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QT n. 1, gennaio 2017 Cover story

Casse Rurali, Trento batte Roma: è mai possibile?

Al via il secondo gruppo nazionale del credito cooperativo: incentrato su Trento. Grazie al merito, intraprendenza, credibilità delle società trentine. Un lato positivo di un mondo non tutto in crisi.

Quando nei giorni scorsi ChiantiBanca (ottava banca di credito cooperativo in Italia) ha deciso di aderire al gruppo bancario incentrato sulla trentina Cassa Centrale, è sembrato che una parte di mondo cambiasse. Perché la banca toscana ha così mollato il gruppo incentrato sulla romana, ministeriale (e ammanicata, si dice) Iccrea, ed altre banche sembrano destinate a seguirne l’esempio. L’impari lotta Trento contro Roma, un anno fa ritenuta un’ipotesi impraticabile, al limite della follia, sembra risolversi a favore di Davide; al punto che inizia a farsi strada la preoccupazione opposta: Trento deve stare attenta a non stravincere, Golia, pur fiaccato, deve rimanere in piedi.

Come è possibile una vicenda del genere? Una realtà trentina che si dimostra un’assoluta eccellenza non solo a parole, al punto da diventare punto di riferimento, e di rottura, nazionale? E tutto questo all’interno del mondo cooperativo trentino, notoriamente in crisi verticale?

Con l’arrivo dell’informatica...

Per capire questa vicenda dobbiamo partire da dei punti apparentemente marginali, le cosiddette (ci si scusi il tecnicismo) società di sistema. Dunque, il credito cooperativo è formato da un insieme di Casse Rurali, che sono piccole realtà, e tali rimangono nonostante i recenti processi di unificazione e fusione. Per ovviare, almeno in parte, a questo altrimenti insostenibile handicap, le CR hanno dato vita a un consorzio di secondo grado, Cassa Centrale Banca, che centralmente fornisce loro una serie di servizi, a cominciare dai prodotti finanziari da vendere alla clientela e dai servizi informatici.

Concentriamoci dapprima su questi. È chiaro che nella banca moderna l’informatica è contemporaneamente il sistema nervoso e cardiovascolare: tutto passa di lì e sempre più passerà – con l’homebanking, ora sviluppato anche sui dispositivi mobili. Ma è al contempo un sistema molto delicato, non solo per la nota aleatorietà dell’informatica, ma anche perché qui si parla di soldi, e quindi ben oltre ai fastidiosi buchi informatici sono da temere gli incursori malintenzionati.

Per fornire alle Rurali questo servizio, Cassa Centrale ha dato vita a Phoenix Società Informatica, cui si è affiancata di fatto IBT, Informatica Bancaria Trentina.

Perché due società invece di una, per un mercato tutto sommato ridotto? Non sappiamo, è stata una dinamica in gran parte spontanea e sta di fatto che le due società stanno molto bene sul mercato; hanno saputo espandersi in tutta Italia, al punto da gestire l’informatica non solo delle Rurali trentine, ma della maggioranza delle banche di credito cooperativo italiane. I numeri parlano chiaro: in Italia su 360 Bcc, 140 adottano il sistema informativo SIB2000 di Phoenix (che fornisce altri servizi a ulteriori 110 banche) e 90 il sistema Gesbank Evolution di IBT. Come si vede dai numeri, se escludiamo le 47 altoatesine Casse Raiffeisen (che sono un mondo a parte) la grande maggioranza delle Bcc, dal punto di vista informatico, parla trentino.

E tutto questo è avvenuto in un contesto di mercato non favorevole. Sì, perché la centrale nazionale Iccrea ha la propria società di informatica, Iside (oggi Bcc Sistemi Informatici, fornisce servizi a 153 clienti) ed “ha sempre contrastato, attraverso pressioni sulle Bcc, la crescita extraprovinciale delle nostre società. Se invece esse si sono affermate è per la validità dei servizi, a prevalere è stato il mercato” - afferma Andrea Armanini, presidente della Rurale Giudicarie, Valsabbia-Paganella, e consigliere d’amministrazione del Fondo Comune, holding delle CR trentine proprietaria del 65% di Phoenix.

