Olimpiadi: tanti ritardi, nessuna trasparenza
E ora ci sono pure le infiltrazioni mafiose.
Chi gareggia alle Olimpiadi ha un obiettivo: vincere. Chi le segue da tifoso sosterrà gli atleti preferiti auspicando una loro vittoria. Il tutto, il mito dell’oro, è inserito nella semplificazione storica del motto olimpico: “Citius, Altius, Fortius, - Communiter”. Su questo schema le ormai vicine Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026 hanno già stabilito un loro record: gli ori guadagnati, in anticipo, nelle specialità dei ritardi e dell’assenza di trasparenza.
Tempo fa Giovanni Malagò, presidente della Fondazione Milano Cortina 2026, il ministro allo sport Andrea Abodi e Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ci volevano convincere che gli impianti sportivi sarebbero stati tutti ultimati per l’evento. Oggi è certo, non sarà così: gli impianti ospiteranno sì le gare, ma poi, in tutte le situazioni, si dovranno riprendere i lavori per completare le opere rimaste sospese e gli interventi rimandati. Ecco perché la società pubblica Simico (forte ad oggi di 3,4 miliardi da spendere, tralasciando gli extracosti prossimi al miliardo) ha ottenuto dal Parlamento una proroga della sua scadenza, dal dicembre 2026 siamo passati al dicembre 2031, mica poco. E poi nel Decreto Sport del giugno 2025 si leggono stanziati altri 328 milioni di euro per coprire i buchi della Fondazione Milano Cortina 2026 gestita dal Presidente Giovanni Malagò. Al 16 di ottobre si sono aggiunti nel decreto Anticipi collegato alla legge di bilancio 2026, altri 70 milioni. Sono poi stati destinati al finanziamento dei giochi altri 43 milioni di euro provenienti dal fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime della mafia e usura e dai fondi riservati agli orfani di femminicidio. Si stima che ancora oggi vi sia da coprire un buco nella gestione della Fondazione (che autodichiara di essere un ente privato per contrastare l’inchiesta aperta ad aprile dalla magistratura milanese) di oltre 100 milioni di euro che non si riescono, al momento, a recuperare.
Sono segnali di allarme per noi cittadini, situazioni poco conosciute a causa di un’informazione capace di omettere qualunque critica perché asservita ai poteri dello sport. Segnali che allarmano anche chi con ostinazione le Olimpiadi le ha volute e per le Olimpiadi ha imposto ai territori opere che risulteranno ingestibili. Ma sull’evento si stanno sommando problemi ancora più gravi, che interessano tutti i territori.
Risulta ancora difficile trovare l’alloggio per le migliaia di agenti dei diversi corpi militari coinvolti nel garantire sicurezza e sopperire alle emergenze: senza elencare tutte le carenze, pensiamo al Trentino dove il presidente della Provincia Maurizio Fugatti pensa di riaprire temporaneamente una struttura di proprietà della Provincia, l'ex hotel “Panorama” di Sardagna, un edificio abbandonato, lontano 80 chilometri dai luoghi delle gare. Sugli altri territori le emergenze sono ancor più pesanti e riguardano anche l’accoglienza di migliaia di “volontari”. Si sgomberano edifici che accolgono servizi essenziali pubblici per offrire posti letto a questo indispensabile impegno organizzativo.
La mafia
Sulle Olimpiadi arriva concreta la presenza delle organizzazioni mafiose. A Cortina d’Ampezzo i fratelli Alvise e Leopoldo Cobianchi, romani, tifosi irriducibili del settore più aggressivo della Lazio, da tre anni organizzano un diffuso smercio di droga, nei locali più famosi della conca olimpica, in particolare cocaina. In questi giorni sono stati arrestati a Roma con l’accusa di concorso in estorsione e rapina aggravata dal metodo mafioso. Non solo hanno organizzato lo spaccio, puntavano in alto: tramite perizie pilotate intendevano inserirsi nella governance della gestione delle opere e ottenere nel settore dell’ospitalità e di appetitosi appalti, minacciando con pistole e altri metodi quegli imprenditori che provavano a defilarsi. “Siamo la malavita romana, tu non vali niente” aveva detto Leopoldo Cobianchi al maresciallo che lo aveva arrestato per spaccio.
