Mario Brunello e Franz Schubert
Alla Filarmonica di Trento un cambio di programma che, grazie al Quartetto Borodin con Mario Brunello, ha portato il pubblico all'entusiasmo.
Quando il programma subisce delle mutazioni, si rimane sempre con una curiosità dolceamara, una vaga delusione che non ha fondamento ma che non si riesce a scacciare.
Questi inconvenienti non sono infrequenti e non sempre danneggiano il pubblico. Sembra una bizzarra coincidenza che in questo stralcio di 2007, la situazione si sia presentata in ben due occasioni: il concerto della Orchestra Haydn del 5 dicembre e l’ultima serata in Filarmonica. Nel primo caso, il forfait del clarinettista Martin Fröst ha determinato anche un cambiamento di brani in scaletta e quindi una sostanziale ridefinizione delle caratteristiche del concerto; mentre, nel secondo, almeno il programma è stato salvaguardato. Non possiamo che dolerci di non aver avuto l’occasione di ascoltare Natalia Gutman, "l’incarnazione dell’onestà nell’arte", come la definì Sviatoslav Richter, eppure, è impossibile considerare come un ripiego l’esecuzione del Quartetto Borodin con Mario Brunello.
Già nella prima parte della serata, interpretando il Quartetto in re minore "La morte e la fanciulla" di Schubert, i Borodin avevano soggiogato la sala con la perfezione di un suono pulito, preciso, praticamente perfetto, ma quando sul palco è salito Brunello (oramai un amico per chi lo segue, ogni estate, in nuove avventure sonore sui pendii di montagna ad orari improbabili), l’esperienza musicale è diventata paragonabile alla piena comprensione di equilibrio, misura e stile, racchiusi nel gesto tecnico, in una capacità di calibrare il proprio suono in base a quelli degli altri esecutori che va ben oltre le prerogative della performance cameristica.
Il Quintetto in Do maggiore con due violoncelli, sempre di Schubert, ha in effetti tali e tante sfaccettature che le doti di ognuno di questi grandi professionisti sono risultate evidenti. La partitura è trascinante e contenuta, con temi ripetuti e ipnotici e pizzicati espressivi.
La stagione di concerti della Società Filarmonica non poteva avere conclusione migliore: un pubblico estatico che batte i piedi all’unisono implorando un encore e viene lasciato in attesa.