L’immigrato: un diavolo o un fantasma
II fenomeno migratorio in campagna elettorale: i toni catastrofisti della destra e il colpevole silenzio di alcuni che, pure, si rifanno alla cultura cattolica.
Guardo sgomento la miseria programmatica di molti "faccia a faccia" e dibattiti al gran completo che le TV locali mandano in onda per questa campagna elettorale. Noto qualche fiammata solo nello scontro sulla PiRuBi e sul problema della migrazione extracomunitaria. Non credo essere il solo a pensare a quanto si sia rimpicciolito l'orizzonte trentino, qui, nella terra che voleva essere - e dovrebbe essere - ponte fra nord e sud d'Europa, fra terre latine e terre germaniche.
Ricordo il profilo, appena alle spalle, della grande contesa elettorale tedesca. Ammiro la capacità, della SPD e dei Verdi di tradurre, subito, un programma elettorale in programma di governo, anche sui temi più spinosi e controversi. Quei temi che in Germania hanno sempre provocato un ribollire di sentimenti spesso sfociati, anche in questi anni post unificazione, in tragici episodi di intolleranza e violenza.
Era scritto nel programma della socialdemocrazia tedesca: "La Germania è un paese aperto al mondo. Noi vogliamo l'integrazione dei cittadini stranieri che vivono con noi. Il nucleo di una politica di integrazione che abbia successo è la creazione di un moderno diritto di nazionalità con doppia cittadinanza." Sono trascorse appena tre settimane dalla consultazione e il governo Schroeder, che fra pochi giorni s'insedierà alla cancelleria, ha già predisposto il suo coerente progetto perché diventi legge del paese d'Europa a più alta presenza di cittadini stranieri.
In Germania sono più di 7.370.000, di cui 2.100.00 turchi. 720.000 provengono dalle regioni della ex Jugoslavia. 608.000 sono italiani. A quanti di essi risiedono nella Repubblica federale tedesca da almeno 8 anni e a quanti sono nati in Germania, sarà concessa la doppia cittadinanza: diventano quindi a pieno titolo, compreso il diritto di voto, cittadini tedeschi. Lo stesso partito liberale, alleato da sempre del cancelliere Kohl, ha dichiarato che in coerenza con i suoi principi, darà il suo voto al provvedimento, mettendo fine al millenario "jus sanguinis" che nei millenni ha retto l'ordinamento nelle terre tedesche.
E' ovvio che non basterà questo, per dare soluzione stabile in Europa al problema delle grandi migrazioni in atto dal Sud e dall'Est. Ma dimostra una consapevolezza, una capacità d'orizzonti e anche una cultura politica degna di grandi partiti e d'un grande paese.
Ho, come ricordavo, ascoltato e letto i programmi per le migrazioni extracomunitarie nel nostro Trentino. Una pena. E' naturale che su un tema scottante vi siano posizioni diverse e proposte differenziate. Ma perché, a parte quel che hanno scritto i partiti della sinistra, tutto si riduce ad una negazione o al silenzio?
La destra, da Alleanza Nazionale a Forza Italia, dalla Lega, con qualche differenza d'aggettivi e di toni - pochi in verità - si limita ad affermare che bisogna abrogare la legge Martelli, ormai largamente rimaneggiata e recentemente modificata, e la legge provinciale del 1991, con cui si voleva, nella nostra provincia, governare il fenomeno migratorio.
In un recente intervento televisivo un candidato forzista, tradizionalmente dotato di britannico aplomb ha urlato che obiettivo del suo partito è quello di evitare che il Trentino diventi terra di invasioni migratorie. Ora è indispensabile ricordare - e questo periodico lo ha fatto in più occasioni- che tutte le recenti stime della Camera di Commercio, dell'Associazione Industriali, del Servizio Statistica della Provincia convengono nel ritenere che oltre il 90% dei cittadini stranieri residenti nel Trentino, lo sono con regolare permesso di lavoro, sono inseriti nel sistema produttivo trentino e soprattutto svolgono mansioni rifiutate dai cittadini trentini.
I lavoratori dell'Est che lavorano nelle cave di porfido, le lavoratrici filippine o dell'America Latina impegnate come collaboratrici domestiche, non troverebbero trentini disposti a sostituirli. La legge provinciale del 1991 si qualificava per il riconoscimento dei diritti alla casa, alla salute, allo studio, dei lavoratori stranieri legalmente presenti sul territorio provinciale. Molto è cambiato in dieci anni e molto di quel testo dovrebbe essere rivisto, non tanto nelle motivazioni culturali, ma in ragione del cambiamento della qualità del fenomeno da governare.
Tutto serve a migliorare la situazione, tranne che la politica del rifiuto che, impossibile da praticare nei fatti, evoca solo, a dispetto forse dalla stessa volontà di chi la pratica, sentimenti d'intolleranza e di contrapposizioni con i cittadini delle città e dei nostri paesi.
Risulta in proposito sconcertante il silenzio, quasi un'auto-censura che, su questi temi, vistosamente si nota nelle liste che fanno, a prescindere della loro collocazione politica, esplicito riferimento alla cultura cattolica. Quella cultura che più ha fatto e più ha dato, anche qui in Trentino, per costruire una politica dell'accoglienza. Ciò si riscontra anche nella lista che dovrebbe essere più aperta e consapevole, quella della Margherita, Perché queste omissioni, questa incapacità, rappresentando il vero, di fare anche in campagna elettorale, cultura politica e non solo propaganda? Perché, per un pugno di voti, non contrastare con vigore le posizioni politiche della destra?
La sinistra, tutti i gruppi della sinistra, sul tema hanno fatto delle importanti affermazioni di principio, coerenti quindi con la propria storia e cultura. Nel programma dei Democratici di Sinistra è scritto: "Bisogna organizzare l'accoglienza e l'integrazione degli immigrati, inevitabile in un contesto di grave divario sia economico che demografico fra Nord e Sud del pianeta. Dei lavoratori stranieri avremo sempre più bisogno, dobbiamo quindi prepararci ad affrontare la sfida della convivenza prevenendo l'esplodere di conflitti sociali e razziali." Un impegno elettorale non equivoco, nel solco dei programmi socialisti europei. Riusciremo anche qui a trasformarlo in un coerente impegno di governo?
Se è possibile nella grande Germania, perché qui dovremmo essere pavidi e incerti? Le buone ragioni bisogna comunque sostenerle: alla fine, molte volte, danno anche buoni risultati.