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QT n. 12, dicembre 2019 Cover story

Nuova generazione grandi temi

I giovani di adesso si confrontano con le grandi questioni irrisolte: ambiente, disagio, odio sociale, politica. Viaggio tra i nuovi movimenti che sono tornati a riempire le piazze.

Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento
Manifestazione del 29 novembre 2019 a Trento

Aveva sorpreso la serie di grandi manifestazioni giovanili sulla questione climatica. Migliaia di giovani (e qualche centinaio di adulti), come non si vedevano da anni: allegri, spiritosi, impegnati su un tema che a prima vista può sembrare lontano, astratto, sollevato a livello mondiale dagli scienziati, ma soprattutto da una strana sedicenne svedese.

Sono passati diversi mesi. Le manifestazioni, pur con differenziata partecipazione, proseguono, sono cresciuti e si sono strutturati in più di un gruppo promotore. E in contemporanea è nato impetuoso un movimento che sta investendo la cultura politica italiana e forse, ancor prima e ancor più, la cultura di massa, come si è andata involvendo e distorcendo in questi anni. Sono le sardine, 12.000 a Bologna, 25.000 sotto la pioggia battente a Milano, 40.000 a Firenze.

Sono tutti movimenti non solo di giovani, ma promossi dai giovani. Che si caratterizzano per obiettivi di deciso cambiamento politico e anche comportamentale (ad esempio, le buone pratiche individuali per limitare gli inquinamenti); e per un rifiuto, deciso, intransigente, della violenza verbale, della discriminazione, dell’odio, fino ad oggi impunemente imperversanti nella narrazione pubblica e nella pratica politica.

Finalmente. Ce n’era assoluto bisogno.

“‘Come mai non avete fatto niente per combattere tali dinamiche? potrebbero chiederci i nostri figli tra vent’anni. Noi non vogliamo subire la vergogna di una domanda del genere. Non possiamo accettare di vedere l’Italia, il mondo, andare a rotoli, senza far niente per evitarlo”. Queste le parole di più di uno di questi ragazzi.

Su inquinamento e cambiamento climatico moltissimo è stato scritto. Troppo poco è stato fatto. Se messe con le spalle al muro (quando cioè l’inquinamento mette in gioco nell’immediato la vita delle persone, vedi in alcune megalopoli dell’India), alcune nazioni hanno pur tardivamente saputo reagire, anche drasticamente (in Cina si lavora indossando il piumino in ufficio, per non aggravare col riscaldamento troppo alto la pessima qualità dell’aria; a Pechino il centro è aperto solo ai mezzi elettrici); se l’industria ormai scorge l’opportunità di nuovi business questa volta ecologici (auto elettrica, nuove ferrovie), ci sono tuttavia passi indietro clamorosi, di cui i negazionismi di Trump e le devastazioni amazzoniche di Bolsonero sono solo gli esempi più eclatanti. In quanto al Trentino, lasciamo il giudizio ai nostri giovani ambientalisti. In sintesi, è in questo quadro di disarmante incapacità dei governanti – o meglio: dell’intera specie umana - di rimediare ai propri catastrofici danni, che si inserisce la nuova consapevolezza dei giovani.

Diverso ma in fondo analogo discorso vale secondo noi per il movimento delle sardine. Che nascono come contrasto a un disastro non ambientale, ma sociale. È il fenomeno dell’odio e del rancore, che non più controllato, ma anzi sdoganato, elogiato, aizzato, dalla società tracima sui media, alimenta una parte politica e da essa viene alimentato, in un circolo vizioso pericoloso e perverso. Si lavora su inconsci timori del diverso, si propaganda il pericolo del negro, si attuano provvedimenti che contrastano l’integrazione e amplificano i (pur minoritari) comportamenti devianti della minoranza capro espiatorio.