E non è solo questione di informatica. È la stessa Cassa Centrale che fornisce servizi bancari a tutta Italia.

Quali servizi? Quelli noti al risparmiatore: le gestioni patrimoniali (sopra una certa soglia gestisce direttamente i capitali dei clienti delle singole Rurali) e il fondo d’investimento Nord Est Fund (al 50% col Credito Cooperativo Veneto) distribuito alla clientela dalle CR, con Cassa Centrale che seleziona, controlla, eventualmente cambia i gestori internazionali (come Black Rock per intenderci).

Poi ci sono i servizi più strettamente bancari: in caso di finanziamenti troppo onerosi per una singola CR, creare un pool di Casse per permettere una distribuzione dei rischi; e poi la valutazione della rischiosità dei titoli in portafoglio alla singola Cassa, “operazione complessa, difficilmente eseguibile dal piccolo Istituto e quindi giustamente centralizzata” - spiega Flavio Bazzana, ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Trento.

Come si vede, tutte attività che cercano di mantenere il rapporto con il cliente in capo alla Cassa Rurale, ma centralizzano le analisi complesse e i rapporti con la finanza nazionale e internazionale. E anche se non con la stessa predominanza dell’informatica, anche qui i servizi trentini sono apprezzati ed acquistati in tutta Italia. In totale Cassa Centrale gestisce titoli di terzi in amministrazione per oltre 20 miliardi, gestioni patrimoniali per 3 miliardi, e Nord Est Found per 2,1. “A fine 2015 il 54% delle gestioni patrimoniali riguardavano clienti extra provinciali; e ben 175 erano le banche che utilizzavano il servizio di gestione dei rischi finanziari di Cassa Centrale - afferma il prof. Bazzana – Ed è indubbio che la consistenza di questa clientela esterna certifichi la validità dei prodotti”.

Cesare Cattani

Questo è il motivo vero per cui è nata la stessa Cassa Centrale, per la difficoltà a lavorare con Iccrea – afferma Cesare Cattani, presidente della Cassa Rurale Bassa Anaunia, tra i “dissidenti” del movimento cooperativo, oggi diventato vicepresidente della Federazione Cooperative – Invece nella centrale trentina puoi incontrare le persone, ti ascoltano, e sono capaci. Non è un caso se oggi CCB fornisce servizi e prodotti finanziari, di tesoreria, carte di credito, su tutto il territorio nazionale. Dirò di più: in questa attività, di fatto un embrione dei due poli c’era già”.

Su questo il prof. Bazzana concorda: “L’esistenza di questa ampia clientela esterna al Trentino ha impedito la scelta del piccolo gruppo locale come quella altoatesina. Il gruppo nazionale è stata una scelta naturale”.

Iccrea: la corazzata

Scelta naturale, dicono i nostri interlocutori. Ma non certo facile. Ancora un anno fa la soluzione più logica era il gruppo unico. Perché il raggruppamento delle Bcc, obbligatorio per legge, risponde a una logica stringente: “Con i tassi ridotti allo zero, i margini minimali, i rischi nei prestiti aumentati, le piccole banche sono diventate fragili. – afferma Armanini - Razionalizzare, eliminare sovrapposizioni e doppioni è indispensabile: questo è il senso del gruppo”. Ma in quest’ottica anche il secondo gruppo nazionale è un doppione.

Invece il primo gruppo, Iccrea, si presentava come una corazzata: con un patrimonio di 1,55 miliardi (era richiesto 1 miliardo) e la licenza della Bce già in tasca. Le ipotesi – a dire il vero non molto chiare – di Cassa Centrale di dar vita a un secondo gruppo, potendo contare, con Phoenix, Ibt e altre società, su un patrimonio di soli 360 milioni, sembrava – e forse inizialmente era – un mero spauracchio, un mezzo per contrattare migliori condizioni, per le proprie società naturalmente, ma anche e soprattutto, sussurravano i maligni, per i propri uomini, che alzavano la voce per assicurarsi una ricca poltrona nel nuovo grande e grasso istituto bancario.

Il fatto che l’inossidabile Diego Schelfi, alfiere a Roma delle Rurali trentine, apertamente tifasse per il gruppo unico, sembrava un evidente indizio.

