L’Europa la prendono a schiaffi. E hanno ragione
Nella redazione di Questotrentino, negli ultimi tempi della sua preziosa collaborazione, aleggiava una certa sufficienza verso gli editoriali di Renato Ballardini, che pur era il nostro mentore, punto di riferimento amato e rispettato. Troppo spesso finivano con un appello all’Europa, un’esortazione al suo compimento, tutte cose che alla lunga apparivano velleitarie: “Ormai lo sappiamo, l’Unione Europea è quello che è, non serve a niente coltivare inutili illusioni”.
Oggi lo stesso tema si ripresenta, ma in termini ultimativi. Allora l’Europa vera avrebbe aiutato molto, ma si poteva andare avanti bene anche facendone a meno, o così sembrava. Oggi invece l’alternativa è secca, drammatica: o siamo l’Europa o siamo una nullità. Ce lo dicono ormai apertamente: “Quelli lì sono patetici” borbotta Trump, “L’Unione europea non conta nulla” ribadisce Orbàn. Il punto grave è che hanno ragione.
Sull’Ucraina, sui dazi alle nostre merci, sul Medio Oriente: i giochi si fanno sulle nostre teste. E, cosa non secondaria, a scapito delle nostre tasche. Per l’Ucraina Trump prevede armi americane pagate dagli europei, sulle multinazionali (americane) del web impone esenzioni dalle – nostre - tasse e deregolamentazione dei contenuti, su Gaza ancora è tutto nebuloso, ma è comunque chiaro che il ruolo dell’Europa sarà quello di spettatore pagante.
Sembra che a Bruxelles, ma anche a Parigi e a Roma, come spiega Mario Del Pero nell’intervista che trovate nelle pagine a seguire, si pensi di poter temporeggiare: ha da passà a nuttata, passerà Trump, e con lui il trumpismo e si tornerà ai bei tempi dell’Occidente unito sotto una saggia guida americana.
Si sbagliano di grosso. Non è più il tempo del Piano Marshall, ma del suo contrario, l’America, indebitata fino al collo, con un’industria picconata alla base dal ritorcersi contro della globalizzazione (vedi sempre Del Pero) e dall’incapacità di declinare verso un orizzonte sociale la new economy, sarà comunque tentata di trovare soluzioni riversando all’estero i propri problemi.
Magari senza la greve arroganza di Trump, usando la diplomazia ossia la vaselina, ma la sostanza quella rimane, non ci saranno più pasti gratis anzi, i deboli dovranno pagare.
E il problema non è, e a maggior ragione non sarà, solo l’America. Sulle questioni militari vediamo incombere la presenza russa; su quelle commerciali ci troviamo debolissimi nei confronti della Cina a iniziare dall’approvvigionamento delle terre rare.
Ecco, appunto, la Cina. Come è possibile che in una decina di anni ci abbia sorpassato, anzi surclassato, nella produzione di auto elettriche? Il fatto è che loro hanno orientato ricerca e industria in quella direzione (facendo di necessità virtù: avevano le città invivibili causa lo smog) mentre noi, frantumati, abbiamo cincischiato, fissando uno scadenziario (quasi) ultimativo e intanto rimanendo aggrappati ai vecchi motori, alla vetusta distribuzione dei carburanti; cambiare impostazione dell’economia è risultato un compito troppo arduo per un insieme di stati sparpagliati, e allora trovano sempre credito i Pierini che vogliono “in nome dell’interesse nazionale” spostare le scadenze per il rinnovamento, cioè condannarci all’obsolescenza.
Insomma, che a livello internazionale, quando va bene non ci considerino, e quando va male ci prendano a schiaffi, è dovuto al fatto che non abbiamo massa critica, e che quando cerchiamo di coordinarci, siamo inconcludenti. Ogni riunione dell’Unione Europea che si conclude con un rinvio è un ulteriore passo indietro.

Ormai siamo di fronte ad un bivio, e da questo dovrebbe crescere una consapevolezza: o si fa l’Europa, o ci si condanna all’agonia.
Non è più il tempo della grandeur francese, dei complessi di superiorità/inferiorità tedeschi, delle nostalgie dell’Impero britanniche, delle furbizie italiane (Meloni aspirante “ponte con Trump” in realtà, al massimo “vassallo felice”, come disse Mattarella).
Non è più, come ai tempi di Renato Ballardini, questione di auspici, ma necessità vitale.
Oggi, l’Europa si deve fare. E quindi, si può fare.