Com’è comodo il bancomat!
... basta saperlo adoperare.
Mi piaceva il bancomat. Non c’erano quei chili di istruzioni che demoralizzano alla seconda pagina. Enciclopedie intonse in otto lingue che accompagnano stereo, pc, dvd, cordless, cellulare, macchine fotografiche digitali, videoregistratori; compresi telecomandi sempre più scoraggianti. Le conservo ordinatamente in un cassetto. Non si sa mai… un principe informatico potrebbe sempre arrivare e salvarmi!
Ero anche distratta in quel periodo. Il pensiero si avvitava su se stesso e non ne venivo a capo. Il mio stato di donna single immersa, anzi sommersa, dalle riflessioni, entrava completamente in panne davanti ad una pompa di benzina fai da te. L’ora era tarda e bisognava arrangiarsi da soli. Se un robusto signore un giorno mi aveva confessato di non aver mai fatto benzina da solo, allora potevo andare in crisi anch’io, fragile signora! Sono momenti nei quali mi dico: l’hai già fatto un paio di volte. E penso alla bicicletta: se hai imparato ad andarci non lo dimentichi più. Ecco, allora dovrei farcela da sola.
Sola, ecco dov’era il punto. Ci fosse stata un’altra macchina nei paraggi, magari uno di quei ragazzoni con giubbotto di jeans e la musica sparata che esce dai finestrini! Di solito sono gentilissimi con le signore dell’età della loro mamma. Ti spiegano tutto e mentre te lo spiegano ti fanno benzina senza accorgersene e poi si scusano e ti pulirebbero pure il vetro se non fosse troppo. Tutto questo grazie alla schiera di mamme che tramandano di generazione in generazione il senso di colpa.
Mentre mi ero assentata per qualche anno, alle pompe di benzina fai da te avevano disposto il bancomat. Ero rimasta alle diecimila lire che bisognava distendere bene, perché bastava poco per vedersele tornare indietro. Ma nel borsellino avevo solo tre banconote da cinque euro. Poche e nessuno all’orizzonte. Riconferma di quanto la solitudine sia pesante. Toh, ma ecco il bancomat! Tesserino nella fessura apposita, digito il codice… errato. Ma come? Ripeto. Codice errato. Oh mamma! Al terzo tentativo mi pare che se lo mangiano. Soluzione: tornare a casa, guardare in quel famoso cassetto. Spiegazione: invertivo gli ultimi due numeri. A casa nel frattempo, nonostante la macchina in riserva, ero arrivata ed a quel punto ci sono rimasta e l’indomani mattina … riapriva il benzinaio. Essere umano, pure gentile.
La seconda volta era di sabato pomeriggio. Erano tre le cose che mi ero ripromessa: fare spesa, poi benzina e ricarica del telefonino. Al supermercato, ho allungato il bancomat alla cassiera che, di colpo, si è girata a rispondere ad una collega e il tesserino è caduto sulla piastra magnetica. Umilianti tentativi a vuoto, nulla: smagnetizzato, inutilizzabile. La fila si allungava alla cassa e tutti mi guardavano infastiditi. Nessuna solidarietà quando si è in coda da qualche parte, anzi, sono momenti nei quali non si perdonano errori e si affilano le unghie. Aut aut sbrigativo della cassiera: pagare in contanti o rinunciare alla spesa. Scelgo di mangiare, investendo tutti i contanti del portafoglio.
Il problema sembrava risolto. Eh no, macchina in riserva e cellulare scarico. Inutile tornare a casa: non ho l’abitudine di tener contanti perché il bancomat è sempre aperto! Non mi restava che andare da mia madre e chiederle un prestito. Per riavere un nuovo tesserino ci sono volute più di due settimane e nell’attesa ho consumato un carnet d’assegni con la sensazione di un mezzo fallimento economico.
L’ultima volta qualche settimana fa. Ho cambiato banca e nell’attesa di ricevere il nuovo bancomat ho saggiamente (?) deciso di azzerare il conto in quella vecchia. In modo da non dovermi portare sulla schiena sacchi pieni di soldi fino a quella nuova, con il rischio di essere rapinata o di dimenticarli in macchina mentre faccio spese in centro. O magari di trovare quella distinta signora che me la racconta così bene che le consegno quei sacchi pieni di soldi in cambio del suo numero di telefono. Le cronache sono piene di storie così.
Ma le procedure del nuovo conto sono andate per le lunghe ed i bancomat non accendono la spia rossa per avvertire che il credito si sta esaurendo; quindi un venerdì sera mi sono ritrovata senza soldi: finiti quelli nella banca vecchia, inarrivabili quelli nella nuova. Ed il lunedì, quando avrei risolto il problema, era distante.
Mia madre, mai contagiata dalla furia dei bancomat a dimostrazione che si vive anche senza tecnologie, è una sicurezza. Una banca all’antica, con una saggia somma di contanti che servono anche ad arginare le impreviste difficoltà dei figli.
Io poi, che non a caso di anagramma sono tinta di aria, non possiedo la struttura cerebrale per ricordare pin, cab, abi, cin, codice fiscale, varie password, nickname; per decifrare e applicare istruzioni di utilizzo di marchingegni vari. Di solito quando, dopo anni, raggiungo il piacere di saperli usare, si rompono e sono da cambiare. Similitudini? O forse sono abilità tipiche degli uomini. In questo, solo in questo, li riconosco superiori!