Ma prima dell’intervento delittuoso dei mestieranti dell’odio politico, c’è il tema delle radici dell’odio sociale, evidentemente dovuto a un disagio rispetto al quale l’attuale società sembra non avere trovato antidoti. Anzi, ha sviluppato mezzi su cui il disagio può incancrenire e diventare rabbia, cattiveria, odio. Si può arrivare al punto di gridare in faccia a una ragazza rea di aver salvato dal mare dei naufraghi “Adesso vai in galera, dove un negro ti inc...” tra la silente approvazione degli sponsor politici. E non si è vista finora una cultura in grado di contrastare questa deriva. Anzi, leggiamo sui media che a sostenere il contrario si perdono consensi: il cattivismo di Salvini e Fugatti sarebbe condiviso dalla popolazione e a questo supposto dato di fatto occorrerebbe arrendersi.

L’odio sociale è insomma, anzitutto, un problema culturale, e su questa base, sulla necessità di creare una nuova, antitetica, cultura di massa, è nato il nuovo movimento. La sua fulminea propagazione nel paese ha dimostrato la sua assoluta necessità. Il corpo sociale sta incancrenendo: occorre un antidoto, anch’esso sul piano sociale. Sono stati i giovani a proporlo: a se stessi e a noi tutti.

Lasciamo quindi la parola ai giovani. Di seguito le interviste agli organizzatori di Friday fo Future, prima e a commento dell’ultima manifestazione del 27 novembre; e dei rappresentanti di Extinction Rebellion, vale a dire Rivolta contro l’Estinzione (vedi anche la presentazione in una scheda); segnaliamo inoltre l’attività di Volt Europa, movimento politico paneuropeo dalla forte caratterizzazione ambientalista, che ha lanciato la campagna “#Unoinmeno” inteso come un grado di temperatura in meno nel riscaldamento domestico.

Infine le sardine: mentre era in corso di organizzazione la manifestazione trentina del 6 novembre, tenutasi a QT ormai stampato.

La rivolta contro l’estinzione

Del nuovo gruppo contro i cambiamenti climatici, Extinction Rebellion (abbreviato in XR), parliamo con alcuni giovani militanti: Thomas, Andrea, Giulia, Alessandra, Francesca ed altri, tutti universitari. Alcuni sono contemporaneamente militanti di Friday for Future.

Il nostro è un gruppo molto radicato soprattutto in Gran Bretagna e Germania. Ci contraddistinguiamo per il tipo di azioni, sullo stile di Green Peace: azione diretta, rigorosamente non violenta.

E magari illegale?

Si può uscire dalla legalità, la nostra è una protesta civile che non deve fermarsi se sfora nell’illegalità; l’arresto, se proprio c’è, non deve essere un problema, anche se non deve essere l’obiettivo. L’obiettivo non è il martirio del militante, è coinvolgere, mobilitare la gente. Un esempio di azione? Il “Die in”, entrare in un posto e lì morire (figurativamente, n.d.r.), per far capire che in quel posto, con quel tipo di consumi, si porta alla morte della natura e delle persone.

Qual è il vostro rapporto con FFF?

In alcune realtà, come qui a Trento, si collabora, anche se ci possono essere frizioni, più che altro perchè possono essere differenti le modalità di azione. L’obiettivo comunque è comune: evitare il disastro ambientale. Poi c’è chi si oppone di più e chi di meno, chi è disposto al dialogo con le istituzioni e chi no. In quanto al rapporto con la gente, XR vuole mobilitare almeno il 3,5% della popolazione, che riteniamo la base minima (di partecipanti, non di voti) per ottenere cambiamenti del sistema.

Come mai all’improvviso questo fiorire di gruppi?

No, non all’improvviso; e comunque è adesso che i disastri sono in atto ed è evidentissimo il comportamento suicida della politica. Vedi i roghi in Amazzonia, praticamente autorizzati da Blsonero. Ma anche da noi il caso clamoroso (il 14 novembre, n.d.r.) del Consiglio Regionale veneto che ha bocciato una proposta di finanziamento sulle fonti rinnovabili e alcune ore dopo la sala consiliare è stata inondata dall’acqua. Ci sono queste evidenze e i nostri movimenti non possono più limitarsi agli appelli, non c’è più tempo, vedi anche da noi la tempesta Vaia e le risposte del tutto insufficienti.

Arriviamo quindi alla politica.

Non siamo di alcun partito, però quello che facciamo è politica pura, nel senso letterale del termine. Però sia chiaro, non puntiamo al parlamento, puntiamo all’ informazione, alla cultura della popolazione.

