Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Alle crociate con Bush?

Paolo Moiola

Siamo tutti americani, ma anche serbi, palestinesi, kurdi, rwandesi, iracheni, indios. Il terrorismo è inciviltà. La guerra lo è ancora di più. Accodarsi alla crociata di Bush (appena ieri nullità, oggi statista illuminato) è un rischio per tutta l’umanità.

Nella peggiore delle ipotesi, quando leggerete queste pagine, Bush avrà già scatenato la vendetta. E altre persone innocenti, proprio come le migliaia morte negli attentati di New York e Washington, pagheranno con la vita l’incapacità umana di risolvere i problemi senza ricorrere alla violenza.

Chi ha seminato il seme dell’odio? Perché è accaduto quel che è accaduto? Non basta il fanatismo di Osama Bin Laden e dei talebani afghani per spiegare la rabbia di una gran parte del mondo verso l’Occidente in generale e gli Stati Uniti in particolare.

Tutti condanniamo il terrorismo, ma dobbiamo anche porci delle domande, senza dividere il mondo tra "buoni" e "cattivi", tra "civiltà" e "inciviltà", come ci suggeriscono molti politici e molti media. Finché sul nostro pianeta ci saranno moltitudini affette da fame, miseria, ingiustizia, ci saranno la disperazione e personaggi come Osama Bin Laden (o chi per lui) pronti ad usarla per i loro fini.

Dei danni prodotti dal sentire fondamentalista (che non accetta interpretazioni della vita diverse dalla propria) sono pieni i libri di storia. Al giorno d’oggi, il fondamentalismo islamico è sicuramente tra i più pericolosi. Innanzitutto, per la forza dei numeri: i musulmani sono oltre un miliardo, in grande maggioranza nei paesi poveri. Poi perché, attraverso un’interpretazione distorta dei testi coranici, leaders (chiamiamoli così) islamici senza scrupoli cercano di alimentare il risentimento di popoli (afghani, iracheni, yemeniti, pakistani, egiziani, sudanesi, ecc.) costretti a vivere in condizioni di grande privazione.

Ma non possiamo dimenticare tutti gli altri fondamentalismi, quelli che si sono sviluppati nel Nord del mondo, nei ricchi paesi occidentali. Per esempio, il fondamentalismo della dottrina neoliberista che non accetta obiezioni alle leggi del mercato e del profitto, per le quali non ci sarebbe alternativa nonostante gli squilibri dell’economia globale siano sotto gli occhi di tutti. "Ciò che è avvenuto - ha scritto la Rete di Lilliput - è in stretta relazione con la fragilità e l’intrinseca insicurezza dell’attuale sistema economico e politico dominante che non riesce a risolvere i problemi che continuano ad affliggere gran parte dell’umanità. Un mondo che viene rapinato nella ricerca esasperata di profitti a breve termine e in cui il divario tra i più poveri e i più ricchi aumenta di anno in anno non può che diventare un invivibile focolaio di tensioni e conflitti".

Ancora: come giudicare l’atteggiamento di Bush e della sua amministrazione? In pochi mesi di governo, questi signori sono riusciti a rendersi invisi a una buona parte del mondo per aver stracciato i più importanti trattati internazionali: da quello di Kyoto sull’ambiente a quello sulle armi batteriologiche, da quello sulla regolamentazione delle armi leggere a quello sui missili antibalistici.

Per non dire dell’idea di sviluppare un costosissimo sistema di "scudo stellare", che rischia di riaprire la corsa agli armamenti. Gli attentati dell’11 settembre hanno dimostrato la follia e inutilità di quel progetto. I nemici, invece di utilizzare ordigni lanciati da altri paesi, hanno dirottato quattro voli interni e li hanno usati come missili. Eppure, ne possiamo essere certi, Bush e altri riaffermeranno con forza l’indispensabilità dello scudo stellare, che servirà soltanto a svuotare le casse pubbliche e a riempire quelle delle industrie belliche.

