Mère Thérèse à la Béjart
Discusso balletto di Maurice Béjart su Madre Teresa di Calcutta al Centro Santa Chiara.
Sicuramente passerà alla storia come uno dei balletti più religiosi di Maurice Béjart, "Mère Thérèse et les enfants du monde", che il 27 novembre ha inaugurato la stagione di danza del Centro Santa Chiara. Ambientato idealmente tra le favelas brasiliane, lo spettacolo è un inno all’amore universale che nasce da una religiosità senza dogmi e senza confini: un inno intonato con la danza e, soprattutto, con le parole di Madre Teresa di Calcutta. Parole declamate da Marcia Haydée, storica danzatrice che in questo balletto interpreta il ruolo di una attrice ricca e famosa che, seguendo gli insegnamenti della missionaria albanese, lascia tutto per aiutare i bambini abbandonati delle favelas brasiliane.
Con la Haydée in qualità di ospite speciale, lo spettacolo è stato proposto dalla nuovissima Compagnie M di Maurice Béjart, e, com’era prevedibile, il balletto ha registrato il tutto esaurito al Teatro Sociale. Parte del pubblico era arrivato anche da fuori regione, perché il balletto, dopo gli spettacoli di Roma e Trento, è partito per il Giappone e non farà altre date in Italia: la Compagnie M si è formata durante l’estate e quindi, almeno per quest’anno, quasi tutte le stagioni di danza erano già chiuse e non hanno fatto in tempo a metterlo in cartellone.
Nel balletto erano evidenti importanti finalità didattiche, rivolte soprattutto ai tanti allievi di danza, quasi tutte ragazze, accorsi al Sociale, che hanno ritrovato sulla scena una compagnia giovanissima (età media vent’anni), piena di entusiasmo, vitalità ed ottima tecnica, insieme alla Haydée, grande maestra di danza e sensibilità. Una compensazione di generazioni e di energie quindi, ma anche di messaggi diversi: sul piano estetico, spiccavano le maestose coreografie d’insieme, con grandi salti e braccia tese verso l’alto, in perfetto stile béjartiano, ambientate in una scena spogliata dei suoi teli, con porte di sicurezza del teatro a vista. Sul piano religioso, c’erano i pensieri di Madre Teresa che Marcia Haydée, nella sua tunica bianca e blu, rilancia sul pubblico con il suo accento franco-portoghese, accompagnandosi con una gestualità ieratica.
Ocorre dire che al termine del balletto si è percepita una netta divisione tra coloro che hanno ritrovato nello spettacolo una commovente restituzione del messaggio di solidarietà di Madre Teresa, ed altri che hanno percepito l’operazione come troppo didascalica e semplificatoria, basata sull’accostamento di slogan che ricordano certe canzoni di Jovanotti e le pubblicità "planetarie" di Benetton-Toscani. Rimangono comunque le spettacolari coreografie classico-moderne, gli ottimi danzatori con l’argento vivo addosso (vestiti semplicemente, di bianco all’inizio e con tutine color carne alla fine), la facile leggibilità dei contenuti impegnati e dei temi religiosi, E a giudicare dagli applausi finali, lunghi e convinti, nel complesso lo spettacolo è stato decisamente gradito dal pubblico.
Uno dei danzatori più applauditi a Trento è stato il napoletano Vittorio Bertolli, unico italiano della compagnia di Béjart. Come tutti i suoi colleghi poco più che ventenni, anche Bertolli è appena uscito dal Rudra, la scuola di alto perfezionamento che Béjart stesso tiene a Losanna. Prima dello spettacolo, Bertolli ci ha raccontato la sua vicenda artistica, iniziata quasi per caso: il suo sogno era infatti quello di diventare giocatore di basket, ma non aveva l’altezza giusta.
A quindici anni, mentre faceva ginnastica in una palestra di Napoli, è stato notato da una insegnante di danza, che ha dovuto insistere due mesi per convincerlo a provare qualche passo. Aiutato da un corpo duttile per natura e da una notevole presenza scenica, Vittorio Bertolli aspira ad un destino di danzatore e insieme, da buon napoletano, anche di attore.
Non a caso il suo idolo è Totò...