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Kebab

Il lato oscuro del sogno

Kebab”, di Gianina Carbunariu, con Chiara Benedetti, Andreapietro Anselmi e Daniele Ronco e diretto da Riccardo Bellandi, andato in scena al Nuovo Teatro Comunale di Pergine, narra la storia di tre giovani romeni che, emigrati in Irlanda con falsi documenti, tentano di dare una svolta alla propria esistenza.

Quella di Bellandi si dimostra una regia vivace, in cui il linguaggio teatrale si incontra con quello cinematografico e non solo per la presenza di elementi video ben confezionati da Giuseppe Zito. Bellandi rivela una rara capacità di dirigere i corpi e la nudità degli attori, conservando un’armonia delle forme ed una plasticità delle scene che ci ricorda il classicismo pittorico o la scultura greca. Le luci si intrecciano ai corpi divenendo, esse stesse, elemento recitativo che ne esalta la forza e la dolcezza nonché l’animalità che, insita nei personaggi, gradualmente emerge fino all’apicale colpo di scena violento eppure quasi atteso.

Un mobile al centro della scena, all’occorrenza letto o divano, è il perno attorno al quale si sviluppa la storia dei tre: dall’adescamento della giovane Madalina da parte del mafioso Bogdan all’omicidio di Magdalina stessa, rimasta incinta, compiuto da Bogdan in perversa alleanza con l’amico studente d’arte Voicu.

La presenza scenica in questo lavoro è importantissima e gli attori superano la prova dimostrando abilità nel plasmare la propria corporeità, sia motoria che strutturale, in base alle richieste del personaggio.

Bellandi sa alternare, mediante variazioni ritmiche incalzanti, scene di violenta attualità a scene oniriche in cui lo psichismo sconvolto dei personaggi emerge mediante stereotipie linguistiche e motorie impressionanti. Lo stato sociale borderline dei tre protagonisti si amplifica in una distorsione della loro interiorità fino a rendere palese come l’inseguimento di un sogno si possa trasformare nella realizzazione di uno stato d’orrore senza confini.

La battuta finale di Bogdan lascia senza fiato: uno schiaffo alle coscienze di tutti quegli italiani che si pensano migliori di “quei delinquenti e di quelle puttane romeni”.

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