E che pensare dello strano silenzio statunitense circa il conflitto medio-orientale? Dalla guerra tra Israele e palestinesi nascono tensioni che si riflettono su tutto il mondo. La soluzione equa di quel problema è un atto che riavvicinerebbe il mondo islamico all’Occidente. Invece, approfittando della "distrazione" generale, il premier israeliano Ariel Sharon proprio nei giorni degli attentati ha sferrato sanguinosi attacchi sui territori palestinesi di Gaza e Cisgiordania.

D’altra parte, appena fino a ieri George W. Bush era per tutti un presidente totalmente inadeguato per guidare la superpotenza americana. Tanto che il grande scrittore messicano Carlos Fuentes non aveva esitato a definirlo "un energumeno ignorante". Prima delle stragi, Bush junior era solito ripetere il motto "the United States of America first", gli Stati Uniti innanzitutto.

Qualcuno lo consigliava di moderare i toni, di anteporre gli interessi dell’umanità, magari facendo riferimento alle Nazioni Unite, un’istituzione che da anni gli americani tentano (riuscendovi, purtroppo) di mettere in disparte. Dopo l’11 settembre 2001, Bush è improvvisamente diventato uno statista illuminato, un eroe che sotto la bandiera a stelle e strisce porterà il mondo alla vittoria!

La risposta bellica di Bush ed alleati non potrà che radicalizzare il conflitto tra Occidente e mondo islamico, aumentando l’odio e accrescendo le fila degli aspiranti kamikaze, pronti a sacrificare la propria vita al primo cenno del mullah di turno.

In Italia gran parte dei mass media tenta di far passare la tesi "chi non è con gli Stati Uniti, favorisce i terroristi e tutti i nemici dell’Occidente". Questa semplificazione è una vergognosa strumentalizzazione della tragedia e tende ad escludere ogni posizione diversa. Come avvenne per la guerra del Golfo (1991) e per quella del Kosovo (1999). Che i contrari alla guerra avessero ragione, oggi è sotto gli occhi di tutti: l’Iraq è un paese con una popolazione alla fame e un Saddam Hussein saldamente al potere, il Kossovo e tutta la ex Jugoslavia sono una polveriera colma di cadaveri e d’odio.

Da tutte le parti ci dicono che occorre parteggiare, schierarsi, scegliere, escludendo ogni posizione diversa. Addirittura, c’è chi parla di morale, di etica: non essere d’accordo con Bush e la Nato significherebbe mancare di rispetto alle migliaia di morti sepolti sotto le macerie delle torri del World Trade Center e del Pentagono. Le lacrime di chi vuole applicare la legge del taglione ("occhio per occhio, dente per dente") sarebbero più vere di quelle di coloro che vogliono ragionare da uomini, declinando parole diverse (dialogo, giustizia, pace, tolleranza, comprensione) da quelle dei governi e dei potenti (guerra, vendetta, rivalsa, dominio)?

Ero a New York nei giorni attorno a ferragosto. Ovviamente sono andato ad ammirare il panorama dal 110° piano delle Torri gemelle. Da quell’altezza, come tutti, ho goduto della splendida vista di Manhattan, uno dei luoghi più fotografati del pianeta. Proprio sotto c’era il distretto finanziario e la famosa Wall Street. A vedere il mondo di lassù, tutto sembra (sembrava) all’insegna dell’ottimismo e della ricchezza. Ecco il punto: in Occidente, in troppi vedono (o vogliono vedere) soltanto una faccia della medaglia.

Per chiedere un mondo diverso e più giusto, sono stato a protestare lungo le vie di Genova e, nonostante quanto dicano Silvio Berlusconi, il suo governo e i suoi giornali, non solo ne sono orgoglioso, ma non avrei dubbi a rifare le stesse scelte. Per gli stessi motivi, non avrò tentennamenti a scendere in piazza per protestare contro la follia della guerra, per gridare che un’altra strada esiste.