Il clima è un ambito vastissimo, ma non esaustivo. Vi limitate a quello?

Il tema immigrazione è molto importante e ci sta a cuore, ma rientra anch’esso nel clima, in quanto spesso è causata dai disastri climatici. Poi c’è una questione dì rapporti internazionali: le vicende del Sudamerica mostrano le forti connessioni tra i due problemi.

Tornando al Trentino, voi siete contro la Valdastico?

Certo. Costituisce una deturpazione ambientale, costa tantissimo, soldi che potrebbero essere investiti altrimenti, per esempio in lavori di ripristino ambientale. E poi è l’esempio del persistere della vecchia disastrosa logica: il trasporto su gomma invece che su ferro.

XR ha una struttura fondativa, punti precisi, dieci obiettivi, c’è un sistema strutturato. È un limite o un vincolo?

Sono la sua forza e al contempo la debolezza. Soprattutto la forza, perché chiarisce principi e obiettivi condivisi, la comunità di persone si aggrega attorno a idee precise ed inclusive. Poi in seguito i paletti possono essere problematici, si vedrà.

Siete soprattutto giovani, come mai?

FFF è nato come movimento studentesco, poi declinato come fathers, teachers; XR invece vuole da subito coinvolgere tutte le età, e ci riusciamo, cercando di coinvolgere comunità varie, madri, scienziati, infermiere, con un focus specifico pur all’interno dei principi generali. In fin dei conti alla nostra origine c’è un documento di cento accademici, mentre FFF nasce dall’attività di una sedicenne. Comunque non vanno rimarcate le differenze: quello che ci contraddistingue è la pratica di disobbedienza civile non violenta; e anche FFF su questo sta convergendo, in quanto è un metodo efficace, anche a causa della sordità della politica.

XR: chi sono?

Extinction Rebellion (abbreviato in XR) è un movimento non violento che denuncia i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità e il cui scopo è arrestare il collasso ecologico e il rischio di estinzione della specie umana. È nato nel 2018 in Inghilterra ad opera di un centinaio di accademici che hanno firmato un invito all’azione, a cui hanno fatto seguito vari atti di disobbedienza civile, come l’occupazione di alcune zone del centro di Londra. Ispirandosi a personalità del passato – da Gandhi a Luther King - e al movimento Occupy, Extinction Rebellion punta a fare proselitismo a livello internazionale. Il logo di XR è una clessidra chiusa in un cerchio che simboleggia la Terra.

FFF: il quarto sciopero

Lo avevano annunciato, con largo anticipo, nell’assemblea tenutasi in preparazione del quarto sciopero per il clima: “Questa volta non ci limiteremo a bloccare la città sfilando lungo le vie del centro; concluderemo la marcia occupando uno degli snodi più importanti per l’accesso dei veicoli, la rotonda in prossimità del casello di Trento Centro e della tangenziale”. E così è avvenuto, con un sicuro salto di livello nelle azioni per risvegliare le coscienze: la terra brucia e non si fa abbastanza per salvare la nostra casa.

Non si è trattato quindi di una mossa a sorpresa e infatti la richiesta di autorizzazione con il percorso era stata regolarmente inviata alla questura. Grazie alla scelta delle autorità di non contrastare questo atto di disobbedienza civile ed al corretto comportamento dei partecipanti, ancora una volta tutto si è svolto senza incidenti. Le ripercussioni sul traffico sicuramente ci sono state, con disagi limitati. Insomma, pare che per il momento i ragazzi di FFF godano di un buon livello di tolleranza.

A manifestazione conclusa abbiamo parlato con Michele Balbinot, uno dei giovani organizzatori.

I giornali hanno riportato che vi è stato un calo di partecipanti rispetto alle precedenti manifestazioni, ma senza dare troppo peso a questo aspetto e forse addirittura riportando numeri maggiori di quelli effettivi.

