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QT n. 9, settembre 2024 Servizi

I guai di Giovanni Bort

Dall'inchiesta in Campania, che rischia di costare molto cara a Seac, alla mancata presidenza della Camera di Commercio

Avete presente il famoso effetto farfalla? Quello per cui un battito d’ali di farfalla in Amazzonia provoca un tornado in Texas? Ecco, nella storia che andiamo a raccontarvi non è propriamente un battito d’ali quanto piuttosto un macigno, caduto a Salerno un anno fa, che ha provocato un piccolo terremoto economico/politico a Trento il mese scorso.

Partiamo dalla fine, per ora, della storia e parliamo dalla recente elezione del presidente della Camera di Commercio di Trento.

Ad agosto scorso cadevano le elezioni per il rinnovo di presidenza e giunta esecutiva della Camera, uno dei regni di Giovanni Bort, potente presidente della stessa Camera da anni, nonché “padrone” indiscusso di Seac, la grande società di consulenza contabile e fiscale emanazione dell’Unione Commercio e Turismo. A cui si aggiungono incarichi vari, tra Trento e Roma, in associazioni di categoria e consigli di amministrazione. E’ oggi il massimo esponente di quel ceto burocratico – i “culi di pietra” li chiamavamo, con linguaggio sbarazzino - che già negli anni ‘90 denunciavamo soffocasse il Trentino (vedi “I culi di pietra e la loro guerra” del 24/10/1998).

Nel mondo statico dell’imprenditoria trentina, tutto pareva già scritto: ad inizio agosto Bort veleggiava sereno verso una riconferma al vertice della Camera per la terza volta. Quasi una non-notizia. Lo davano per scontato i giornali e altrettanto si faceva nei corridoi di Seac.

Ma il pomeriggio del 7 agosto, al momento del voto, Giovanni Bort ritira a sorpresa la sua candidatura e indica come suo successore Andrea De Zordo, un novellino della politica associativa, da poco diventato presidente degli Artigiani. Che viene però dovutamente eletto, a conferma della “presa” che comunque Bort mantiene sui voti degli associati. E non solo. In quel momento si dovevano eleggere anche i membri della giunta esecutiva della Camera, che esprimono di fatto la rappresentanza dei vari settori economici. Dovevano, per consuetudine e accordi preventivi stipulati tra loro, esserci tutte le associazioni di categoria. Ma a quel punto, invece, una coalizione tra Confcommercio (sempre Bort), Artigiani e Agricoltori propone una lista di candidati che ramazzano tutti i posti in giunta, lasciando fuori Confindustria e Confesercenti, che sono, soprattutto la prima, più o meno un terzo del Pil trentino.

Cos’è successo? Perché Giovanni Bort ha fatto questa cosa? Imprenditori e politica sono ugualmente perplessi, non hanno risposte. Unica cosa certa: la regia dell’intera operazione è chiaramente firmata da lui.

Bort, Ebner, Manzana e il Superbonus

Le teorie d’agosto avanzano e la più banale è che all’origine ci sia stata la ruggine personale tra Bort e Fausto Manzana, presidente di Confindustria.

In effetti lo scontro a distanza tra Bort e Manzana va avanti da tempo. Perlomeno da quando quest’ultimo, due anni fa, è riuscito nell’impresa di far uscire un nuovo quotidiano, il T, che ha rotto il monopolio informativo dell’Adige.

Cosa c’entrano i quotidiani, chiedete? Beh, probabilmente vi sfugge che Giovanni Bort è consigliere d’amministrazione dell’Adige. E che il suo ruolo è quello di fido scudiero del padrone, il potente imprenditore/ex senatore SVP/presidente della Camera di Commercio di Bolzano, Michl Ebner.

Bort di Ebner è sicuramente il più saldo alleato in Trentino. Al suo fianco senza se e senza ma. Tanto, per esempio, da “accompagnarsi” ad Ebner nell’operazione di acquisto di TV33, nella quale peraltro Seac, attraverso la controllata Ixora, compra i tre quarti delle quote, accollandosi così gran parte dei relativi costi di funzionamento. Ma sul chi sia che prende le vere decisioni per la Tv non abbiamo alcun dubbio: Michl Ebner non è uomo da infilarsi in situazioni in cui di fatto non comanda lui.

Quindi lasciar fuori Manzana dalla giunta camerale, dice la versione della difesa, è uno schiaffo personale in faccia all’editore de il T, fastidioso concorrente di padron Ebner, e niente altro. Manzana ci rimane malissimo e reagisce ancor peggio, ritirando la sua organizzazione dal Coordinamento Imprenditori, l’organismo di raccordo operativo tra tutti i settori dell’economia trentina.

