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QT n. 7, 6 aprile 2007 Monitor

“Il gioco degli specchi”

Un dibattito all'interno del Festival sull'interculturalità: tante belle, profonde, sagge parole. Ma poi fuori...

Ero presente, purtroppo, solo ad uno degli ultimi appuntamenti del festival "Il gioco degli specchi". Si trattava di una conferenza/conversazione fra Maria Rosa Mura (a.t.a.s.Cultura, organizzatrice della manifestazione), Liana Borghi (docente universitaria, fondatrice della Società Italiana Letterate – SIL – e del laboratorio "Raccontar/si"), Lanfranco Binni (Assessorato alla cultura della Regione Toscana e creatore di "Porto Franco. Toscana terra dei popoli e delle culture") e Melita Richter (membro del Centro di Ricerche Etnico-Politiche Internazionali, collaboratrice di Interethnos, e docente all’Università di Trieste), coordinata da Giovanna Covi (socia fondatrice della SIL e docente di Letterature angloamericane e studi di genere all’Università di Trento), intitolata "Fare intercultura" cui hanno assistito un discreto numero di persone.

Il tavolo dei relatori (foto Marco Parisi).

I relatori hanno, per così dire, portato la loro esperienza e fatto il punto della situazione. A quanto pare, Trento si posiziona a metà classifica, fra una Toscana molto impegnata ad affrontare la migrazione già dal 1998 per evitare "derive razziste e leghiste" (cito testualmente Binni) e una Trieste in cui si evita qualunque momento di confronto o si sbandiera la multiculturalità solo quando fa comodo per ricevere contributi europei.

Devo dire che, sebbene piena d’orgoglio per le iniziative di a.t.a.s.Cultura (mi è stato detto che c’è stata molta adesione a questa manifestazione e, in passato, ho sempre apprezzato le edizioni del "Gioco") e di Atas Onlus (cui il presidente dell’associazione ha fatto brevemente cenno nel suo intervento durante le fasi finali della conferenza), non sono uscita felice da queste due ore di dialoghi edificanti. Innanzitutto mi rattrista, dover osservare quanto poi, larga parte dell’Italia si dimostri, impreparata ad affrontare tutti i significati e le complicazioni dell’afflusso di questi nuovi cittadini che scappano sì dalla fame e dalla guerra, trovando qui, quindi (teoricamente) rifugio, ma che, d’altro canto, mandano anche avanti l’economia, visto che la maggior parte dei lavoratori stagionali nel settore alberghiero e in quello agricolo non sono di nazionalità italiana.

Sono piena di rabbia, inoltre, perché mi piacerebbe vedere maggiore impegno da parte delle istituzioni e sono arcistufa delle posizioni facilone della stampa, che contribuisce a creare un clima di tensione e diffidenza.

Un concetto molto bello che è rimbalzato nelle ultime fasi della discussione da un relatore all’altro fino ad arrivare a concretizzarsi in parole semplici espresse dalla consigliera comunale Ivana Di Camillo è che dovremmo tutti impegnarci a vivere la multiculturalità nel quotidiano. In tempi in cui spesso si parla di "second life", vita reinventata semi-virtuale su Internet, penso che dovremmo smetterla di fuggire dalle responsabilità e sono grata a Maria Rosa Mura e alle altre persone che hanno partecipato al festival per lo sforzo culturale ed educativo che, con caparbietà, portano avanti.

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