La villa di Ivo Tarolli
La casa del senatore Ivo Tarolli. Ne è stato in questi giorni depositato in Comune il progetto definitivo, esattamente uguale a quello presentato un anno fa e sonoramente bocciato da tutte le commissioni competenti. Però, come nella fattoria di Orwell "tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri" e Ivo Tarolli è fra questi ultimi: il suo progetto, delle bocciature se ne fa un baffo, la sua casa, a differenza di quelle dei cittadini un po’ meno uguali, verrà costruita come vuole lui. E’ in via Banala, sotto Villazzano, sulla collina di Trento, l’area della casa del senatore. Occupata da un rustico e da un capanno per gli attrezzi, al servizio di un lotto agricolo di circa un ettaro, il tutto di proprietà della Curia Arcivescovile. Nella casa abitavano i Camin, da almeno due secoli mezzadri della Curia, lì trasferiti nell’immediato dopoguerra. E’ a fine 2005 che i Camin ricevono dalla Curia la disdetta del contratto. Perché? Il rapporto è sempre andato bene, il terreno agricolo (di interesse primario) tale rimane (quindi non c’è alcuna aspettativa edificatoria), perché la "cacciata"? I Camin sondano anche se c’è una qualche possibilità di acquistare l’immobile. Assolutamente no, è la risposta, la Curia il suo patrimonio non lo aliena, e la stessa risposta si erano visti dare i dirimpettai, quando avevano prospettato l’acquisto di una modesta striscia di terreno per farvi un piccolo parcheggio.
La Curia non vende mai, questa è la linea, immutata nei secoli. Ma anche qui c’è qualcuno più uguale degli altri, il senatore Tarolli. A cui viene venduto il rustico, previo allontanamento dei Camin. A questo punto è malizioso ricordare che proprio Ivo Tarolli si era adoperato, lavorando tra le pieghe della Finanziaria, per far graziosamente avere dallo Stato alla Curia trentina 5 milioni di euro, rifiutati solo in seguito a una sollevazione generale?
Diventato proprietario, Tarolli presenta in Comune, nell’ottobre 2007, un progetto di demolizione del rustico e ristrutturazione. Attraverso le solite interpretazioni estensive delle norme, da una casetta di 560 metri cubi e un capanno di 320, saltano fuori due ville, rispettivamente di 960 e 720 mc (il doppio) riunite in un unico corpo. Dal punto di vista urbanistico la cosa passa. Non così alla commissione comprensoriale per la tutela paesaggio. Il fatto è che il rustico e il capanno sono contigui a un pregevole nucleo rurale di antica origine (vedi nella fotografia), giustamente protetto da norme molto rigide (il classico caso in cui non si possono nemmeno cambiare le imposte): non è possibile, secondo il buon senso e secondo le norme, costruirvi a ridosso due maxiville in stile vacanziero, "elementi anomali ai modi costruttivi del contesto antico" spiega la commissione nella sua relazione, che all’unanimità stronca il progetto.
Tarolli non demorde, e ripresenta il progetto, tale e quale, alla Commissione provinciale. La quale, anch’essa all’unanimità riconferma la stroncatura, anzi la rafforza parlando di "completa alterazione degli originari caratteri architettonici e incremento volumetrico, cancellando quasi completamente la memoria storica".
A questo punto il normale cittadino penserebbe a rifare il progetto. Ma Tarolli non è un cittadino normale, e si rivolge alla Giunta Provinciale. Che il 28 marzo ribalta, anch’essa all’unanimità, il parere delle due commissioni tecniche, e con decisione inappellabile, dà il via libera al progetto. Ora, la Giunta provinciale è un organo politico, ed è comprensibile che possa sovrastare una decisione tecnica per motivi politici; non ha invece alcun senso che si impalchi a supremo decisore tecnico. Che ne sanno Dellai e Andreolli di architettura, per scrivere che "l’impianto architettonico originario è leggibile verso nord, mentre è solo lievemente modificato lungo i fronti est ed ovest"?
Rimane il discorso d’inizio: ci sono cittadini più uguali di altri. E la loro speciale uguaglianza è riconosciuta dai loro pari, che si comportano conseguentemente. Questa le lettura benevola.
C’è poi quella malevola: nella primavera 2008 Tarolli stava trattando con Dellai la confluenza dell’Udc nel centrosinistra. Qualcuno può avere pensato che l’approvazione di un progetto inapprovabile potesse aiutare.