Ma questo comunque non spiega l’inusitato ritiro al fotofinish dalla (sicura) elezione per la presidenza della Camera di Commercio, che ha lasciato davvero tutti di stucco.

La nostra ipotesi invece parte da lontano. Da Salerno, appunto.

Facciamo un passo indietro fino a luglio dell’anno scorso quando al palazzo della Seac in via Solteri si presentano i finanzieri, mandati dalla Procura di Salerno, cercando la sede legale di una società che si chiama Efficient Building. Devono consegnare un avviso di garanzia a Mauro Bonvicin, presidente del consiglio di amministrazione della società, nonché uno dei vice di Bort in Seac e presidente di categoria dei grossisti.

L’accusa è truffa aggravata, per quello che i pm campani ritengono un giro di fatture false fatte per riscuotere il famoso 110. Con l’avviso arriva anche un maxisequestro cautelativo. La Finanza ha un ordine di sequestro di circa 40 milioni di euro, la gran parte parte a carico di Efficient Building e un’altra parte a carico di una cooperativa sociale che aveva affidato ad Efficient Building la gestione di un maxiappalto in provincia di Salerno, nel comune di Laviano.

Ma dovete sapere che Efficient Building è una creatura di Seac/Bort. La società, infatti, viene fondata nel 2021 come strumento per infilarsi nel lucroso mercato dei crediti del Maxibonus 110. La proprietà è divisa più o meno equamente tra Seac, una piccola quota a Delta Informatica e l’altra grande fetta ad una neocostituita società forlivese, Green Light holding, proprietà di un giovane architetto del posto. Ma i soldi per entrare nel mercato del 110 sono di Seac, che infatti ad oggi è in credito verso Efficient Building di circa 16 milioni di euro. E Giovanni Bort rappresenta l’azionista Seac dentro la Efficient Building.

Come funzionava l’affare cerchiamo di spiegarvelo il più semplicemente possibile.

La società doveva acquistare, dopo attente verifiche, crediti fiscali provenienti dai lavori edili fatti con il superbonus per poi rivenderli guadagnando sulla differenza di prezzo che riusciva a spuntare. Niente di male. È quello che hanno fatto in tanti, le banche e le Poste in primis.

Nel caso della società di Seac, però, si va un po’ oltre: Efficient è anche incaricata di fare da general contractor, ovvero di essere il gestore di tutti gli acquisti necessari per fare i lavori, dai materiali, agli incarichi alle imprese edili. Acquisti che avrebbe pagato di tasca sua (le tasche sono ovviamente quelle della Seac) per poi vederseli trasformati in crediti fiscali.

Le attente verifiche sono il punto dolente della questione. Perché non sempre il credito fiscale che si reclama in base al 110 viene poi convalidato dall’Agenzia delle Entrate. E se il tuo committente, come nel caso in questione, i soldi per pagarti i lavori non li aveva e non li avrà mai, tu rischi. Le verifiche sull’attento rispetto di condizioni e procedure sono lo snodo cruciale per non correre questo rischio.

Fausto Manzana

Il Villaggio anti-stress

L’operazione su cui indagano i pm campani riguarda la ristrutturazione radicale di circa 300 casette prefabbricate nel comune di Laviano, un borgo nell’alta valle del Sele, a 70 chilometri da Salerno. Casette costruite per gli sfollati dopo il terremoto in Irpinia che distrusse il vecchio paese. Oggi una parte di quelle casette, che sono in tutto oltre 450, sono già state trasformate in case-vacanza che il Comune affitta a pochissimo prezzo, ma che chiama pomposamente “Villaggio anti-stress”. Però per Laviano sono un veicolo di piccolo turismo, importante in un paese preappenninico di mille e 300 abitanti.

Il Superbonus è l’occasione perfetta per ristrutturare tutto a costo zero. Quindi il Comune affida l’intera operazione ad una cooperativa sociale di Bernalda, provincia di Matera, la Polis Mathera. Qui c’è una cosa strana, sulla quale stiamo indagando, per ora con pochi risultati: un’operazione complessa come questa viene affidata ad una cooperativa sociale che si occupa di rifugiati, assistenza e simili.

Vero che poi la cooperativa avrebbe dovuto gestire il Villaggio anti-stress anche per fini di turismo sociale. Ma la Polis Mathera non sembra avere le spalle necessarie per un’operazione così imponente: ha un patrimonio netto di 230 mila euro e un dipendente fisso, più qualche stagionale. Inoltre di Polis Mathera non si trova in rete - né un sito nè un numero di telefono.

In ogni caso è Polis che decide di affidare la cosa a Efficient Building. Ed è Polis che riceve le fatture di Efficient, le accetta e permette così la creazione del credito fiscale che torna indietro a Trento come forma di pagamento.

