Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Smart shop: negozi stupefacenti

In Italia si stanno diffondendo dei locali, simili ai coffee-shop olandesi, dove si vendono sostanze non ancora vietate ma spesso sicuramente nocive. Da Narcomafie, mensile del Gruppo Abele di Torino.

Andrea Giordano

Non solo gli smart shop italiani si moltiplicano, ma sono anche soggetti a veloci evoluzioni e trasformazioni. Due anni fa si contavano sulle dita di una mano, ora sono già almeno una sessantina; i punti-vendita tra l’altro si clonano - tanto all’interno di una stessa città quanto in località distanti - grazie ad oculate operazioni di franchising, con trasferimento ai nuovi negozi affiliati del marchio delle partite di merce e del know-how della casa madre.

Coffee shop ad Amsterdam.

L’Italia è approdata relativamente tardi all’esperienza rispetto a Paesi europei come l’Olanda, ma ha finito con l’allinearsi al quadro europeo, al quale oggi sembra volersi sottrarre con rigorosa caparbietà solo l’ultraproibizionista Francia: oltralpe, una studentessa di un istituto superiore è stata di recente sospesa per alcuni giorni da scuola perché indossava un medaglione raffigurante una foglia di canapa.

La rapida crescita degli smart shop italiani è comunque scandita da nuove tendenze: i titolari dei punti-vendita meglio organizzati, che sinora avevano venduto soprattutto prodotti d’importazione, hanno iniziato ad offrire ai clienti una propria linea di prodotti (gocce o bevande "energizzanti" o rilassanti, ad esempio), messi a punto con l’aiuto di laboratori specializzati. Si comincia inoltre ad assistere alla nascita di veri e propri smart bar, la cui filosofia si avvicina molto a quella dei coffee-shop olandesi. Il negozio si trasforma così in locale dove è possibile acquistare ma anche consumare i prodotti, e nell’eventuale anticamera della discoteca o del rave. Questa evoluzione, con le sue valenze commerciali e sociali, si sposa tra l’altro con orari di apertura diversificati e molto elastici, che coprono ad esempio le serate del venerdì e del sabato. Anche la posizione dei negozi è studiata con attenzione: essi sono in genere prossimi ad aree universitarie o a zone di divertimento trendy.

Con la trasformazione in locali, ecco che accanto ai fusilli alla canapa, alle smart drugs ed ai prodotti "etnobotanici" magari già confezionati in spinello, trovano posto brain machine (lettini con occhialoni che trasmettono impulsi luminosi) o apparecchi per l’inalazione di ossigeno puro al 97% addizionato di oli essenziali, e magari cocktail di piante esotiche, da degustare sui divanetti alla luce di lampade fluorescenti.

Il negozio diventa un punto di ritrovo, e sviluppa un carattere aggregativo, favorito anche da una capillare rete di contatti via Internet: quest’ultima permette di conoscere ogni singolo prodotto in vendita in un determinato negozio, e naturalmente di pubblicizzarlo con la massima visibilità. Nasce così anche un genere particolare di piccolo turismo giovanile, finalizzato alla visita di smart center di altre città.

Sofisticate anche le strategie di marketing applicate alle confezioni dei prodotti o all’estetica dei locali. Per attirare il giovane, tutto deve essere nuovo, colorato, divertente e trasgressivo. Piaccia o non piaccia, le acquisizioni (in alcuni casi addirittura i sequestri cautelativi) da parte delle forze dell’ordine di sostanze poi ritornate in libera vendita (si veda il recente caso della Salvia divinorum), accompagnati da imponenti campagne mediatiche di denuncia dell’allucinogeno libero segnano il trionfo pubblicitario, ottenuto in modo del tutto gratuito, degli smart shop.

Legioni di giovani hanno voluto provare ad ogni costo la Salvia divinorum, considerata astrattamente illegale per le sue proprietà allucinogene, ma ora consumabile in piena legalità. Ed eccoci a un punto di svolta: oggi negli smart shop italiani è in libera vendita almeno una sostanza con un’accertata e marcata potenzialità psicoattiva. Esiste il pericolo che ne arrivino altre? E se la risposta è sì, quanto ci vorrà perché vengano prese appropriate contromisure?

Alcuni affermano che la potenza delle nuove sostanze offerte potrebbe indurre persino alcuni consumatori ad una riconversione parziale o totale da droghe più tossiche ed illegali (ecstasy, cocaina). Agli esperti stilare un primo bilancio che vagli la realtà di un’ipotetica riduzione del danno. Di certo è comunque già successo che qualche furbacchione abbia tentato di rivendere in discoteca superkikke (pasticche di caffeina a forma di cuoricino rosa) acquistati negli smart shop spacciandoli (è il caso di dirlo) per pastiglie di ecstasy. Ma oggi è più difficile, perché tutti conoscono questi nuovi prodotti legali.

Negli smart shop non ci sono sostanze tagliate. Nella quasi totalità dei casi il prodotto venduto corrisponde a quanto dichiarato sull’etichetta. Ma ciò non basta a garantire che esso non possa avere effetti pronunciati, anche negativi, su chi lo consuma. Fatto paradossale, mentre in Italia è in corso una riforma legislativa fortemente restrittiva del settore erboristico, gli smart shop iniziano ad ideare, in piena legalità, sulla base di conoscenze del tutto empiriche e con l’aiuto di laboratori specializzati, mix di loro concezione, con ingredienti che hanno o possono indurre influssi pronunciati sullo stato psicofisico. Ma chi controlla l’innocuità di una nuova composizione? Se controlli, monitoraggi ed eventuali messe al bando di sostanze che possano rivelarsi tossiche sono ostacolati dall’offerta di prodotti sempre nuovi e spesso sconosciuti, anche ipotetiche strategie istituzionali proibizioniste più estreme sono rese difficoltose dalla presenza, in molte bevande o pastiglie smart, di ingredienti (come la caffeina) già diffusi sul mercato dell’alimentare.

Occorre attendere la risposta dello Stato per sapere come esso sceglierà di rapportarsi agli smart shop italiani. Tale risposta non sarà facile, ma non potrà tardare.

Parole chiave:

Articoli attinenti

Nello stesso numero:
Nelle pieghe della legge, nelle pieghe del cervello
Carmelo Furnari

Commenti (1)

Damiano

Vore aprire un grow shop a roma
Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.