioni che contribuiscono al benessere collettivo. L’andamento del sistema economico, le condizioni ambientali, il rispetto dei diritti umani, il livello di partecipazione civica, la facilità nell’accesso ai servizi, la capacità nel garantire la sicurezza dei cittadini, l’educazione, le disparità generazionali sono solo alcuni dei fattori considerati. Nonostante un intenso dibattito sviluppatosi negli ultimi decenni (già nel 1973 il premio Nobel James Tobin si era chiesto se il PIL non fosse una misura ormai obsoleta), stimolato recentemente dall’avvento del movimento no global, sono ancora molti gli aspetti critici. L’eccessiva priorità conferita agli aspetti tecnici ha lasciato in secondo piano la definizione di cosa debba considerarsi benessere e progresso e ha escluso la società civile dal dibattito. Perché questa nuova forma di diritto (concorrere a definire gli obiettivi del benessere) possa essere esercitata pienamente dalla collettività, è forse necessario che il grado di alfabetizzazione statistica, ancora troppo carente nel nostro Paese, migliori.