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QT n. 2, febbraio 2020 L’editoriale

L’odio non è invincibile

Un tamtam mediatico ha sopperito a una sinistra incapace di affrontare la cattiveria e gli atteggiamenti umilianti della destra

La sconfitta dell’odio. Questa una delle letture del non scontato risultato elettorale in Emilia-Romagna. L’immagine che l’ha simboleggiata è quella, celeberrima, del Salvini molestatore per citofono di una famiglia tunisina, così greve e sbracata da essere subito a molti apparsa controproducente.

L’odio quindi, la cattiveria. Atteggiamenti e provvedimenti che penalizzano, umiliano, marginalizzano una parte della popolazione, residente e non. Le interviste che potete trovare in questo articolo, a operatori dell’assistenza ai migranti, illuminano con chiarezza la perversione sottesa agli atti politici della giunta Fugatti che hanno smantellato l’accoglienza. Le paure anche ataviche di parte della popolazione, le frustrazioni di altri, il rancore attizzato da media e politici, che sapevano come lucrarci sopra: un mix micidiale. Cui per troppo tempo non si è saputo rispondere. Vuoi perchè si era zoppicato in senso opposto, praticando un pietoso buonismo che negava (e quindi finiva con l’ingigantire) i problemi che pur c’erano (un esempio nel nostro piccolo? L’incapacità, anzi la non volontà a Trento della consiliatura Andreatta di affrontare i pur modesti problemi - di decoro urbano più che di sicurezza – legati a spaccio e ubriachezza).

Ma soprattutto non si è risposto perché non si era intimamente sicuri delle proprie ragioni. Non prendere una serie di provvedimenti (dai decreti sicurezza allo ius soli alle autorizzazioni a procedere per il caso Gregoretti) perché “altrimenti si fa un favore a Salvini” significa ritenere poco fondate, e in ogni caso minoritarie le proprie ragioni.

Un atteggiamento deleterio, e rivelatore di una verità più profonda: la sinistra non si aggrega per sostenere idee e principi, ma per agguantare posti di potere. I valori non contano e quindi non si difendono. E così l’odio è andato avanti.

Oggi possiamo dire: non poteva durare. Anche noi ci eravamo chiesti: il Trentino è ancora solidale? È davvero incattivito?

Sono bastati quattro ragazzi che a Bologna hanno dato il via a un tam-tam mediatico: a questa deriva bisogna opporsi, dobbiamo reagire, dobbiamo scendere in piazza. Contrapporre ai pregiudizi i ragionamenti, alla cattiveria l’umanità, al razzismo la civiltà. Decine di migliaia di persone, in tutto il paese, anche all’estero, hanno risposto. Prima nelle piazze, poi nelle urne. No, non torneremo indietro, al nazionalismo che poi diventa guerrafondaio, al disprezzo dell’altro, all’antisemitismo, alle leggi razziali.

Ma non basta. E non basterà nemmeno sconfiggere definitivamente Salvini o chi per lui. Bisogna andare alla radice del problema: come mai tanti cittadini sono stati e tuttora sono, disponibili ad odiare. Così per i leoni da tastiera, che protetti dall’anonimato ricoprono altre persone di insulti disumani. Si potranno trovare accorgimenti tecnici e istituzionali per delimitarli e reprimerli, ma il problema di fondo è perché esistono. Da dove viene questa malvagità, cosa nella società non funziona?

A nostro avviso c’è un grande problema di insicurezza. E di frustrazione. Insicurezza non per via dell’immigrato (anche se su di lui si può riversare lo sfogo), ma incertezza del futuro. Frustrazione per una vita mediocre, percepita come un fallimento.

E qui tocchiamo temi profondi della nostra società, anzitutto le disuguaglianze, ingigantite negli ultimi anni. Ma poi un tema più squisitamente culturale. Nel tentativo (non molto riuscito) di premiare il merito, si è invece depressa la normalità, si è umiliata la medietà.

Ci scusi il lettore se prendiamo troppo spesso a riferimento Matteo Renzi, ma il caso è eclatante. L’esaltazione alla Leopolda delle start up e dei giovani di successo può essere doverosa: ma non se accompagnata dalla derisione dei sindacati, dall’umiliazione del precariato (Jobs Act, con esiti come i fattorini di Amazon che legalmente lavorano a condizioni inaccettabili). Bravi i giovani brillanti (e speriamo che lo siano per meriti veri). Ma gli altri? Perché dobbiamo avere una società fatta di alcune stelle luminose e di tanti Fantozzi? I sindacalisti sempre ripetono nei loro discorsi la parola “dignità”: è diventato un ritornello. Ma è un assunto fondamentale: non possiamo avere una società equilibrata se tutti non hanno dignità.

Ecco il tema di fondo: l’odio lo si sradicherà solo ricostruendo una società meno squilibrata e più dignitosa per tutti. Questa la vera piattaforma politica.