A maggio in questa dinamica qualcosa si è rotto. CCB, con l’avallo di Federcasse (teoricamente super partes), presentava una lettera con le condizioni per confluire in Iccrea: il sistema informatico trentino doveva diventare quello del gruppo, e Cassa Centrale avrebbe gestito tutte le tesorerie del sistema e portato avanti le gestioni patrimoniali. Una buona mediazione, che teneva conto della realtà, la preminenza del Trentino in alcuni importantissimi ambiti. Accadeva invece il patatrac: Iccrea, che informalmente la lettera l’aveva condivisa, faceva marcia indietro e ribaltava il tavolo. Una autentica prepotenza a significare: noi abbiamo il capitale e la licenza, voi no, le condizioni le dettiamo noi.

Cassa Centrale decideva di andare per conto proprio. O meglio, si entrava in una fase interlocutoria, di tentativi di ricucitura e di accorati appelli; ma sottotraccia si lavorava per il secondo gruppo.

Così a ottobre, a Verona, Cassa Centrale, di fronte a oltre 100 banche cooperative presentava il progetto del nuovo gruppo. “E proprio la presentazione ha fatto scemare i dubbi – ci dice Cattani - Perché mentre da Iccrea non è mai apparso un progetto definito, e tutto il discorso era basato sul fatto che tutti assieme era meglio, Cassa Centrale ha portato ipotesi, numeri, entrando nel dettaglio dei problemi, a iniziare da come arrivare a 1 miliardo di capitale”.

Si è entrati anche nel vivo del problema di come la capogruppo potrà incidere, con le nuove normative, sulla governance delle singole banche: approntando un modello risk based, articolato in 6 scalini; in quelli più alti si troveranno le banche migliori, con più autonomia, in quelli bassi quelle in difficoltà, più rigorosamente controllate” aggiunge Armanini.

Verona ha segnato il punto di svolta: dopo qualche sbandamento tutte le Rurali trentine hanno appoggiato il progetto, e altre 70 circa dal resto d’Italia; DZ Bank capogruppo delle Raiffeisen tedesche, e presente con 50 milioni in Ccb (che non vorrà vederli diluiti, ed è interessata a distribuire attraverso il Trentino i propri prodotti) con cautela ha dato il proprio placet.

Giorgio Fracalossi

Iccrea, spiazzata, non ha saputo reagire. A novembre l’assemblea di Federcasse è stata una corrida, con gli intervenuti fischiati e Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale, zittito a suon di ululati. Il fatto è che mentre il sistema trentino col passare del tempo cresce, quello romano cala.

Per loro è un momento difficile. – ci dicono i nostri interlocutori - Hanno ottenuto la licenza Bce per 320 banche, ora se ne trovano molte di meno ma con la medesima architettura del sistema. Iccrea dovrà fare una cura dimagrante e riequilibrare il rapporto dirigenti\impiegati oggi sbilanciato”.

Né sembrano entrare in campo – almeno finora – aiutini romani. Banca d’Italia, che avrebbe mezzi ad abundantiam per stoppare il gruppo trentino, se ne è ben guardata. Ha anzi lasciato filtrare di vedere di buon occhio il gruppo trentino, ritenuto un interlocutore affidabile, un contenitore in cui 100-150 Bcc sarebbero messe in sicurezza.

Da qui, in Iccrea, la paura. E a novembre, appunto, il livore; ma poi a dicembre, in un’assemblea pochissimo rappresentata (solo una cinquantina di casse), si è passati a toni concilianti, con una realistica presa d’atto della separazione e auspici di collaborazione, con saggi appelli alla responsabilità, affinché i due gruppi non diventino contendenti all’ultimo sangue.

Ci possiamo fidare?

Sulla credibilità del sistema trentino, discutiamo nella scheda a fianco. Però si devono chiarire un paio di cose: fino ad oggi la responsabilità di Cassa Centrale era praticamente nulla, ma con la formazione del gruppo tutto è destinato a cambiare.

Geremia Gios

Oggi la responsabilità, per ogni Cassa Rurale, è del relativo cda, mentre il controllo è in capo alla Federazione delle Cooperative e alla Banca d’Italia – risponde Geremia Gios, direttore di Economia all’Università di Trento e recentemente eletto presidente della disastrata Cassa Rurale di Rovereto - Con il gruppo invece molto dipenderà proprio dalla capogruppo, che avrà possibilità di intervento molto più incisive, arrivando a poter esprimere gradimenti e bocciature sui candidati nei cda”.

