Scuola laica o confessionale?
Appunti per un dibattito sulla politica scolastica dopo le norme di attuazione.
Le nuove competenze autonomistiche configurano una occasione di innovazione profonda nel sistema scolastico della nostra provincia. Bisogna però far uscire il dibattito, l’elaborazione, la gestione di questa fase di transizione dai circoli ristretti degli esperti e degli addetti, sottrarli agli automatismi burocratici.
Su quello che è forse il più affascinante capitolo della nuova legislatura provinciale rischiano di proiettarsi le ombre dei vecchi integralismi, delle furberie faziose, dei disegni di potere.
Solo un grande confronto culturale alla luce del sole può costruire solide basi di consenso a una politica scolastica di coraggiosa trasformazione attraverso gli strumenti autonomistici e dissipare le diffidenze lasciate in eredità da decenni di scontri ideologici.
Ci sono diversi livelli di questo confronto che si devono sbloccare al più presto. Nelle scuole, tra gli insegnanti, c’è oggi scarsa informazione e indifferenza mescolata con sospetto, riguardo al nuovo ruolo della Provincia: una larga campagna di discussione e consultazione andrebbe impostata subito, se non si vuol preparare un irrigidimento alla Cobas anche su questo terreno.
Chi ha oggi l’autorità per farlo? Forse potrebbe provarci il Consiglio Scolastico Provinciale, un organo burocratico e grigio quanto si vuole, ma ampiamente rappresentativo.
C’è il livello del dibattito politico e sindacale, dove ci auguriamo che si trovino il coraggio e lo sprint di mettere insieme le forze e le idee, di andare oltre le parrocchie per cercare da subito forme agili e sburocratizzate di elaborazione e confronto. C’è una proposta in materia di Democrazia Proletaria cui diamo tutta la nostra adesione.
C’è infine il livello istituzionale della commissione istituita l’anno scorso dalla Provincia, perché fornisca le linee del nuovo progetto scuola. La sua composizione è tanto ostentatamente di parte che nel nuovo accordo di giunta si riconosce la necessità di un rimpasto.
Al di là dell’opportuna immissione di nuove competenze e punti di vista, ci pare importante che essa possa lavorare alimentata dalle esperienze e dalle proposte che scaturiscono dal mondo della scuola trentino, che non possono considerarsi rappresentate in quella sede semplicemente dalla presenza di tre direttivi dei diversi ordini di scuola.
10 febbraio 1989