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Il “nuovo soggetto” politico

Con la proposta di una fusione degli attuali partiti, deliberatamente rinunciando a discutere di contenuti, la sinistra prova a uscire dal tunnel. Con grande affanno.

I maggiorenti diessini se ne rendevano conto: il partito è immobile, conta zero. Così com’è, è inutile: e quindi destinato, e questo è quello che li spaventava, a un inesorabile declino elettorale. Perché mai un cittadino dovrebbe votare Ds, sapendo che le sue istanze - nel bene e nel male, ideali o clientelari - dal partito non sarebbero state sostenute?

Uno dei "sei saggi": l'ex deputato socialista Mario Raffaelli.

Questi ragionamenti agitavano l’insieme della sinistra, compresi coloro che della situazione erano responsabili. E già si vedevano, vistosissime, le prime crepe: da una parte si costitutiva Costruire Comunità, con l’ipotesi concreta di presentare una propria lista, dall’altra il sempre inquieto on. Luigi Olivieri aveva un piede fuori dal partito, con una sua "lista dei riformisti". Quando la nave affonda i topi scappano.

Il problema era l’impossibilità a correggere la rotta, a causa della posizione del segretario Mauro Bondi. Il quale, forte di una lusinghiera esperienza come assessore nella giunta Andreotti 2, era stato eletto al congresso di Lavis del ‘99 su una linea precisa: rivitalizzare il partito ridotto a satellite dellaiano, facendogli acquistare capacità propositiva e autonomia rispetto all’alleato, contrastandone la già evidente deriva dorotea. Quando si arrivò al primo redde rationem (la questione Jumela), Bondi affrontò Dellai a muso duro; ma il partito, timoroso di perdere le seggiole, arretrò lasciandolo solo. Solo con la grande maggioranza dell’opinione pubblica trentina, che su quelle tematiche la sinistra aveva intercettato; ma a Bondi non bastò: arretrò anch’egli e da allora iniziò una rovinosa involuzione: qualsiasi cosa facesse Dellai doveva andare bene, i Ds dovevano rimanere immobili. La cosa da Bondi è stata anche teorizzata: "Nella coalizione si è instaurata una positiva divisione dei compiti: alla Margherita i problemi locali, a noi quelli nazionali e internazionali. (...) I partiti oggi non devono occuparsi di progetti, come l’inceneritore; quello è compito dell’amministrazione; i partiti devono selezionare i candidati".

Appunto, l’inutilità dei Ds.

Il problema era poi complicato dal risentimento del segretario che, tradito a suo tempo dal partito, ora si sente messo in discussione proprio per aver portato avanti la linea che allora gli era stata imposta. Di qui l’indisponibilità di Bondi a cambiare linea; e neppure (come gli era stato prospettato, in cambio di un suo posto di capolista alle prossime elezioni) a farsi da parte.

Insomma, impasse totale. Come uscirne?

Ed ecco l’ipotesi: uscirne in avanti. Fare di necessità virtù: i Ds sono scletorizzati, andiamo oltre. Di qui l’idea del "nuovo soggetto politico", che in teoria dovrebbe risolvere con un colpo solo tutta una serie di problemi: mettere in discussione l’attuale gruppo dirigente (oltre al segretario, anche consiglieri e assessori non portano certo a casa un bilancio esaltante); riaggregare gli spezzoni in libera uscita, Olivieri e Costruire Comunità; unificare alcuni settori del centro-sinistra, dai socialisti alla Lista Di Pietro; costruire una sponda verso i movimenti, ambientalisti, pacifisti, fino ai no-global; reimpostare, nel nuovo, unico soggetto politico, il sistema decisionale, sottraendolo ai tatticismi delle segreterie dei partiti e delle componenti e sostituendovi il principio "una testa, un voto".

L’operazione è ardita. Dalla sua ha alcuni punti di forza. Anzitutto la necessità di mettersi in discussione, l’essere con le spalle al muro: "così non si può andare avanti" è il ritornello che tutti ripetono.

