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QT n. 10, ottobre 2025 Servizi

La posta in gioco

Dove si parla di soldi, tanti soldi, e del sottobosco dove vivono presunti manager. Gli effetti sul Trentino produttivo

“Riusciranno a scalzare Gianni Bort?” “E il suo braccio destro Franco Cova?” “C’è la fronda di Bonafini... di Bonvicin...”

E’ tutto un sussurare nelle stanze di Confcommercio, come nei bar di Trento. La crisi verticale di Seac, la grande software house, già fiore all’occhiello del Trentino, ha dato la stura a questi discorsi sugli incombenti scontri all’interno della nomenklatura dell’associazione commercianti e sue società controllate.

Ma non è questo il punto. Il destino di quelli che da anni chiamiamo “culi di pietra” (sia per la loro inamovibilità, come pure per la loro funzione precipua, appoggiare le terga sulle poltrone dei consigli di amministrazione) è del tutto secondario. Nel disastro in atto, la posta in gioco è molto più alta dei giochini di potere all’interno di un ceto di inetti burocrati.

Franco Cova e Gianni Bort

Qui si parla di soldi, a milioni, tanti milioni. E del fioco futuro di una parte del Trentino produttivo.

Dei soldi abbiamo parlato a lungo in vari servizi, e nelle pagine precedenti Laura Mezzanotte bene spiega la situazione dei bilanci di Seac e delle sue collegate. Qui riprendiamo in sintesi, per poi illustrare le conseguenze.

Dunque il punto è il fallimento dell’avventura immobiliare al sud di Seac, o meglio della sua controllata Efficient Building. Grande avventura, dell’ordine dei 250 milioni. Questi soldi, investiti nella ristrutturazione di villaggi per terremotati, dovevano ritornare con grande profitto, grazie ai superbonus del 110 per cento. Ma, oltre ad altri inghippi (tra cui 40 milioni sub judice per un’accusa di truffa), nel villaggio del Comune di Laviano i lavori non sono stati finiti, quindi niente 110 per cento. In quelli di Calabritto e Conza sono terminati quest’anno, quindi il 110 per cento passa al 65. Beh, si dirà, le villette ristrutturate almeno in parte ci sono, il committente pagherà. Ma il committente non sono i Comuni, bensì una piccola onlus di un paesino in provincia di Matera, dal capitale sociale di 192.000 euro. Che non pagherà mai.

Mauro Bonvicin

Ma per la miseria!, come ha fatto Efficient Building, come ha fatto Seac, a ficcarsi in una situazione del genere? Perché è chiaro che la perdita è garantita ed è colossale. Da Efficient Building si sta riversando su Seac, e da questa su Confcommercio Trento. Devastandone i bilanci.

Chi può rimediare? Non certo i nomi che abbiamo citato, per di più responsabili del disastro o per lo meno di omesso controllo. E poi, si tratta di iniettare milioni e milioni e ancora milioni in una situazione compromessa; chi ha i soldi ed è disposto a metterli sul piatto?

Servirebbe il classico “cavaliere bianco” (come in borsa si indica il finanziatore che dal nulla spunta all’improvviso a salvare un’azienda in procinto di fallire).

Ma chi potrebbe averne interesse?

Il Cavaliere Bianco

Per provare a rispondere dobbiamo rifarci alla storia di Seac. Le varie Confederazioni del Commercio italiane forniscono i servizi, oggi soprattutto informatici, agli associati, attraverso propri Centri Servizi, che ne ricavavano utili da trasferire a Confcommercio. Anche Trento era organizzata in questa maniera, con Seac a fornire i servizi. Di più: Seac, sotto la guida di un grande manager come Franco Bolner, era diventata una software house molto competitiva, a differenza dei Centri Servizi delle altre località che, mal gestiti, andavano in default e venivano assorbiti da Seac.