Il calo non ci pare un elemento significativo in effetti, abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissati. La manifestazione è avvenuta in una data vicina alla precedente, perché a livello nazionale è stato scelto di farla coincidere con il venerdì del Black Friday e quindi una minore partecipazione era da mettere in conto. Anche se nel nostro ultimo “post” avevamo annunciato che tutto era in regola dal punto di vista dei permessi, qualcuno può avere avuto paura all’idea trovarsi coinvolto in un’azione rischiosa come quella di occupare uno svincolo stradale di tale importanza.

Infatti questa volta avete compiuto un’azione di disobbedienza civile.

Sì, abbiamo voluto far salire di livello la nostra contestazione. A dire il vero anche nelle altre manifestazioni avevamo deviato dal percorso autorizzato, era un piccolo gesto di disobbedienza. Questa volta è stato maggiore, il blocco del traffico; abbiamo chiesto i permessi, e di fatto ce li hanno dati. D’altronde sarebbe per loro problematico schierare la celere contro i cortei di ragazzini e anche bambini.

Quindi le autorità si sono dimostrate responsabili

Concordo.

La scelta di venerdì 29 non è stata casuale: coincideva con un evento, il Black Friday appunto, che voi avevate già contestato con alcune azioni nei giorni precedenti, come la sigillatura simbolica degli armadietti per le consegne di Amazon all’Università e l’operazione di “die-in” al negozio di Benetton in centro.

Come detto, la decisione è stata presa a livello nazionale, così come per il titolo dell’evento “Block Friday, not Black Friday”. Si voleva dare un segnale forte contro questa moda che sta dilagando anche da noi e chiarire che il consumismo sfrenato va incluso tra le cose da evitare perché anche quello fa male al clima.

E per quanto riguarda le istanze locali?

Rimangono quelle che abbiamo già messo in evidenza. Siamo contrarissimi alla Valdastico ed appoggiamo il comitato nato per contrastarla. Non condividiamo la gestione del turismo invernale dove non non si vuole proprio tenere conto dei cambiamenti climatici e sentiamo invece parlare sempre e solo di nuovi impianti. Per questo abbiamo partecipato alla manifestazione a Campiglio contro l’ipotesi di impianti a Serodoli, in un’area di un parco naturale.

Ci ha fatto piacere che il Consiglio Comunale di Trento abbia alla fine approvato un testo, assai vicino a quello da noi proposto, sull’esistenza dell’emergenza climatica, ma dovremo vigilare perché non resti una semplice dichiarazione di facciata. La probabile approvazione di un nuovo bacino per l’innevamento artificiale delle piste del Bondone sarebbe del tutto incoerente con la mozione approvata.

Anticipazioni sulle prossime mosse ?

È prematuro parlarne. Prenderemo decisioni alla prossima assemblea nazionale.

Le sardine a Trento

Per gli organizzatori delle sardine trentine abbiamo intervistato Lorenzo Lanfranco, Lisa Schivalocchi, Andrea Miniutti, tutti universitari, impegnati a organizzare la manifestazione del 6 dicembre, in piazza Duomo.

Abbiamo ottime risposte, puntiamo a riempirla la piazza

Mah, è molto grande; finora c’è riuscito solo Mussolini...

Non lo sapevamo - e si mettono a ridere - È uno stimolo ulteriore.

Quali reazioni state registrando?

La nostra è una realtà diversa da quella bolognese, dove si è scesi in piazza contro Salvini e Borgonzoni. Noi non vogliamo neanche nominare Salvini. Il nostro nemico sono le modalità, violente, divisive, con cui i contenuti politici sono veicolati.

Avete obiezioni anche sui contenuti?

Certo: aizzare all’odio, alla discriminazione, individuare un capro espiatori è contro non solo i valori oltre che costituzionali, ma anche quelli umani.

Pensate sia una cosa nuova questa diffusione dell’odio?

Un atteggiamento conservatore e diffidente c’è sempre stato. Ma ci si fermava lì, la società non consentiva di andare oltre. Ora invece certi argomenti sono stati sdoganati, a iniziare dal razzismo. E a questo punto interviene anche la violenza verbale, che se non sanzionata socialmente, autorizza ed enfatizza la violenza dei contenuti. Si dice sei un negro, e nessuno protesta; poi sei un negro di merda; se nessuno protesta ancora, poi puoi passare all’aggressione fisica. Ci sono tanti esempi di questo progressivo allentamento dei vincoli di convivenza, di civiltà.

