A proposito di garantismo
Manconi ha dedicato a Rossanda un ricordo che a prima vista appare bellissimo, ma la scarsa criminalizzazione riservata ai terroristi e invece ampiamente giustificata per Craxi, probabilmente farebbe rivoltare nella tomba Rossanda
Racconto ai lettori di Questotrentino una “storia” che potrà interessare: parla di Rossana Rossanda, ma non solo, anche di un commentatore che l’ha elogiata.
Luigi Manconi ha dedicato a Rossanda su Repubblica del 21 settembre un ricordo che a prima vista appare bellissimo. Rammenta, tra i meriti di Rossanda, quello di aver evidenziato che le Brigate Rosse erano da ricondurre “nell’album di famiglia comunista”; scrisse esattamente che il loro “schema è veterocomunismo puro”. Svelare quella parentela ideologica irritò notevolmente il PCI che preferiva definire “sedicenti” le BR.
Con la stessa schiettezza, Rossanda assume una posizione garantista “rifiutando – scrive Manconi - la mostrificazione dei terroristi e la loro assegnazione alle categorie della psicopatologia”. I crimini delle BR fanno orrore, “ma l’individuo colpevole mai va identificato col suo reato”. Manconi rileva in Rossanda e nella rivista Antigone - che per qualche tempo negli anni ‘80 promosse assieme a lui medesimo - “un’idea garantista del diritto” in eretica dissonanza col “populismo penale” spesso imperante nella sinistra, incuneando in essa “il seme del dubbio e della critica”.
Letto e riletto questo articolo, ci prende un rincrescimento. Quello stesso Manconi che negli anni ‘80 condivideva con Rossanda il rifiuto della criminalizzazione dei brigatisti e della loro assegnazione “alle categorie della psicopatologia”, mostrò invece una inclemenza feroce verso i personaggi coinvolti nella Tangentopoli degli appena successivi anni ‘90, ai quali non venivano per niente concesse le attenzioni garantiste sopramenzionate per i brigatisti. Meritano una rimeditazione profonda – perché invasero la mente e la pancia degli italiani, come Mattia Feltri narra in un libro doloroso, “Novantatre. L’anno del Terrore di Mani pulite” – la parole disumane scagliate da Manconi contro Craxi in un’intervista al Messaggero del 2 luglio 1994: “C’è qualcosa di cupamente grottesco nell’immagine di quell’uomo anziano e malato. Anche la malattia non lo fa apparire più fragile, e con ciò meno sgradevole. Al contrario. La sua sembra proprio quella che, nei racconti per adolescenti, è l’infermità dei ‘cattivi’… la malattia completa crudelmente l’immagine di un uomo che - in una torva solitudine - cova i suoi rancori; quel sarcasmo così appesantito, quell’aggressività così affannosa, rivelano qualcosa di intimamente ‘sporco’”. E conclude con sentenziosità chirurgica: “È una manifestazione patologica. Da sempre le psicosi hanno pesato sulla politica”.
Quella “psicopatologia” criminalizzante che non veniva riservata ai terroristi, per Manconi era azzeccatissima per Craxi.
Se Rossanda potesse rileggere - queste sì - “torve” sentenze di Manconi, si rivolterebbe nella tomba. Sì, perché il suo non dev’essere stato un garantismo a corrente alterna, condiscendente con persone più prossime e inclemente con gli avversari. O almeno così a noi piace intimamente pensare.