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QT n. 12, dicembre 2019 Servizi

La libertà è ancora in pericolo

Trent’anni dopo il 1989 il nemico non è più il comunismo, ma la destra illiberale. Un dibattito a Strasburgo.

Matteo Angeli

Nel 1989 Francis Fukuyama profetizzò l’imminente “fine della storia”: secondo la sua analisi, dopo il crollo del comunismo sovietico e la fine della guerra fredda, la democrazia liberale sarebbe diventata la forma di governo planetaria. Trent’anni dopo constatiamo che non è così, che la democrazia deve fare i conti con nemici nuovi, dentro e, soprattutto, fuori dai confini europei.

Per quanto riguarda in particolare il nostro continente, i vari populismi mettono in discussione le libertà individuali garantite da quel sistema di pesi e contrappesi che limita l’autorità dello stato e attenua il dominio della maggioranza. Il rispetto delle regole del gioco democratico diventa in questo senso la linea rossa che separa i nuovi “totalitarismi” da chi ancora crede in una società aperta e inclusiva.

Cosa può fare l’Unione europea per far fronte a quei governi democraticamente eletti, vedi Ungheria e Polonia, ma anche l’Italia di qualche mese fa, che violano sistematicamente i valori fondamentali europei (rispetto dello stato di diritto, dei diritti umani e dei diritti delle minoranze)?

Bernard Guetta
Roland Freudenstein
Thierry Chopin

Questa è stata la domanda intorno alla quale si è articolato un dibattito che ho organizzato lo scorso 27 novembre presso l’Associazione Parlamentare Europea di Strasburgo, che ha visto la partecipazione di oratori di fama europea: Danuta Hübner, prima Commissaria europea per la Polonia (dal 2004 al 2009), oggi deputata europea; Bernard Guetta, noto giornalista francese che ha lavorato negli ultimi 27 anni per France Inter (i resoconti dei suoi interventi venivano pubblicati anche da Internazionale) e, da quest’anno è deputato europeo nelle file della République en marche, il partito del presidente francese Emmanuel Macron; Thierry Chopin, professore di scienze politiche all’Università di Lille e consigliere presso l’Istituto Jacques Delors; Roland Freudenstein, direttore del Wilfried Martens Centre di Bruxelles, la fondazione del Partito popolare europeo (il centro-destra europeo); e Claudia Luciani, funzionaria presso il Consiglio d’Europa che si occupa di temi legati alla democrazia e alla dignità umana.

Un fenomeno globale

Un punto comune, di partenza, sul quale tutti gli oratori si sono trovati d’accordo è che l’avanzata del populismo e, con esso, delle nuove estreme destre, va inquadrato in un fenomeno di portata globale. “Le destre estreme europee sono sostenute attivamente e intellettualmente da grandi potenze che sono la Russia di Putin, la Cina di Xi Jinping e gli Stati Uniti di Donald Trump”, nota Bernard Guetta.

Roland Freudenstein mette in luce in particolare il ruolo della Cina: “L’autoritarismo digitale cinese è la maggiore minaccia per la democrazia liberale nel Ventunesimo secolo, perché porta con sé l’idea che può esserci prosperità anche senza democrazia. In questo modo viene messo in discussione il binomio, figlio del 1989, ovvero che libertà economica e libertà politica vanno di pari passo”.

Molta confusione

I nemici della democrazia liberale giocano costantemente sul piano della confusione semantica. “La democrazia liberale fa ovviamente riferimento a un sistema di idee chiamato liberalismo, che ha molto a che vedere con i diritti individuali e i limiti al potere dello stato e non va scambiato con le odierne politiche liberali”, afferma Freudenstein, che continua: “Anche il concetto di ‘democrazia cristiana’ è vittima di questa confusione. In Ungheria il termine “stato illiberale” è stato sostituito con “democrazia cristiana”: le élite di governo affermano di non volere una democrazia liberale, ma piuttosto una “democrazia cristiana”. In questo modo abusano del termine “democrazia cristiana”, perché questo rimanda a un sistema di idea sulla società, non ad una forma di governo”.

Un po’ di chiarezza

Si può quindi essere democratici senza essere liberali? La risposta è no. Thierry Chopin dichiara: “Non si può separare la componente democratica dalla componente liberale, così come non si può separare il principio di sovranità del popolo dai meccanismi che permettono di limitare tale sovranità quando questa rischia di condurre a decisioni che potrebbero nuocere ai diritti fondamentali dell’individuo, alla dignità della persona o, ancora, ai diritti delle minoranze”.

Jacques Delors

La democrazia illiberale è una contraddizione in termini, un ossimoro dietro al quale si cela un autoritarismo maggioritario”, chiarisce l’esperto dell’istituto Jacques Delors.

