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Libertà per Abdullah Öcalan

A vent'anni dalla sua cattura una mobilitazione generale per la sua scarcerazione del dissidente curdo

Walter Ferrari
Due immagini di Öcalan a distanza di anni

A partire dal primo novembre le organizzazione del popolo curdo sparse per il mondo hanno indetto una mobilitazione generale per sensibilizzare su quanto sta avvenendo in Turchia e nel nord della Siria dopo la sconfitta, ormai un anno fa, dell’Isis. In particolare denunciano la politica di feroce repressione interna del governo turco che non ha colpito solo i curdi ma anche intellettuali e giornalisti democratici, come pure le azioni militari contro i curdi condotte dalla Turchia fuori dai propri confini. Emblematica a questo proposito l’occupazione di Afrin, effettuata attraverso il riarmo dei miliziani dell’Isis che erano stati sconfitti al prezzo di sanguinosi combattimenti dalle formazioni armate curde e yazide, come pure i continui tentativi di eliminare quella importante esperienza costituita dalle zone liberate del Rojava.

L’iniziativa di cui sopra è legata anche alla campagna per la libertà del leader curdo Abdullah Öcalan, tutt’ora rinchiuso in una prigione nell’isola di Imrali, nel 20° anniversario della sua cattura.

Vale la pena ricordare che egli fu costretto a lasciare Damasco il 9 ottobre 1998 per cercare rifugio prima in Grecia e poi in Russia ma, mentre sia il Parlamento greco che la Duma russa votavano affinché gli fosse concesso l’asilo politico, i rispettivi governi fecero di tutto per non giungere a tale soluzione. Fu così che il 12 novembre 1988 fu costretto a lasciare Mosca e su invito di Raul Mantovani, allora deputato di Rifondazione Comunista, approdò a Roma. Da un paio di mesi era Presidente del Consiglio D’Alema che, cedendo alle pressioni di circoli influenti dell’economia italiana, si rifiutò di trattare il caso secondo le regole di uno stato di diritto. In particolare fu violato uno dei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale che all’art. 10 stabilisce: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Il leader curdo fu così costretto a lasciare l’Italia e tornare a Mosca, da dove sarà poi condotto in Kirghizistan e nuovamente in Russia, a San Pietroburgo, ormai prigioniero. Successivamente verrà imbarcato su un aereo diretto ad Atene e da qui trasferito nell’ambasciata greca a Nairobi, in Kenia, dove il 15 febbraio 1999 sarà consegnato ad un commando di uomini armati che, dopo averlo legato e imbavagliato, lo trasferiranno a Cipro da dove il 16 febbraio sarà imbarcato per raggiungere l’isola di Imrali nella cui prigione da allora è detenuto. Nonostante ciò, egli non ha mai cessato di essere guida per la parte sana e combattiva del popolo curdo e questo spiega la campagna avviata per la sua liberazione.

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