Il pieno? Sì, di girasole
La faticosa carriera del biodiesel, carburante vegetale. Da L'altrapagina, mensile di Città di Castello (Perugia).
Era il mese di novembre di otto anni fa, quando Enrico Vincenti ci presentò il suo progetto di produzione del biodiesel da girasole e colza. Il carburante vegetale allora era una novità assoluta per l’Italia e Vincenti e i suoi collaboratori intuirono che quella poteva essere una soluzione interessante nella difficile, ma per altri versi obbligata, strada della diversificazione delle fonti di energia. E vi si buttarono con entusiasmo.
Ma non tutto filò via liscio. Intoppi burocratici, miopia politica, invidie costrinsero gli ideatori del progetto a spostare da San Giustino a Umbertide la cosiddetta "filiera agroenergetica umbra". E Città di Castello e l’Altotevere persero così l’occasione per diventare precursori e testimonial di una iniziativa che ora sta cominciando a riscuotere successi in diverse parti d’Italia. A Forlì, per esempio, una grossa società di pulizie ha messo a biodiesel tutti i suoi mezzi (45 tra camion, falciatrici e furgoni), mentre Dario Fo sta portando avanti, assieme a Franca Rame, una battaglia in favore del carburante vegetale. Ma anche la Regione Umbria ha deciso di stanziare fondi per l’acquisto di bus a biodiesel. E al convegno di Amelia del 27 settembre scorso, alla presenza dell’assessore regionale Ada Girolamini, si è discusso proprio di questo carburante e del suo utilizzo.
"La guerra è finita e i biocarburanti hanno vinto" - ci dice oggi Enrico Vincenti con comprensibile orgoglio. Ma guerra c’è stata, soprattutto da parte delle compagnie petrolifere italiane. Quelle straniere, in particolare le francesi Total e Elf, hanno invece preferito associarsi ai produttori di biodiesel, anziché combatterli. E adesso in Francia al normale gasolio viene aggiunto un 5% di biodiesel. "Ma non è questa la strada da percorrere - dice il nostro interlocutore - quanto piuttosto l’uso di carburante ecologico al 100 per cento".
E la Estereco di Umbertide, di cui Vincenti è fondatore e animatore, per dimostrare che quello del biodiesel non è solo un bel progetto sperimentale, ha deciso di fornire carburante alla Volkswagen Motor Sport Italia per la Golf TDI e la Bora TDI, le due vetture della casa tedesca che corrono nell’European Superdiesel Challenge.
I risultati sono stati eccellenti, tanto che nello scorso anno la competizione è stata vinta proprio da una vettura Volkswagen alimentata a biodiesel.
"Il nostro carburante - ci dice ancora Enrico Vincenti - può essere utilizzato da qualsiasi auto con motore diesel, senza alcun problema. I vecchi camion, invece, devono essere adeguati, applicando loro un apposito strumento ideato dalla Estereco, che costa circa 200 mila lire".
Sul versante dell’inquinamento, che è poi l’aspetto che più ci sta a cuore, il biodiesel è di gran lunga più pulito del carburante che usiamo normalmente. Vediamo qualche dato.
L’olio prodotto da colza e girasole (circa 450 kg. per ogni tonnellata di prodotto grezzo) viene avviato alla raffinazione (esterificazione) dove reagisce con il metanolo; al termine del processo i residui di lavorazione, essenzialmente glicerina, vengono recuperati e utilizzati in campo farmaceutico, mentre il biodiesel può essere subito immesso nei serbatoi. Altri vantaggi del carburante vegetale riguardano la quasi totale assenza di zolfo (0,01% contro lo 0,2% presente nel gasolio), l’emissione di percolato ridotta del 70% rispetto al gasolio, come pure notevolmente inferiori sono risultate le sostanze non combuste (HC) e l’ossido di carbonio. L’unico problema è la presenza di ossidi di azoto, il cui livello è correlato alla temperatura che si sviluppa nella camera di combustione e che ha valori pressoché uguali sia nel biodiesel che nel gasolio tradizionale.
Anche sul versante della sicurezza il carburante vegetale offre maggiori garanzie di quello tradizionale: il suo punto di infiammabilità, infatti, è di 155 gradi, contro i 55 del gasolio.
Eppure, nonostante tutti questi innegabili vantaggi, le case automobilistiche restano scettiche. Franco Ciselli, uno dei dirigenti dei laboratori centrali della Fiat Auto, in un’intervista al Venerdì di Repubblica si è dimostrato molto cauto sull’uso di biodiesel. "Un momento - replica Vincenti - non tutte le case automobilistiche sono scettiche: la Volkswagen, per esempio, sta collaborando con noi al progetto corse e usa il nostro carburante che considera il migliore d’Europa. Ma anche la Volvo si sta incamminando in questa direzione e vedrete che, buona ultima, arriverà anche la Fiat".
Ma, quando si parla di biodiesel, va tenuto presente un altro elemento molto importante: l’integrazione con il territorio. E per l’Altotevere lo sviluppo del biodiesel significa anche crescita delle colture oleaginose, che possono affiancare in maniera sempre più significativa quelle tradizionali. "Anche da questo punto di vista - dice Vincenti - sono state fatte delle ottime cose, grazie anche al contributo determinante di tutto il movimento Verde, da Wwf e Legambiente fino al partito dei Verdi".
Il vero punto debole del biodiesel riguarda il costo. Esso infatti è di poco inferiore a quello del gasolio normale, ma solo se lo stato non vi applica la tassa sul carburante, che altrimenti lo farebbe schizzare a prezzi astronomici. L’esenzione attualmente è prevista soltanto per 125.000 tonnellate, mentre la capacità di produzione delle sette aziende italiane è di circa 500-600.000 tonnellate (Estereco produce 35 mila tonnellate).
"È vero - replica Enrico Vincenti - se si applica la tassa sul carburante il biodiesel va fuori mercato, però non bisogna dimenticare che attivare la filiera dei biocarburanti significa anche aumentare la produzione agricola, quindi l’occupazione e di conseguenza il gettito fiscale. Insomma, lo Stato potrebbe recuperare per altra via il minor introito causato dalla mancata applicazione della tassa. E poi, non dimentichiamolo, con il carburante vegetale si tutela l’ambiente".
E se qualcuno decidesse di far funzionare la propria auto a biodiesel dove dovrebbe andare a rifornirsi? Questo è l’altro punto debole del biocarburante: attualmente in Italia, a differenza che in Germania, non ci sono distributori di biodiesel e il carburante viene venduto quasi esclusivamente a enti pubblici. Ma se qualcuno fosse interessato, potrebbe comunque consorziarsi con un gruppo di altre persone e ottenere così il permesso per installare un serbatoio e stipulare un contratto di rifornimento.