Il fatto è che il gruppo – creato, oltre che per attivare sinergie, anche per dare solidità - le CR saranno obbligate a intervenire nelle difficoltà delle altre, per cui la maggior solidarietà dovrà essere bilanciata da maggiori controlli.

La rischiosità dei prestiti viene valutata dalle singole CR, quello è il loro ruolo, fatto in loco, nel presupposto che la piccola banca conosca meglio la realtà locale. C’è poi un problema di controllo, se la governance della banca non funziona, effettua valutazioni del credito scorrette, sarà la capogruppo che valuta e interviene”.

Ecco quindi un altro aspetto del nuovo ruolo della capogruppo. E lo scarso entusiasmo delle Rurali trentine, di affidarlo ad Iccrea: “Andare da Iccrea, a Roma, è sempre stato come andare in un ministero, è difficile farsi ascoltare”.

Lo devono avere pensato in tante altre banche, che da tutta Italia, preferiranno andare a Trento (o forse a Milano, la localizzazione è prematura). Sarà una bella sfida, e una responsabilità.

Casse Rurali: il sistema trentino

Numero Casse: 36

Soci: 126.000

Dipendenti: 2.300

Sportelli: 350

Patrimonio: 2,2 miliardi

Raccolta: 17 miliardi

Prestiti: 11,7 miliardi di cui 22% sono crediti deteriorati

Utile\perdita 2015: -120 milioni

Come stanno in salute le banche trentine?

Ma il sistema trentino, si chiederà il lettore, a parte gli ottimi risultati delle società di sistema, che credibilità ha? Con varie Casse Rurali bastonate dalle ispezioni di Banca d’Italia, e con l’intero sistema che nel 2015 ha perso 120 milioni, e ancora ne perde nel 2016?

Sulle perdite i discorsi sono diversi. Anzitutto si è proceduto a una rigorosissima ricognizione dei crediti deteriorati e a una conseguente messa in sicurezza delle banche, secondo le modalità molto aspre richieste dalla Bce e che peraltro da più parti (a iniziare dal Sole 24 ore) vengono contestate. Nonostante questo il sistema è molto solido, con un patrimonio di 2,2 miliardi (vedi tabella a sinistra). La presenza di crediti deteriorati, poi, è discutibile a diversi livelli: indubbiamente una parte è dovuta a disinvolture eccessive; ma anche ad un’azione di stimolo verso l’economia che le Rurali forse sentono di più, nel bene e nel male, come propria mission (vedi la manovra del 2009 della Provincia, con i finanziamenti alle imprese a tasso agevolato pagato in parte dalla PAT stessa e in parte dalle banche, che sono risultate al 92% Casse Rurali, le altre non vedevano il business, o forse vedevano meglio la profondità della crisi e probabilmente avevano capito che a qualche impresa era meglio togliere la spina per tempo). E una parte della responsabilità è probabilmente non delle banche, ma del territorio: se è poco dinamico, se tarda ad uscire dalla crisi, gli effetti si riversano sulle Rurali, ma è solo in parte secondaria loro responsabilità.

Le società di sistema

Cassa Centrale Banca

Patrimonio: 247 milioni

Utile\perdita 2015: 19 milioni

Titoli di terzi in amministrazione: oltre 20 miliardi

Gestioni patrimoniali: 3 miliardi

Nord Est Found (fondo di investimento, in proprietà al 50%): 2,1 miliardi

Banche che ne utilizzano il servizio di gestione rischi: 175

Phoenix Informatica

Patrimonio: 90 milioni

Fatturato: 80 milioni

Utile\perdita 2015: 12 milioni

Banche che ne utilizzano i servizi: 250

Banche che ne utilizzano il Sistema Informativo SIB2000: 140

IBT Informatica Bancaria Trentina

Patrimonio: 7,5 milioni

Fatturato: 8,5 milioni

Utile\perdita 2015: 1,3 milioni

Banche che ne utilizzano il Sistema Informativo Gesbank Evolution: 90