È uno sdoganamento legato al degrado del dibattito pubblico, sia nei contenuti che nel linguaggio: come nelle risse in tv, o il passaggio dai comizi della prima repubblica a quelli attuali, che sono solo spettacolo, brevi frasi da far passare sui social media. Poi il passaggio dal partito di massa al partito dei leader, che non sono politici, ma uomini di spettacolo, con cui si fanno i selfie, come fossero delle rockstar; il livello istituzionale non conta più. E allora lo scandalo è sempre pubblicità; ad esempio Salvini che insulta la sorella di Cucchi, per lui è positivo, perché aumenta la visibilità. Questo va combattuto con decisione, perché è la fine della politica come contenuti, sostituiti dalla retorica e dalla violenza.

Il contenuto non conta, ma l’atto comunicativo, ad esempio la manovra economica, quota 100, senza spiegare, platea e solo per tre anni. Omissione di dati, tanto la maggior parte non si informa. La maggior parte degli italiani si ferma al titolo dei giornali.

Come mai oggi in tanti sul web urlano cose violente?

Perchè on line sei deresponsabilizzato. Per questo la violenza verbale on line è molto maggiore di quella fisica: è deresponsabilizzata, analogamente a quando agisci in mezzo alla folla. Ma poi, si sa e iniziamo a vederlo, si può passare anche alla violenza fisica.

Tutto questo non è causato da una caduta di autorevolezza delle tradizionali agenzie educative?

La secolarizzazione ha minato l’incidenza della religione; la famiglia argina ancora l’odio, se vuole; la scuola ni, manca l’educazione civica, i prof possono essere delegittimati dalla politica, dalla famiglia. È una dinamica che sta screditando l’educazione.

E allora? Come si può agire?

Sarebbe presuntuoso dire che saremo la cura. Però vogliamo essere, o almeno tentare, di essere la spinta per cambiare.

Non è che finora non ci si è provato?

I risultati si vedono dall’assenteismo alle elezioni. Con la fine del partito di centro una fetta di popolazione non ha trovato appartenenze, e va nel non voto. Con la morte della sinistra la difesa dei più deboli è stata presa dalla destra, che non trova proposte serie che la bilancino, e per di più è aiutata dall’assenteismo. L’obiettivo primario deve essere la partecipazione, ma critica, altrimenti la democrazia è fragile. Noi cerchiamo di smuovere, di incentivare a partecipare: scendere in piazza pacificamente, è la forma più bella della democrazia. Nel 68 si scendeva in piazza portando un po’ di violenza, ma anche tanti ideali. Noi non cerchiamo la violenza, ma gli ideali ci mancano.

Se avete successo, come pensate di non cadere in un’involuzione tipo 5 stelle?

Ogni movimento non può sopravvivere solo attraverso la piazza. Vediamo che alla nostra manifestazione aderisce gente che va dalla sinistra extraparlamentare ai destri moderati tipo Forza Italia. Lo vediamo dai profili, dai loro interventi, dai commenti. Rappresentiamo chi si è stufato di questo spettacolo vuoto di contenuti e ricco solo di odio. Non tutta la destra moderata, ovviamente, né la sinistra (ai puristi non piacciamo). Il punto sarà mantenere alto l’interesse verso la politica, promuovere la partecipazione attiva,l’informazione.

Forse questo è più facile per i giovani?

Certo, ma non solo. La sfida è il futuro, che è di tutti, non solo dei giovani, siamo tutti insieme nella stessa barca. L’idea che il mondo è dei giovani e che devono risolvere loro i problemi, è sbagliatissima, così gli altri sono deresponsabilizzati, e sono poi loro ad avere il potere.

La piazza, per quanto bella di per sé, non influisce, bisogna riempire la piazza portando delle proposte.

E voi quali proposte portate?

Per Trento possiamo dire che siamo appena nati, potremo farle quando vedremo l’identità della piazza. La sfida più grande sarà vedere come sarà la piazza del 6; speriamo di riuscire ad avanzare proposte, utopistiche ma concrete. Cercheremo di interagire, porre domande. E di trovare un’interazione positiva..