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Adolfo Wildt o del dolore

L’autenticità di un artista che è riuscito a sintetizzare l’espressionismo con la classicità.

Una mostra dalla tonalità decisa ce la offre l’ormai collaudata organizzazione di Palazzo Martinengo a Brescia che in questi ultimi anni ha registrato una notevole impennata nel numero di visitatori grazie all’alta qualità delle sue proposte. Già nell’allestimento raffinato delle prime sale, in un’atmosfera straniante di luci ed ombre in cui sono immerse le sculture di piccolo formato prodotte dal milanese Adolfo Wildt, è possibile cogliere la mano e lo spirito di un artista-artigiano originalissimo, ma anche attento alle cose migliori che tra fine Ottocento ed inizi del nuovo secolo venivano prodotte nel Centro e Nord Europa. Erano, questi, gli anni di Segantini e di Previati in pittura, del Classicismo e del Simbolismo di scuola nordica, visionari quanto basta per affermare una modalità sofferta della realtà del mondo. Ai rumori e alle luci della festa che provengono dalla capitale francese (Impressionismo) Wildt sembra non fare caso, annota il suo passeggero sostare, ma contrappone il sorriso vuoto dello stolto, la "Maschera dell’idiota". Qualche anno prima aveva realizzato il suo primo capolavoro, "La vedova (Atte)", volto chiuso nel silenzio e nella malinconia, giocato tutto sulle evanescenze chiaroscurali senza addobbi retorici, principio in nuce della sua concezione estetica a cui aggiungerà altri elementi rivendicando il "diritto di contorcere, di alterare un organo, se questa alterazione darà al mio lavoro un’espressione più forte. Io accresco un muscolo al di là del normale, quando voglio esprimere un sentimento che, nella gioia o nella sofferenza, è anch’esso al di là del normale... Scolpire significa immettere lo spirito nella materia".

Una volta affermati, questi principi poetici daranno luogo a una serie di straordinarie composizioni come l’Autoritratto, l’impressionante maschera tragica del Prigione, il bellissimo bronzo dell’Uomo Antico dalle reminiscenze klimtiane - che si faranno più esplicite nella serie di disegni che accompagnano il visitatore di sala in sala - o nell’utilizzo della linea marcata, della decorazione (lacrime che si tramutano in stelle) e dell’oro come nel caso di alcune sculture dal titolo emblematico: "L’anima e la sua veste", "La Vittoria" che "ha il senso del volo e il senso di spasimo"...

I volti sempre più scavati fanno pensare ad alcune figure di Casorati, le sculture cominciano a perdere peso; basterà un volto reclinato sull’elsa di una spada a trasformare il segno in racconto, o un’arcata alla Piacentini perché un’incredibile Incarnazione di impianto gotico-metafisico si possa naturalmente materializzare per tocco (la mano dell’Angelo posata sul ventre di Maria).

Nel 1922 Wildt apre a Milano la "Scuola del Marmo" a frequenza serale e gratuita, raro esempio in Italia di istituto d’arte fondato da un artista; qualche anno più tardi sarà chiamato a Brera e di lì a poco si iscriveranno Fontana, Melotti, Broggini, Pepe... artisti che riconosceranno anche a distanza di anni il debito nei confronti del maestro. Le ultime sale della mostra documentano con opere sceltissime questa filiazione.

La mostra di Wildt rimarrà aperta fino al 25 aprile 2000 a Brescia, a Palazzo Martinengo.

Nel rammarico di una visita mancata alla mostra di Italo Bressan presso la Galleria Arte ’92 in via Moneta a Milano, a due passi dall’Ambrosiana (ho sperato nella buona sorte in una domenica senza automobili), trovo utile e doveroso, comunque, segnalarne la presenza fino al 5 marzo. Per ritornare a quella domenica, mi è sembrato opportuno rivedere la vicina pinacoteca creata dal cardinale Federigo Borromeo, ma a tratti, devo aggiungere, mi venivano alla mente alcuni precedenti lavori di Bressan, nonché le suggestioni ultime della mostra che si tiene in questi giorni a Trento alla galleria Il Cenacolo, i suoi preziosi colori dalla fluidità emozionale notevolissima, colori che creano una miracolosa mediazione tra il torbido, la mescolanza che sottende alla creazione artistica ed il deposito, i veli e i fiori d’acqua fino agli strati trasparenti che si distendono ormai rasserenati alla superficie.

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