Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Quando è troppo è troppo

Loredana Squeri

Aveva dovuto ammettere anche con se stesso che Fidel Castro era un dittatore e Cuba un’isola d’infelicità (per fortuna il Che era morto prima di dover arrivare alla stessa sconsolante conclusione). Negli edonistici anni ’80 aveva toccato con mano la potenza comunicativa e seduttiva del look giusto, imparando gradualmente e non senza fatica a declinare accessori e ton sur ton con risultati apprezzabili. Vinto il tabù del puntare in borsa e visto lo spegnersi di ogni orizzonte rivoluzionario e sol dell’avvenire, si era appassionato alla costruzione e difesa del proprio piccolo e sudato capitale, che non aveva mancato di dargli buone soddisfazioni. Tutto al contrario del partito, che un tempo lo aveva custodito in una calda coperta di condivisione sociale, per poi mollarlo insieme a milioni di altri illusi nel mare del libero mercato senza ciambella di salvataggio. Dove per forza aveva dovuto imparare a nuotare e a costruirsi una zattera, in attesa del fatidico invito su uno yacht che lo avrebbe messo a posto definitivamente. Non come ora, che si trovava ancora a condividere un maleodorante autobus cittadino, sebbene munito di palmare e mocassini italian style.

Non ricordava nemmeno, quella mattina di prima estate, in che anno aveva sfilato l’ultima volta in corteo dietro bandiere rosse, ma un istinto che nessuno avrebbe mai potuto cancellargli lo fece sobbalzare a un tratto. Dalla portiera riservata all’uscita, spingendo in malo modo i passeggeri pronti per scendere, quattro ragazzotti teste rasate saltarono su urlando Viva il duce, ridendo e bevendo birra a collo. Quando l’autobus ripartì si lanciarono verso il fondo facendo finta di essere sbilanciati e approfittandone per pestare piedi e dare spintoni a destra e a sinistra.

Scontrarono anche lui, che avrebbe voluto cazziarli a dovere, dato che erano di sicuro minorenni, ma non aveva voglia di rogne. Si guardò in giro: uomini sotto i cinquanta erano in tre lui compreso, poi solo pensionati, casalinghe e ragazzetti tranquilli. Uno nero come il carbone. Dopo aver recuperato l’equilibrio, i quattro si guardarono intorno un attimo e lo puntarono come cani da preda. Sapeva già come sarebbe finita, ma cominciava a ribellarsi all’idea con tutto se stesso.

 “Guarda, c’è una scimmietta!”, disse uno che assomigliava all’anello di congiunzione mancante.

“Ciao, Bingo Bongo- proseguì un altro sdentato e brufoloso- ce l’hai il permesso di soggiorno?”

Nessuno parlava, tanto meno il nero, ma gli sembrava di sentirne il respiro affannoso di rabbia e di paura.

“Cazzo, dico a te, ce l’hai il premesso di soggiorno?”, ripetè mettendogli una bottiglia sotto il naso.

Avrebbe voluto guardare fuori dal finestrino come gli altri passeggeri, avrebbe voluto evitare di fare l’eroe del momento a prezzo del naso sanguinante o peggio. Chissà come, gli venne in mente un film con Gassman e Sordi alla Prima Guerra Mondiale. I due sono poveri cialtroni prigionieri degli austriaci. Devono collaborare col nemico per salvarsi. Gli austriaci ridono della nota vigliaccheria degli italiani, allora il personaggio interpretato da Gassman ha uno scatto d’orgoglio e sibila in faccia al teutonico: “Invece non ti dico niente, faccia di merda”.

“E voi ce l’avete il permesso di rompere il cazzo?”

I quattro cercarono intorno l’autore dell’affronto. Sull’autobus ancora silenzio. Si avvicinarono all’uomo distinto con un certo timore, nonostante tutto. Appena li vide muoversi a un cenno, non aspettò di essere il primo a prenderle e mirò alle parti basse del più vicino. Steso sul pavimento, qualche minuto prima di svenire, fece in tempo a vedere due pensionati dall’aria innocente (tipici umarel del Crescentone) scambiarsi istruzioni con lo sguardo. Dai sacchetti della spesa estrassero due bombolette di Cillit Bang e si lanciarono all’assalto al grido “Fascisti, ci avete rotto i maroni!”. Si chiese sprofondando nel buio come avrebbero riferito il fatto i giornali cittadini.

Loredana Squeri vive a Chiavari. Ha vissuto a lungo a Bologna, dove si è laureata in Lettere Classiche. Appartiene alla scuola bolognese del Giallo e nel 1991 è stata premiata al Mystfest di Cattolica. Ha scritto il romanzo La volpe e la luna. (2000, ZONA). Sue poesie e suoi racconti sono apparsi su antologie, sulle riviste Thriller Magazine, Linus e L’agave e sui quotidiani La Repubblica e La Gazzetta di Parma.

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Pane e vino
Elena Vesnaver
Italandia
Bruno Zaffoni*

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.