Volevano prendersi un po’ tutto, specie gli après-ski, negli chalet più esclusivi. I media veneti e anche nazionali hanno presentato la notizia come si trattasse di una leggerezza, una situazione minimale: sbandati - si è scritto - intrufolatisi in una organizzazione altrimenti perfetta. Per noi cittadini rimane la consolazione nel rilevare l’efficienza delle istituzioni preposte ai controlli. Già dal 2022 diverse Corti dei Conti (Venezia, Milano e Trento) avevano evidenziato il rischio di infiltrazioni mafiose nel giro degli affari olimpici. Per avere un minimo di trasparenza leggibile a tutti è stato necessario l’intervento di Libera e del Gruppo Abele, accompagnati dalle associazioni ambientaliste nazionali, che hanno promosso il progetto Open Olympics: hanno spinto SIMICO a pubblicare un poster (da aggiornare ogni 45 giorni) su progetti, gare, appalti, garantendo a noi cittadini altre informazioni su tutte le opere olimpiche: un'impresa che – posso assicurare - è stata particolarmente impegnativa e ha disturbato i manovratori del sistema.

Rimanendo in argomento, questa macchina olimpica non sembra essere tanto immune dalle infiltrazioni mafiose. Infatti a Bormio è emerso che la ditta Bracchi srl di Valdisotto, esclusa da una gara regionale in Lombardia perché coinvolta in un’inchiesta per corruzione, sta lavorando in subappalto in due cantieri Simico a Bormio all’interno di un consistente appalto di 20 milioni di euro destinati al rifacimento degli impianti di innevamento artificiale e alla riqualificazione delle aree limitrofe (altri 1,2 milioni). Il titolare dell’impresa Enrico Davide Bracchi a marzo 2025 era stato messo agli arresti domiciliari nell’inchiesta “Recharge” con accuse di corruzione, peculato e falso.
Su Bormio, poi, piovono altre inattese emergenze. Non si tratta solo dei conflitti aperti sull’allargamento della pista Stelvio (ettari di bosco distrutti fin nel cuore del parco nazionale, stazione di arrivo con struttura criticata da tutti i bormini). Il 3 ottobre è crollato il controsoffitto dello Ski Stadium ai piedi della pista Stelvio durante l’installazione della struttura. Opera non in carico a Simico, ma seguita dalla Regione Lombardia e finanziata dalla società Cal Spa (Concessioni autostradali lombarde). Cosa c’entrano imprese stradali, vi domanderete, ma in Italia succede anche questo. Un lavoro “da medaglia d’oro” si è commentato in paese. Sull’accaduto, però, silenzio assoluto da parte dell’amministrazione comunale di Bormio e della Regione Lombardia.
Trentino e Sudtirolo patrie dell’efficienza?
Anche l’efficiente Trentino ha i suoi problemi da risolvere. Gran parte del progetto BRT (Bus Rapid Transit) è rinviato per la conclusione, ben che vada, al 2027. Ma sui trampolini, dopo due inaugurazioni già avvenute (in attesa della terza a novembre) è arrivata una tegola. Le gare di salto estive, gare internazionali, hanno portato a tre gravi infortuni degli atleti, tanto da convincere le nazionali austriaca e canadese a ritirare le squadre. Si dovrà intervenire sulla pista di salto sapendo che i lavori definitivi saranno conclusi in ogni caso dopo le Olimpiadi.
Ad Anterselva (BZ) i lavori di costruzione dell’enorme bacino di raccolta acque (31 mila metri cubi) sono bloccati dalle associazioni ambientaliste per un ricorso al Consiglio di Stato a causa di inadempienze rispetto alle valutazioni necessarie e l’opera è ritenuta molto impattante in quanto distrugge un bosco pregiato a monte del paese.
A Cortina i problemi sono ancor più gravi. La circonvallazione sarà terminata, forse, nel 2029. mentre sulla pista di bob non si riesce a rendere efficiente l’impianto di ghiacciatura; si tratta della pista che, a detta del presidente del Veneto Luca Zaia, ha messo in ombra lo storico museo Guggenheim di Venezia.
