“Mozart/Aqua”
Nelle intenzioni una contaminazione tra la leggerezza mozartiana e quella dell'elemento acquatico; nei fatti questo del Balletto dell'Esperia risulta uno spettacolo accademico, dalle ondivaghe scelte di fondo.
Titolo pieno di promesse - in parte purtroppo disilluse - quello dello spettacolo portato in scena a Trento dal Balletto dell’Esperia, giovane compagnia torinese d’adozione ma contaminata dalla presenza di diversi danzatori di formazione internazionale, tra i quali lo stesso direttore e coreografo Paolo Mohovic.
Le attese erano in effetti molte nei confronti di questo connubio potenzialmente esplosivo tra la spensieratezza delle partiture mozartiane e la leggerezza dell’elemento acquatico, fonte d’ispirazione per numerose creazioni nell’ambito della danza contemporanea. Difficile però scegliere se opporsi alla musica incalzante del genio salisburghese o se assecondarla nei suoi fantasiosi e rapidi guizzi espressivi; Mohovic decide di optare per la prima soluzione, anche se la scelta non è in fondo così netta e la solida formazione classica dei danzatori sembra quasi remare contro, spingendoli -per una non del tutto assopita affinità elettiva- a seguire le note piuttosto che a contrastarle.
Ne risulta un’interpretazione ibrida, in grado talvolta di autoironizzare su se stessa (come nel caso dei due "cigni" neri in tutù) ma che risulta in generale un po’ troppo fredda ed accademica e che, forse proprio perché costretta tra le rigidità e i formalismi di un’impeccabile esecuzione tecnica, stenta a decollare dal punto di vista comunicativo.
Già in "Allure", pezzo di apertura della serata, emergono tali limiti espressivi, che a ben guardare non sono altro che il portato di una precisa scelta estetica, tesa a mettere in luce le doti dei danzatori in un’atmosfera rarefatta e connotata da una sottile ricerca formale: danza di linee, di pose plastiche e di incastri quasi meccanici, che si inserisce a pieno titolo nel solco delle ricerche della post modern dance americana di fine Novecento (non a caso la compagnia torinese è nota al pubblico degli appassionati anche per le reinterpretazioni di alcune coreografie "classiche" del repertorio contemporaneo, come l’intramontabile "Steptext" di William Forsythe).
Entrambe le coreografie risultano estremamente asciutte ed essenziali in termini di luce ed effetti scenografici; unica suggestione accessoria al nitore della danza qualche raggio blu ed i "suoni acquatici" campionati da Mohovic, che ambiscono a creare uno spazio liquido ed avvolgente introno ai danzatori, i cui corpi si trasformano assumendo sembianze marine, anche se - come in fondo sottolinea il titolo stesso della creazione - i due mondi, quello acquatico e quello mozartiano, tendono a rimanere due entità complementari ma nettamente separate.