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O Franza o Spagna purché se magna

La contesa tra Maurizio Fugatti e Francesca Gerosa per la candidatura della coalizione di destra alla presidenza della Provincia si svolge secondo i canoni consueti. Non si discute se Fugatti in questi anni abbia o meno governato bene e dunque se occorra un cambio di rotta. Oltre tutto, dopola Lega ha dismesso la polemica contro Roma padrona (o ladrona?), che differenza c'è ormai fra Lega e Fratelli d'Italia?

Ma ciò che conta è lo share: FdI ha fatto il botto alle politiche e poi alle regionali. “Secondo Fratelli d'Italia – spiega L'Adige - c'è un prima e un dopo il voto in Lombardia”. Ma al 16,6% della Lega – si replica dall'altra parte - “si deve aggiungere il 6,2% della lista Fontana, ritenuti voti d'area Carroccio. Il conto tra gli alleati, quindi, sarebbe ben più equilibrato”. Un bel dibattito.

A conferma che se non è zuppa è pan bagnato, ecco le voci sull'ex senatore leghista Sergio Divina, il quale, in rotta con Fugatti per ragioni ormai dimenticate (“tra i due non corre buon sangue e ormai non si parlano da 10 anni”) si starebbe dando da fare in vista di una candidatura con FdI, o quanto meno della formazione di una sua lista in appoggio a quel partito.

Ma il più vivace protagonista delle manovre pre-elettorali è il Patt. Il partito che ben prima di Beppe Grillo vantò il suo non essere né di destra né di sinistra, ebbe buon gioco finché a dominare la scena ci fu un partito centrista, la Democrazia Cristiana, dove convivevano più o meno pacificamente visioni molto variegate, e al quale quindi si poteva, a seconda dei casi, appoggiarsi o contrapporsi senza suscitare scandalo. Adesso, in un panorama politico spaccato nettamente a metà, hai voglia a dire che le ideologie sono morte! Tassazione, immigrazione, omofobia, disuguaglianze sociali... Qui devi decidere se stai di qua o di là, e comportarti di conseguenza!

Il segretario del Patt Simone Marchiori, nel dubbio, sceglie ovviamente il cavallo presunto vincente, perché “il punto fermo è comunque quello che il Patt non farà una corsa solitaria, ma farà parte di una coalizione, perché vuole vincere e tornare a governare”.

E si illude di poterlo fare dignitosamente: “Con Fugatti il confronto è sui valori” - si comincia col dire. E poi: “Il segretario autonomista si aspettava da Fugatti una parola chiara sul fatto che Fratelli d'Italia non fa parte né farà parte della coalizione”. Ma Fugatti, “se n'è guardato bene dal toccare l'argomento”: sarebbe idiota, in effetti, scegliere un Patt sconquassato al posto di un FdI in gran spolvero.

E allora ecco l'idea: il Patt appoggerà Fugatti e non la coalizione. Un appoggio “tecnico”, un'astuzia di breve respiro, che suscita un commento beffardo del cronista: “Il Patt è un partito abituato a guardare al sodo. E dopo aver abbracciato Fugatti, il passo successivo - e naturale - sarà quello di farsi piacere anche Fratelli d'Italia”.

Insomma, allora il Patt va a destra? - chiedono a Marchiori. E lui: “Questo modo di vedere le cose è sbagliato. Non si tratta di destra o sinistra, ma di lavorare per l'Autonomia”. E lo sbandieramento della parola magica chiude il discorso.

Ma l'operazione – ed era prevedibile - provoca dei pesanti contraccolpi: come titolano i giornali, “Il Patt sparisce dal Consiglio comunale” (di Trento), perché il vicesindaco Roberto Stanchina e il consigliere Alberto Pedrotti, in maggioranza col centro sinistra, abbandonano il partito. Ed è verosimile che lo smottamento - del resto iniziato da tempo con gli abbandoni di alcuni pezzi grossi quali Ugo Rossi, Michele Dallapiccola e Paola Demagri - si allarghi ulteriormente, dal momento che il partito autonomista è alleato del Pd in altri comuni: da Rovereto (dove ha un assessore) a Lavis (dove ha il sindaco), a Baselga di Pinè, dove l'autonomista Grisenti è all'opposizione di una giunta leghista. Insomma, “si rischia l'effetto domino”. Con la prospettiva che il Patt si trasformi da partito spesso centrale della scena politica trentina in un modesto portatore d'acqua della destra, dalla quale elemosinare qualche assessorato.

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