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QT n. 17, 14 ottobre 2006 Servizi

“Goccedoro”

Un parco di Trento invaso dai giovani e un fine settimana molto speciale.

Alessandro Franceschini

Chi l’ha vista, certo, non può dimenticarla. Un’immagine sublime: uno sky-line metaforico e stilizzato della città di Trento dietro al quale miliardi di goccioline d’oro si riversano sul pubblico e sulla città in un amplesso dal sapore di utopia. E’ accaduto lo scorso settembre nel parco di Gocciadoro a Trento, alla fine della tre giorni di "occupazione culturale" del Laboratorio sul Moderno dal titolo, appunto, "Goccedoro". I componenti del LabMod non sono nuovi all’onore della cronaca: dal 1996 lavorano nella nostra città con l’idea di "modernizzare" la nostra società. Organizzando mostre, cineforum, eventi artistici, feste culturali…

Foto di Gabrio Stenico.

L’anno scorso avevano aperto alla città i cancelli della "fabbrica della morte", la Sloi, organizzando dibattiti e conferenze, sensibilizzando i giovani e pungolando i politici. Alla fine di quell’evento, galvanizzati dal grande consenso popolare, lo avevano promesso: adesso occuperemo la città, dicevano. E così hanno fatto, in un certo senso. E così è nata "Goccedoro".

"Lavorare per costruire un’altra città – scrivevano in un documento di presentazione di quest’ultima iniziativa – una eldorado trentina che non a caso si chiamerà ‘Goccedoro’. Passare giorni e mesi a preparare idee, organizzare eventi, creare contatti, reperire materiali per evitare la rassegnazione e l’adeguamento al presente. Costruire una città invisibile che in pochi giorni diventerà reale, vera da accarezzare, che sarà la scommessa più grande di ogni persona che ha contribuito a costruirla e il sogno più bello di chi è destinato a passarvi attraverso".

Il tema dell’evento era quello della partecipazione sociale. Il lavoro "teorico" era iniziato nel mese di giugno. Il LabMod aveva organizzato dieci incontri per "ripensare il nuovo". Erano andati nelle polverose sedi delle associazioni post-sessantottine per vedere cosa era rimasto dell’utopia che avevano inseguito a suon di manifestazioni e di impegno civile. Avevano varcato la soglia del gruppo Uomo città territorio, della Sat, del Centro di Salute mentale, de Il Margine, della Cgil, del Coordinamento donne, delle Acli. Avevano incontrato associazioni che da centinaia di iscritti si sono ridotte a uno, due attivisti inossidabili. Avevano parlato di partecipazione con chi era sopravvissuto al riflusso degli anni Ottanta e alla deriva individualistica della contemporaneità.

"In un provincia come la nostra – dicevano a chi gli chiedeva una sintesi di quegli incontri – in cui esce lo scandalo della magnadóra e poi viene subito rimangiato da chi lo ha provocato, dove i medici non devono parlare, dove i magistrati sono ridotti al silenzio, dove le associazioni, per avere contributi, devono essere silenziose e affaccendate, dove i bar devono chiudere a mezzanotte (fatto salvo che non sia la Provincia Autonoma di Trento ad organizzare feste all’Italcementi: allora, come è successo al Festival dell’Economia, si può proseguire fino all’alba…), dove i Presidi delle Scuole, i Direttori dei Musei e dei Parchi non possono dire nulla di politico a rischio di farsi decimare il contributo pubblico o di perdere il posto… ecco, in questa provincia, viene spontaneo chiedersi se non sia il caso di riprendersi la parola. Allora l’utopia diventa soprattutto questo: riprendersi il diritto di parola. Trento ha assunto il silenzio come uno dei suoi valori fondamentali. Ma quando questo silenzio diventa culturale ed intellettuale, allora il silenzio si trasforma in un grave dis-valore".