Poi la benedizione dei referenti nazionali che, lacerati a Roma dalla contrapposizione Fassino-Cofferati e dalle incapacità decisionali dell’Ulivo, sono favorevoli a vedere dove va a parare in Trentino una nuova formazione, con una nuova sigla, che sperimenti un rapporto unitario nella sinistra e con i movimenti. Su questa linea quindi si mettono a lavorare i parlamentari Kessler, Olivieri, Tonini, e il sindaco di Trento Pacher.

Si giunge così alla redazione di un manifesto: "Per la nascita di un nuovo soggetto politico riformista" (vedi Per la nascita di un soggetto politico ulivista e riformista). Il documento (redatto materialmente soprattutto dal segretario di Kessler Michele Guarda e dall’ex deputato socialista Mario Raffaelli, travolto con la prima repubblica e ora scalpitante per tornare alla politica attiva) contiene i nodi fondamentali della visione riformatrice del Trentino: una provincia che punti su qualità, innovazione, istruzione, ambiente, solidarietà sociale; e una politica che sappia operare le scelte in questa direzione.

Il punto è che il manifesto si ferma là dove dovrebbe diventare esplicito: scelte come Jumela, PiRuBi, inceneritore, vanno in questa direzione?

Il clientelismo endemico esiste e va superato? E quindi l’interrogativo principe: in che direzione va Dellai?

Questo è il buco nero del documento: sulla Giunta provinciale uscente, sul suo operato, non si proferisce verbo. Un silenzio assordante, perché il governo reale, non le teorie, è l’oggetto della politica.

Il punto è che il nuovo soggetto politico si propone di aggregare posizioni che - sul governo provinciale - sono divergenti quando non contrapposte: dalla "subalternità passiva" a Dellai di Bondi e degli assessori uscenti; alla "subalternità attiva" di Olivieri e dei suoi, che anzi vorrebbero essere concorrenziali alla Margherita, e tessere propri rapporti con i poteri forti; all’alterità di Costruire Comunità e dei movimenti.

Il problema il "nuovo soggetto politico" il documento lo risolve mettendo in soffitta i contenuti, rimandati a un secondo tempo.

E’ questa l’impostazione che da tempo va ripetendo l’on. Giovanni Kessler: non si può definire una linea, e tenerla, se manca un momento decisionale complessivo, condiviso e democratico. Se la linea deve uscire da estenuanti incontri tra partiti e componenti, e poi può essere reinterpretata e rimessa in discussione da chiunque, se il segretario dice una cosa e l’assessore ne fa un’altra, è inutile parlare di progetti. "Prima il soggetto, poi il progetto".

E il nuovo soggetto, dovrebbe caratterizzarsi proprio per questa sua democratica capacità decisionale: e in esso dovrebbero sciogliersi partiti, partitini, componenti.

Non più una federazione di varie "anime", ognuna con i suoi posti garantiti, i suoi diritti di veto, ecc., ma un soggetto unico, in cui ognuno ha diritto di voto, e conta per la capacità di avere consenso attorno alle proprie idee.

Riuscirà questa impostazione a prevalere? Si è subito levata la voce contraria di Nicola Zoller, segretario dello Sdi, ovviamente in favore "del ruolo dei partiti" (e dei partitini). E grosse esitazioni ci sono nei Ds, dove Bondi, che si sente esautorato, rema contro; mentre altri paventano l’addio al partito nazionale per un’avventura incerta.

Contemporaneamente, il non aver definito la linea politica, ingenera subito sbandamenti vistosi. L’on. Olivieri è lesto nel mettere il cappello sull’iniziativa, e targarla come filo-dellaiana. Dall’altra parte Costruire Comunità sarebbe essenziale per riequilibrare il "nuovo soggetto" e non farlo ricadere tra i tanti satelliti del presidente; ma proprio la vaghezza dei contenuti (oltre alla possibile tentazione di fare il partitino dei duri e puri) tiene il movimento di Micheli e Passerini ai margini, in posizione critica e scettica, corteggiato da alcuni (sinistra Ds), osteggiato da altri (socialisti e Olivieri).

Insomma, il "nuovo soggetto" incontra, fin dall’inizio, un percorso ad ostacoli e in salita.

E difatti non potrà essere un percorso agevole, se ci sarà, quello capace di portare la sinistra trentina fuori dalla sua attuale crisi.