Emanuele Bonafini

Erano anni di vacche grasse: Seac quindi non solo finanziava alla grande la Confcommercio trentina (allora Unione Commercio Turismo) ma controllava anche gli altri centri locali di Confcommercio, finanziati dai locali Centri Servizi, ormai del tutto interni alla galassia Seac. A Trento si formava la triade composta da Franco Bolner (amministratore delegato di Seac), Gianni Bort (presidente dell’Unione Commercio, con ambizioni politiche a livello istituzionale dove veniva malamente trombato, e a livello di Confcommercio nazionale) e Mario Oss (presidente Seac, democristiano di antico pelo, abile nell’aggregare consensi e nel contenere le ambizioni di Bort). Gli ultimi due, forti del controllo sulle tante confcommercio locali, davano la scalata a Confcommercio nazionale in concorrenza con Milano e il suo presidente Sangalli, dotati anch’essi di una software house competitiva.

Vinceva Milano, e si arrivava a una spartizione: Sangalli presidente nazionale e Bort vicepresidente, con delega alle società controllate dal nazionale.

Gianni Bort, forse anche a causa dell’eclissi del più saggio Oss ormai anziano, perdeva la testa. E licenziava Franco Bolner, di cui mal sopportava l’atteggiamento sprezzante con cui elargiva prebende a lui e ai suoi sodali. Uno scatto d’orgoglio quindi, del tutto infausto: aveva tirato il collo alla gallina dalle uova d’oro.

Bort aveva capacità manovriere (nel frattempo era diventato – e ancora è, da culo di pietra verace – presidente della Camera di Commercio trentina), ma certamente non aveva capacità manageriali: come Ad di Seac metteva la ex-segretaria di Bolner, del tutto inadeguata, e i risultati erano conseguenti (vedi “Perdiamo anche Seac?”, QT del settembre 2017).

A questo punto scoccava l’ora dell’altro protagonista del pasticcio del 110%, Franco Cova. Era in Seac delfino di Bolner, e da questi – incapace di tenersi vicino persone che potessero dargli ombra – era stato licenziato. Bort allora lo aveva portato a Roma (dove era, ricordiamolo, vicepresidente), gli aveva presentato i pezzi grossi, e lui aveva coltivato le relative relazioni. Quando Bort si era trovato con Seac sprovvista di una guida credibile, lo aveva richiamato a Trento e nominato Ad della software house. Cova però non si limitava a questo ma, forte delle relazioni romane, si buttava con Bort in operazioni finanziarie e immobiliari fuori dal Trentino. All’uopo acquisivano da Delta Informatica e dal suo presidente Diego Schelfi, già presidentissimo molto discusso della Federazione Cooperative, il controllo del braccio operativo nell’immobiliare Efficient Building Spa. Ed eccoci a noi: Bort e Cova ora possono usare i loro contatti nazionali, la forza finanziaria di Seac, lo strumento Efficient per l’operazione in Irpinia. Un’operazione bislacca, che va malissimo.

Perché abbiamo raccontato tutto questo? Senz’altro per illustrare il modus operandi del sottobosco degli pseudo manager trentini; ma anche perché è da questa vicenda che spunta il Cavaliere Bianco.

Sembra infatti che Confcommercio Milano abbia proposto l’acquisizione di alcune quote Seac. Il presidente è sempre Sangalli, peraltro sempre presidente anche nazionale: evidentemente culo di pietra anche lui, ma con qualche capacità in più rispetto agli omologhi trentini. Confcommercio Lombardia infatti ha la sua società di servizi, analoga a Seac, ma a differenza di questa funziona alla grande ed è molto capitalizzata. A questo punto Seac diventa per Milano un boccone sfizioso: controlla infatti ancora – eredità di Bolner - gran parte delle società di servizi delle Confcommercio locali, che non possono cambiare software house.

Ed ecco ora per Milano l’opportunità di entrare dentro il malconcio concorrente, e gestirlo al meglio. Per loro.

Insomma, il Trentino rischia proprio di perdere Seac. Meritatamente, del resto.

Ultima nota: dentro la software house, come società partecipata, c’è anche Isa, la finanziaria della Curia. Si dice che l’amministratore delegato Giorgio Franceschi sia furibondo, per i soldi che la sua società è destinata a perdere, e di cui qualcuno in alto loco può chiedergli conto. Per limitare i danni potrebbe, se decidessero di entrare, accordarsi con i lombardi favorendo il loro ingresso.

Il Trentino invece, può attendere.

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