I pm di Salerno dicono però che niente di concreto è accaduto: a fronte di 32 milioni di euro di crediti fiscali finora reclamati, ci sono stati lavori solo su una decina di casette.

Qui dobbiamo dire la nostra, anche se i pm sembrano pensarla diversamente. È la logica che ci spinge a dubitare che, qualunque cosa sia successa, ci sia stata la volontà di ordire una truffa.

Andrea De Zordo

Non perché pensiamo di aver a che fare con l’Uomo Onesto: semplicemente siamo convinti che un soggetto economico come Seac ha una visibilità e consistenza economica tale da rendere non conveniente rischiare di truffare il fisco.

In ogni caso i pm a luglio 2023 mettono sotto indagine tutti: non solo i trentini e i lucani, ma anche il sindaco di Laviano e i fornitori di cui Efficient si era servita. A Trento il colpo viene sentito, ma Bonvicin si dice fiducioso di poter chiarire e viene lasciato al suo posto.

Dalla Basilicata invece contrattaccano e accusano Trento: “Abbiamo richiesto i documenti e le certificazioni, ma non ce li hanno mai dati”. E chiedono all’Agenzia delle Entrate di annullare il credito fiscale.

La versione della difesa dice che l’intera vicenda è da imputare a chi doveva fare i controlli e le verifiche. Questo ci pare un po’ strano: hai in mano un cantiere così imponente (sia pur solo per la parte organizzativa e burocratica, che però con il 110 di mezzo è fondamentale) e non vai nemmeno una volta di persona a vedere che cosa succede nella valle del Sele? E poi: a chi hai messo in mano controlli così delicati?

Sappiamo che nelle altre operazioni di acquisto credito fatte da Efficient building - che negli anni del 110 ne avrebbe comprati per circa 400 milioni - ci sono state verifiche attente e situazioni apparentemente convenienti sono state lasciate cadere perché non c’erano garanzie sufficienti sull’affidabilità delle stesse.

In questa, qualcosa invece potrebbe essere andato storto. E se le cose alla fine andassero davvero male, il buco che si aprirebbe nei conti di Seac non sarebbe piccolo: oltre ai 16 milioni già prestati ad Efficient Building per far partire l’operazione Villaggio Anti-stress, che difficilmente si potrebbero recuperare, potrebbero arrivare, in caso di condanna, circa metà degli ulteriori debiti di cui si è caricata Efficient Building (in proporzione alle quote possedute) nonché le sanzioni comminate.

Nel bilancio 2022, ultimo depositato, Efficient Building dichiara di avere debiti coi fornitori per 36 milioni e mezzo. Un giro di denaro che non lascerebbe indifferente nemmeno la corazzata Seac.

Tutto questo non fa dormire sonni totalmente tranquilli, anche se i pm campani, dopo gli avvisi di garanzia del luglio 2023, non si sono più fatti sentire, come ci ha confermato uno dei coindagati.

Quindi la presenza dei finanzieri alla sede di Seac, ad aprile scorso, non dovrebbe aver niente a che fare con l’inchiesta sul Villaggio Anti-stress.

Tuttavia le modalità della visita sono state un po’ strane.

Il direttore di Seac, Franco Cova, ha dichiarato in quell’occasione che si trattava di “una richiesta di documenti e testimonianze su una società edile trentina dalla quale Seac ha solamente acquistato crediti fiscali relativi al 110”. Il fatto che si trattasse di una impresa edile trentina ci farebbe escludere che la cosa abbia un collegamento con la vicenda campana, dove le imprese coinvolte sono tutte tra la Basilicata, la Puglia e la Campania. Ma va detto che i finanzieri sono arrivati in buon numero una mattina presto, un po’ dopo le 7, e si sono piazzati al portone del palazzo di via Solteri, mettendosi a chiedere i documenti a tutti quelli che entravano. Stavano cercando i responsabili della Seac. Quando è arrivato Franco Cova - fatto chiamare in tutta fretta - se lo sono portato nel suo ufficio e con lui sono rimasti una mezza mattina.

Ora, se la Finanza vuole solo informazioni arriva serenamente in orario d’ufficio e chiede ad una segretaria di chiamare il direttore. E arrivano due finanzieri, non cinque o sei.

La sede della SEAC a Trento

La mattina presto è invece una modalità più consona alle indagini di polizia giudiziaria: mi posiziono ad un’ora e in un luogo tale per cui tu, in caso volessi, non potresti sfuggirmi. Tenete bene a mente che non abbiamo ragioni per dubitare delle dichiarazioni di Cova, né ci sono al momento indizi di cose che vadano oltre quanto ha affermato il direttore di Seac. Notiamo solo la strana modalità.

