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TAV del Brennero, il dialogo negato

Ing. Paolo Mayr

Tra i fautori e gli oppositori alla progettata nuova ferrovia Verona-Brennero, prevalentemente in galleria, denominata T.A.V. o T.A.C., le posizioni sembrano inconciliabili. Peraltro, in nessun incontro pubblico promosso dai NO TAV, mai si sono presentati i SI TAV. Da una parte ci sono gli organi di governo nazionale e provinciale che ipotizzano una crescita iperbolica del traffico merci sull’asse nord-sud del Brennero, un decisivo passaggio dalla gomma alla rotaia ed un conseguente transito giornaliero di 300 treni, per il ministro Graziano Delrio addirittura di 400;

ne deriverebbe la necessità della costruzione di una nuova linea ferroviaria lungo le valli dell’Adige e dell’Isarco, considerando la linea ferroviaria attuale incapace di sostenere un tale incremento del traffico. Ma è prassi consolidata, da parte di chi voglia autorizzare un progetto, ingigantire le valutazioni di base, in modo da rendere necessaria ed improcrastinabile la sua realizzazione.

Dall’altra parte, gli oppositori al progetto governativo considerano una più realistica crescita del traffico merci su rotaia e la possibilità di utilizzo della linea attuale, grazie al potenziamento-ammodernamento dei convogli (da 550 a 750 tonnellate/treno), al controllo digitale, all’organizzazione dei giorni operativi da 250 a 350 giorni l’anno, alla protezione acustica negli abitati, alla suddivisione del traffico nei vari valichi alpini, all’equiparazione dei pedaggi autostradali a quelli svizzeri ed austriaci, alla modifica dei tratti con caratteristiche tecniche carenti per pendenza eccessiva e/o raggi di curvatura troppo stretti (sostanzialmente solo nel tratto Fortezza- Ponte Gardena).

Sulla linea attuale, con questi interventi, si potrebbe incrementare la portata annua attuale, pari a circa 14 milioni di tonnellate, fino a circa 40 milioni di tonnellate, cioè a triplicarla.

La protesta è forte e documentata, ma a questa i proponenti non rispondono. Essi stanno silenziosamente attendendo che i trentini si stanchino di protestare per pigrizia o per opportunismo o perché non ancora consapevoli dei danni irreversibili che la nuova linea, così come progettata, potrebbe causare e dell’enorme consumo finanziario, energetico, ambientale. Sulle nostre brevi distanze tra le stazioni dei capoluoghi quello che serve non è la velocità, ma l’organizzazione, il rispetto degli orari e l’ammodernamento dei convogli.

La linea ferroviaria attuale è in piena efficienza; essa è stata progettata e costruita egregiamente e gestita attentamente, prova ne è che i suoi manufatti richiedono molti meno interventi rispetto a quelli stradali.

Le previste gallerie si addentrerebbero in versanti montani ricchi di un prezioso sistema idrico, che verrebbe sconvolto alterando o annullando la portata di molte sorgenti.

L’enorme quantità di roccia scavata, circa 20 milioni di metri cubi, andrebbe a riempire vallette e coprire vaste superfici agricole, annullando le loro produttività.

È necessaria la coerenza e la larghezza di veduta degli atti pubblici, passando dal livello regionale a quello internazionale. Siamo in un mondo ormai troppo stretto, dobbiamo contenere i consumi energetici per ridurre la produzione di gas che alterano il clima.

Dobbiamo ripensare quindi le grandi opere energivore e limitarci a razionalizzare l’esistente. Con le ormai ridotte risorse ambientali e finanziarie a disposizione dobbiamo far fronte alle richieste sociali più distribuite e necessarie.

La decisione da prendere è dunque di grande impegno e responsabilità. Il dialogo invece è inspiegabilmente negato ed anche il promesso “Osservatorio”, di ben poche possibilità operative, non entra ancora in azione.

Abbiano quindi i politici ed i tecnici al loro servizio il coraggio di testimoniare la vera politica. In democrazia si discute, non si impone il fatto compiuto.

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