Sempre a Cortina, il ripristino dei vecchi trampolini del 1956 in località Zuel, abbandonati da 70 anni e fatiscenti (sulle assi in legno crescono degli alberelli), doveva costare un milione di euro. Il progetto, definito di riqualificazione, oggi prevede una spesa di 10 milioni. Per fare cosa? Non solo il teatro delle premiazioni ma anche (lontano 3 chilometri dal paese) un ristorante, un museo e dei negozi. Il tutto rimandato a dopo le Olimpiadi.
Preoccupano e non poco anche i lavori della costruzione della cabinovia Socrepes-Apollonio. Un’opera in partenariato pubblico-privato che prevede un esborso pubblico di 27 milioni di euro. A dire di Simico e del locale sindaco, è indispensabile per il trasporto degli atleti dal villaggio alle piste di sci verso la Tofana, dove si terranno le gare dello sci alpino femminile. Trascurando di dire ai cittadini che le atlete italiane non alloggeranno al villaggio ma nei lussuosi alberghi di Cortina. Il costosissimo impianto non serve le olimpiadi, è utile in prospettiva futura solo per gli impiantisti locali. Sarà la base per dare l’assalto definitivo alle Dolomiti più pregiate, ossia all’area di passo Giau, val Fiorentina e Mondeval (sito paleontologico e archeologico) al fine di arrivare con gli sci fino ai piedi del Civetta. Se questo accadrà, come da spinte di Confindustria e di Luca Zaia, si tratterà del cemento che sancirà il fallimento definitivo di Dolomiti UNESCO.
L’impianto di Socrepes si impone su una grande frana storica di Cortina, una frana in movimento, ben documentata dalla storica pianificazione comunale e regionale. Nonostante questo vi si lavora alacremente. Si sono abbattute abitazioni private, alla partenza si è cacciato il servizio di veterinaria senza offrire ai professionisti un’alternativa e, lo si sa, a Cortina trovare spazio dove svolgere un lavoro è quasi impossibile senza il sostegno del Comune. Non appena iniziatiti gli scavi destinati a ospitare la stazione intermedia della cabinovia sui prati di Mortisa si è aperta una profonda frattura nel suolo, lunga 15 metri all’inizio e in via di allungamento. I lavori devono comunque procedere e si è provveduto a coprire la ferita con dei grandi teloni: un cerottone, dicono in paese. I lavori più impegnativi devono ancora iniziare, sarà dunque improbabile che l’impianto risulti pronto per l’evento olimpico, nonostante gli organizzatori insistanoa dire che la struttura è imposta dal CIO, mobilità alternativa all’uso dell’auto, quindi sostenibile. Ma il CIO, non solo in questo caso, insiste nell’affermare che ogni opera è decisa dagli organizzatori e che il Comitato olimpico non mette lingua. Vedasi la pista di bob, costruita nonostante la contrarietà netta del CIO (settembre 2023).

Tralasciamo infine di parlare diffusamente di Milano. In questa città nemmeno il villaggio olimpico è terminato: certo, la struttura ospitante è conclusa, ma le opere di conttorno come accessorie, accessibilità e altro, sono tutte da realizzare. Come sono in alto mare le opere accessorie del PalItalia (gare di hockey su ghiaccio). I costi di urbanizzazione se li è accollati il comune di Milano, nonostante il progetto rientri nel solito parternariato pubblico-privato. In sofferenza c’è anche l’accessibilità alla struttura dello stadio di San Siro (appena svenduto dal comune di Milano alle società calcistiche di Inter e Milan per 197 milioni di euro), in attesa del suo quasi totale abbattimento e della ricomposizione urbanistica speculativa dell’intera area a scapito del verde pubblico. Nello stadio si terrà la cerimonia di apertura dell’evento olimpico, cerimonia definita “Armonia”.
Questa è la situazione della realizzazione delle opere olimpiche strettamente necessarie, a 100 giorni dall’evento: si entra nel cuore dell’inverno, stagione non proprio propizia per lavori in quota come a Cortina, Bormio, Anterselva e Predazzo. Ma è evidente che in Italia, pregando e omettendo, i santi aiutano.