Come si arriva da tutto questo alla strana rinuncia di Giovanni Bort al soglio della Camera di Commercio? È un problema di ombre.

Bort e Fugatti

Perché questi fatti non sono passati inosservati. E i soliti addetti ai lavori sanno che su via Solteri c’è un’ombra che si aggira. Non giudiziaria, per quel che se ne sa ad oggi. Ma certamente di immagine, che viene perlomeno appannata da vicende di questo genere. A tutto questo, poi, dobbiamo aggiungere la variabile Piazza Dante.

Si dice che, a ridosso delle elezioni per la Camera di Commercio, da piazza Dante sia partita una telefonata per il presidente degli Artigiani, Andrea De Zordo: “Non vogliamo che Bort venga rieletto”. Papale, papale.

De Zordo, nei calcoli elettorali per la Camera di Commercio governa circa 10 voti, quelli dei suoi associati che, per accordi pregressi, sarebbero andati a Bort. Tolti quelli, la rielezione di Giovanni Bort era incerta, ad essere ottimisti.

Difficile poi per De Zordo andare contro i voleri della giunta provinciale, che è in qualche modo il soggetto gerarchicamente superiore alla Camera, visto che queste ultime sono enti locali di diritto pubblico, e che ricevono dal bilancio provinciale i finanziamenti necessari al loro funzionamento. In realtà le Camere di Commercio possiedono pure una propria autonomia funzionale e per questo si organizzano anche le elezioni dei vertici. Quindi non è proprio elegante telefonare dicendo chi si vuole o non si vuole come presidente. Ma ormai lo sapete: non viviamo in tempi eleganti.

La vera domanda però qui è: cosa ha spinto piazza Dante ad una mossa così di bassa lega?

Ecco, la Lega. Che una volta andava d’accordo con Giovanni Bort e il suo sistema di potere. Poi però qualcosa si è rotto, a partire da un anno e mezzo fa.

Abbiamo indizi concordanti che ci dicono come, ad un certo punto, Giovanni Bort abbia deciso che era più conveniente spostarsi ancor più a destra. Verso chi ha in mano il governo nazionale.

Una delle casette già ristrutturate in passato che il Comune di Laviano propaganda come Villaggio anti-stress.

La mai sanata faglia sismica tra Lega e Fratelli d’Italia, che risale in superficie ad intervalli regolari, potrebbe aver fatto il resto, allargando le sue maglie anche a chi sta nei gironi intermedi del potere trentino. In questo caso, in Piazza Dante probabilmente hanno pensato che era il momento buono e giusto per segnare un goal agli avversari/alleati.

Se ci siano davvero riusciti resta però da vedere, perché l’operazione di far eleggere Andrea De Zordo alla presidenza della Camera di Commercio è targata Giovanni Bort. E se uno ti “insedia” su una poltrona poi non è semplice mollarlo.

Ma è l’elezione della giunta esecutiva della Camera la parte forse più significativa dell’intera vicenda. Che segnala, secondo noi, il reale livello di difficoltà in cui si trova il presidente Seac.

Andare a spaccare platealmente e brutalmente le categorie economiche trentine non è cosa da poco. Anche per uno come Bort. Quindi doveva avere ottimi motivi per farlo. E forse il motivo più logico è la volontà/necessità di mantenere una presa ferrea sul suo sistema di rapporti che gli ha garantito molto potere nel tempo.

Qui gioca parecchio lo scontro personale tra Bort e Fausto Manzana, che certamente non sarebbe stato accomodante ai voleri dell’ex presidente, una volta entrato nella giunta della Camera. E che ha la potenza di fuoco, anche simbolica, data dall’essere padrone di una società multinazionale con seimila dipendenti. Un concorrente molto temibile. Quindi il nemico non si poteva tenere in casa.

Concludiamo questo lungo racconto con una certa tristezza. Perché possiamo anche appassionarci ai giochi di potere, ma il campo di gioco purtroppo è l’economia trentina.

E ci domandiamo se uno qualunque dei protagonisti di questa storia abbia ragionato davvero su quel che serve alla nostra economia. A partire da Piazza Dante che dovrebbe riflettere molto su un dato. Rispetto ai nostri cugini sudtirolesi abbiamo ormai uno scarto di circa 2 miliardi all’anno nel bilancio provinciale. Vuol dire che in Sudtirolo si pagano molte ma molte più tasse (perché i nostri rispettivi bilanci da quelle vengono).

E se si pagano più tasse vuol dire che si lavora di più e probabilmente anche meglio tutti quanti, a partire da chi ci governa.

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