Nessuno nasce democratico

Ma la democrazia è molto più di un insieme di regole formali che limitano il potere dello Stato a salvaguardia dei diritti umani. Parlando della Polonia, Danuta Hübner ricorda come trent’anni fa, quando il suo paese venne liberato dal comunismo, il cambiamento più importante per la popolazione fu l’introduzione di elezioni libere. Ma, “le elezioni sono (solo) la porta di ingresso per la democrazia. C’è tutto un pacchetto (fatto di rispetto dello stato di diritto o della questione delle minoranze) che deve seguire. In Polonia questo pacchetto non è stato integrato dalla popolazione e ciò ha permesso a leader non-democratici abilissimi di spacciare la democrazia liberale per una forma di democrazia delle élite”, spiega l’ex Commissaria europea.

Claudia Luciani

Perché? “Nessuno nasce democratico, – rilancia Claudia Luciani – l’educazione e la cultura giocano un ruolo fondamentale”.

L’ascesa della nuova estrema destra sarebbe quindi il prodotto di un deficit di cultura democratica?

Nostalgia e passioni politiche

Secondo Bernard Guetta, “nell’Europa occidentale c’è una nostalgia dei Trent’anni gloriosi, dell’epoca in cui il domani sarebbe stato certamente migliore, almeno dal punto di vista economico, mentre nell’Europa dell’est c’è una nostalgia rispetto alla calma del periodo comunista, in cui non c’era inquietudine per il domani, perché questo sarebbe stato comunque uguale ai giorni precedenti, senza i rischi che esistono in società concorrenziali, dove un’impresa può fare fallimento e licenziare i suoi dipendenti”.

Oggi dappertutto in Europa c’è invece un’estrema inquietudine, a cui ha fatto seguito un ritorno delle passioni politiche. “Il ritorno del neonazionalismo, della collera, del risentimento, di un sentirsi disprezzati, che animano ampi strati della popolazione. C’è in questo senso, un legame tra il ritorno delle passioni politiche e la crisi della democrazia liberale, perché il liberalismo è una ideologia che ha cercato di sostituire gli interessi alle passioni, di addomesticare le passioni attraverso gli interessi”, continua Thierry Chopin.

Il problema è che oggi il liberalismo è mal equipaggiato per far fronte a questo ritorno di fiamma delle passioni politiche.

Cosa fare concretamente?

Punire o tornare a coinvolgere chi si è messo deliberatamente ai margini di una comunità, questo è il dilemma. “Serve un meccanismo in grado di punire efficientemente gli stati membri che non rispettano i valori fondamentali europei. In questo senso, l’idea di collegare l’allocazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto gode di un certo sostegno negli stati membri del nord. Un altro meccanismo, che ha dimostrato di funzionare, sono le sanzioni interne alle famiglie politiche, come la sospensione di Fidesz, il soggetto politico facente capo a Viktor Orban, all’interno del Ppe”, è il punto di vista di Roland Freudenstein.

Danuta Hübner

Danuta Hübner crede invece che servano strumenti per “riattivare gli stati e i cittadini, invece che punirli. Affinché la democrazia liberale possa funzionare in Europa, dobbiamo essere in grado di ispirare nella popolazione dei sentimenti pro-europei”. A questo proposito Hübner cita l’imminente Conferenza sul futuro dell’Europa, che sarà un importante occasione per coinvolgere i cittadini del progetto europeo.

Partecipazione e senso critico

Democrazia e partecipazione vanno insieme. Lo dice anche Claudia Luciani : “La gente ha fame di partecipazione e di democrazia, anche là dove non sa esattamente cos’è. Una delle vie per rinforzare la democrazia rappresentativa sta quindi nell’incremento di altre forme di democrazia. I paesi che stanno seguendo questa strada sono tra quelli con più successo: si pensi all’Irlanda, che ha aumentato i modi in cui la gente può partecipare al di là del voto e dove non c’è l’estrema destra”.

Partecipare, possibilmente con spirito critico. “Nel mondo non siamo mai stati così tanto istruiti – continua Luciani – e tuttavia molte persone sono ancora vittime della propaganda. Bisogna stimolare un pensiero critico, che va usato per illuminare le scelte democratiche per il futuro”.

Tuttavia, se vogliamo riaffermare i principi del liberalismo serve anche un po’ di autocritica.

Il liberalismo è una filosofia di apertura, ma, afferma Thierry Chopin, “va presa in considerazione seriamente la domanda di equilibrio tra libertà ed esigenze di coesione sociale, di solidarietà e di lotta contro le disuguaglianze. Ma va anche trovato un equilibrio tra libertà e domanda di sicurezza, libertà e domanda di appartenenza a una comunità, domanda di identità”.

Come nella guerra fredda

Per fare ciò servono quindi nuove alleanze tra le forze liberali, nel senso ampio del termine.

Bernard Guetta ricorda che “negli anni della guerra fredda, i democratici, di destra e di sinistra, hanno avuto la saggezza di fare dei compromessi per evitare che i più poveri e indifesi passassero dalla parte del comunismo, intervenendo attraverso adeguate politiche sociali. Oggi il pericolo non è il comunismo ma il ritorno dell’estrema destra e dell’ideologia illiberale. Contro di questi bisogna cercare di rifare la stessa alleanza sociale che abbiamo fatto contro il comunismo durante la guerra”.