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QT n. 11, novembre 2018 Cover story

Si volta pagina

La stagione del centro-sinistra è finita. Per andare dove?

Democrazia Cristiana, Andreotti, Dellai, Pacher, Rossi... dopo 70 anni di sostanziale continuità, la mattina del 22 ottobre il Trentino si è trovato di fronte a una novità politica radicale: la Lega al governo. Si è trovato? No: ha voluto. L’elettorato, fin dalle elezioni nazionali di marzo, nei sondaggi, nei servizi giornalistici, aveva, ripetutamente, costantemente espresso un’intenzione chiara: chiudere con un’epoca, girare pagina.

Sulla cecità del ceto al governo, sulla sua incapacità non solo di fare autocritica, ma anche di cogliere la realtà, parliamo nell’editoriale e nell'intervento di Piergiorgio Cattani. La scomparsa di un perno di quella realtà – l’UPT – incapace di trovare un senso alla propria esistenza dopo il tramonto del fondatore Dellai; e l’ossificazione del partito maggiore – il PD – che non riesce a liberarsi di un ceto dirigente incapace perfino di dare una lettura minimamente sensata della propria sconfitta, sono i dati del dopo elezione e al contempo una delle chiavi di lettura dello stesso voto.

Il re è nudo: nella gazzarra post-elettorale si è certificata a posteriori, se ce ne fosse stato bisogno, l’inadeguatezza di un ceto al potere. Anzi, questo ridicolo balbettio, questa penosa arrampicata sugli specchi (“Si modificano all’uopo perfino le regole dell’addizione” commenta con dolente sarcasmo Cattani) nel tentativo di dimostrare di essere, come ceto e come singoli, politicamente ancora vivi, quando in realtà si è stati testé sepolti, finisce con il non rendere pienamente ragione a una lunga stagione politica, che ha avuto anche tanti aspetti positivi. Una stagione che è finita anche per motivi fisiologici, per il desiderio di cambiare, rispetto a un potere che si riteneva inamovibile e che invece veniva percepito, e che spesso era, arrogante, centralmente e nelle diramazioni locali. E anche qui l’incapacità di prendere atto della realtà, e la volontà di rimanere comunque, come singoli, in sella, è un’ulteriore verifica - a cose fatte – della necessità di un ricambio. Si è dunque girato pagina. Per andare dove? Questo è il problema.

La debordante vittoria di Maurizio Fugatti (ricordiamo: 46,7% dei voti, 21 consiglieri su 35, primo in tutte le Comunità) e della sua Lega (27% e 13 consiglieri) relega in secondo piano non solo gli oppositori, 5 Stelle compresi, ma anche i tanti e troppo frammentati alleati (tranne Civica Trentina, che ha 2 consiglieri; tutti gli altri sono monorappresentati). In questa situazione il leader, anzi il dominus è Fugatti, e tale rimarrà per 5 anni, a meno di rivolgimenti oggi non ipotizzabili.

Porterò cambiamenti, non rivoluzioni” si è subito sentito in dovere di assicurare il neo eletto presidente. Il quale d’altra parte, in tutta la campagna elettorale aveva assunto un profilo basso, accuratamente evitando le sparate, compito peraltro svolto, con l’usuale e finora fortunata sfrontatezza, dal leader maximo Salvini. La moderazione di Fugatti è stata interpretata come atteggiamento tattico: in sicuro vantaggio secondo tutti i sondaggi, non voleva dissiparlo con mosse azzardate; insomma faceva melina, lasciando al capo il compito di scaldare gli animi e andare all’attacco.

Ora però non potrà più limitarsi a fare la (comoda) parte del poliziotto buono. Anche se la moderazione sembra essere, compatibilmente con l’appartenenza a un partito muscolare, costitutiva di Fugatti. Ragionevole, preciso, preparato, lo descrivono gli altri parlamentari trentini, non del suo schieramento. Gli abbiamo riferito questo giudizio il giorno della vittoria, aggiungendo “Speriamo che abbiano ragione”. “Lo spero anch’io” - ci ha risposto.

Sarà il tempo, ovviamente, a giudicare. Intanto gli poniamo alcune questioni preliminari, che possono essere indicative dell’avvio di una nuova legislatura.

  1. Prima questione: la rottura con il passato, rispetto al quale ci sarebbe da operare una rottura scomoda. Il rapporto, insomma, con i locali, ingombranti poteri forti.

    Ritiene che la Pat debba intervenire per risolvere l’invenduto alle Albere? Magari finanziandovi un’espansione dell’Università?

  2. Seconda questione, centrale nella campagna elettorale, nel rapporto Lega-elettorato. Ma anche decisiva per definire il grado di civiltà di un territorio: la xenofobia. Al di là di differenti valutazioni su cosa sia il buonismo e il cattivismo, noi sommessamente non riteniamo che una società che perda l’umanità possa essere minimamente giusta e felice. Sull’argomento, per evitare le affermazioni generiche, abbiamo posto un tema specifico.

    Leggiamo che, per l’accesso alle graduatorie Itea, al fine di parificare gli obblighi tra stranieri e italiani, lei intende “introdurre la necessità di presentare la certificazione sulle proprietà immobiliari all’estero. Ma chi scappa dalla Siria, o dall’Afghanistan, o da Boko Haram in Nigeria, quale documentazione potrà mai presentare? E più in generale, è sensato ipotizzare che chi lavora ai livelli più bassi in Italia, abbia piantagioni in Tanzania? Dove oltretutto non ci saranno uffici del Catasto adeguati? Insomma, norme del genere, non rischiano di essere solo vessatorie? Lontane da ogni principio di umanità?

  3. Un terzo punto riguarda ancora l’immigrazione, ma nel contesto più ampio della denatalità. E concerne quindi il lavoro, i servizi, la propensione verso il futuro di una comunità. “Vasto programma” avrebbe detto De Gaulle. Però da qualche parte bisogna pur cominciare. Ordunque, a una delle nostre 20 domande sul tema, Fugatti, allora candidato, aveva risposto che i vuoti creati dalla denatalità non andavano colmati con l’immigrazione, ma attuando “azioni per ‘una riduzione efficace del fenomeno” (la denatalità).

    Quali sono e in che tempo saranno effettive?

  4. Infine, ancora sulla differenza tra il dire e il fare, le promesse, la loro praticabilità, l’orizzonte complessivo:

    Lei prospetta la Valdastico, la terza corsia dell’A22 e una lunghissima serie di lavori stradali. Ammesso che ci siano fondi per tutto questo, dove si trovano quelli per le ferrovie? Lo spostamento del traffico su rotaia viene rimandato alle calende greche?