La seconda fase del progetto Utopia consisteva proprio nel rianimare il Trentino da questo silenzio e questa solitudine in cui la società pare essere affogata. Portando al gente in prima persona a riprendersi lo spazio che un’istituzione troppo invadente le ha lentamente tolto. Organizzando un evento culturale indimenticabile in uno dei luoghi più simbolici della città: il parco di Gocciadoro. Trasformato in pochi giorni in una grande festa all’aria aperta, sfruttando il tepore dell’ultima settimana di settembre e la buona volontà degli organizzatori che con pochissimi mezzi (budget: 3000 euro) e senza nemmeno uno straccio di autorizzazione comunale, hanno cominciato pian piano ad allestire palcoscenici, zone bar, mostre fotografiche e documentarie, addirittura un ristorante (Ristorante Mangiad’oro), una "gola dei poeti", un caffè libreria, un angolo dedicato al campeggio, un Internet point, e un angolo di assaggio vini. E venerdì 29 settembre, dopo tre giorni di allestimento, l’evento "Goccedoro" è entrato nel vivo.

Già dal primo pomeriggio i bar erano attivi, con musiche di sottofondo e sul palcoscenico si sono alternati gli interventi dello psicoterapeuta Giuseppe Raspadori e del sociologo Enrico Spagna (presidente del LabMod) che hanno affrontato il tema "La partecipazione sociale a Trento: società civile, media e istituzioni".

A seguire, a notte scesa, il monologo del poeta Gigi Zoppello "EroIo" che, alternando l’esperienza personale alla storia della nostra città, ha parlato della droga a Trento, un tema tanto grave quanto nascosto da un omertà diffusa che si è trascinata dalla fine degli anni Settanta ad oggi. La festa è poi proseguita fino a tarda notte con concerti e Dj set.

Il giorno dopo, l’attività è iniziata la mattina con letture sparse e musica. Nel pomeriggio è stato affrontato il tema dell’Economia: "Sviluppo senza autonomia" questa la traccia che hanno seguito i relatori, tra cui gli economisti Silvio Goglio (che ha tracciato una impietosa analisi dell’immobilismo economico della nostra provincia) e Fabrizio Paternoster, che ha illustrato le modalità di combattere le bolle speculative.

Quindi il tema dell’immigrazione con il sociologo Charlie Barnao (con un intervento decisamente polemico, nei confronti dell’ente pubblico, sullo stato dei senza fissa dimora di Trento) e Federico Zappini dell’Officina sociale, che ha trattato il tema dei migranti. L’ambiente con Adriano Rizzoli ("Non incenerirli non è utopia", il titolo, eloquente, del suo intervento in cui ha trattato del problema dei rifiuti), e gli ambientalisti Salvatore Ferrari e Claudio Bassetti.

A seguire, un grande concerto con cinquemila persone che ballando, sdraiandosi, parlandosi, baciandosi hanno occupato il parto superiore del Parco Gocciadoro fino all’alba.

Domenica, dopo i laboratori di partecipazione sociale e il concerto serale, gli organizzatori hanno dato vita ad una performace tecno-figurativa. Dei potenti nebulizzatori hanno sparato delle gocce d’acqua illuminate da fari color giallo, abbracciando i partecipanti alla feste e idealmente tutta la città.

Tutto è andato meravigliosamente, si dirà. Ma gli organizzatori, sempre molto severi nel giudicare il proprio lavoro, ammettono che qualcosa è mancato: la partecipazione ai laboratori sociali e alle conferenze poteva essere maggiore. "Forse in questo senso l’organizzazione ha patito la stanchezza e poca chiarezza, nei cittadini, sull’obiettivo dell’evento – ci spiega Enrico Spagna - Se l’anno scorso, alla Sloi, il tema era chiaro e la contrapposizione con il Comune e la Provincia conseguenti, quest’anno è stato difficile far capire che ‘Goccedoro’ era un evento propositivo in cui tutti potevano diventare protagonisti e nel quale non c’erano nemici. Certo, c’erano dei curiosi, ma la formula non è stata compresa. Ma, come si dice, ‘la tragedia nasce dallo spirito della musica’. La prossima volta, faremo meglio".