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Si sono portati via anche la musica!

Viaggio nella disperata, coraggiosa Bolivia

Antonio Graziano

Dopo quattro aeroporti, tre aerei, due taxi, un bus ed un controllo della narcotici, sono finalmente tornato a Montevideo. Se vi fosse un aereo diretto, Uruguay e Bolivia sarebbero collegati da tre ore di volo. E invece ci vogliono ben 12 ore di viaggio per viaggiare da un paese all’altro. Questo la dice lunga sulla costruzione di una distanza culturale, politica, simbolica e storica tra il Rio de la Plata e la Regione Andina. Per questo, il mio primo viaggio in Bolivia é stato un tuffo in un altro mondo, sebbene tanto vicino, un’emozione, una scoperta ed un incontro con i movimenti sociali.

Dicono che Cochabamba ha una popolazione di circa un milione di abitanti, ma gli alti tassi di natalitá, l’emigrazione da altre regioni del paese, la difficoltà di aggiornare il censimento ed il caos permanente per le strade del centro suggeriscono che la popolazione possa essere anche il doppio. La povertà, le differenze sociali, la mancanza di acqua potabile, di istruzione, di strade e di cibo non sono paragonabili a quelli dell’Uruguay. La fame è terribile in qualsiasi angolo della terra, ma in Bolivia si trova una moltitudine di persone esasperate dalla fame che nonostante tutto mostrano la loro dignità nelle comunità indigene, nelle organizzazioni contadine, nei sindacati dei minatori, nelle città. In Bolivia la rabbia fa vibrare la terra, e la Pacha Mama che chiede disperatamente di essere ancora fecondata con il liquido vitale, prima che tutta l’acqua sia contaminata e ridotta ad una infinità di pozze putrescenti. La gente si mobilita, blocca le strade, critica Evo Morales, presidente al suo secondo mandato. Sono multiformi e contrastanti i sentimenti verso il presidente cocalero, nato ad Oruro e cresciuto politicamente nel Chapare, parte del dipartimento di Cochabamba e provincia che rivendica il diritto storico di produrre e consumare la foglia di coca.

Per farsi un’idea dei sentimenti dei boliviani bisogna semplicemente parlare con la gente. Ho ascoltato i tassisti, che costituiscono la principale agenzia di notizie e di opinione del pianeta. Ma ho anche parlato con amici e militanti, con i compagni di Koka TV, televisione comunitaria, con le ONG Italiane del paese, con ricercatori dell’Università San Simón, con esponenti della Guerra dell’Acqua, che nel 2000 ha iniziato a cacciare dal paese le multinazionali. Ho incontrato sindacalisti ed operai che hanno bloccato le strade per protestare contro l’aumento dei prezzi degli alimenti e dei trasporti avvenuti negli ultimi giorni poco dopo lo spaventoso aumento dell’80% del prezzo dei combustibili, che è stato poi revocato, tornando a sovvenzionarne la produzione. Ho parlato con la gente avvicinandomi, in modo buffo ed imperfetto, alla loro vita quotidiana: masticando foglie di coca, bevendo chicha (bevanda andina ottenuta dalla fermentazione del mais), mangiando chicharrón (fondamentalmente, grasso allo stato puro), ascoltando musica boliviana.

Evo Morales: chi è?

Evo Morales

Evo rappresenta il risorgimento dell’indigenismo e rappresentava, all’inizio del suo mandato, l’espressione dei movimenti sociali che lo hanno portato al potere. Gli stessi movimenti che oggi, quando i loro leader non sono stati cooptati, si lamentano di una gestione inefficiente, corrotta, personalistica, arrogante, orientata all’accumulazione del potere. Evo ha come alleato il vice presidente Garcia Linera, accademico e stratega. Qualcuno dice che è lui la vera mente pensante del governo. Qualcun altro afferma che in realtà il presidente ha una personalità forte ed un intuito spiccato, per cui é capace di generare un discorso carismatico e prendere decisioni in maniera autonoma. Qualcuno, più radicale, dice che Garcia Linera è un fascista e che Evo non arriverà alla fine del secondo mandato. Qualcun altro, che in realtà questo governo non è tanto male. Ha le sue contraddizioni, ma finirà il secondo turno e forse troverà un valido rappresentante per la prossima giostra elettorale.

Venerdì ho visto Evo, dal vivo, nella piazza centrale di Cochabamba, mentre faceva un discorso in occasione della donazione di fondi governativi al municipio della città. Era orgoglioso, sicuro di sé, adornato da una corona di fiori, critico verso gli speculatori, i piccoli commercianti che hanno approfittato del momentaneo aumento dei combustibili per far schizzare in modo irreversibile i prezzi degli alimenti. Altre voci critiche affermano che in realtà l’aumento degli alimenti dipende dai grandi produttori che, pur di speculare e di giustificare le esportazioni, tolgono gli alimenti dal mercato nazionale. Ed intanto la gente, per strada fa file di ore per comprare zucchero, riso ed altri alimenti distribuiti dal governo.

Mentre tenta di non morire di fame, la gente lotta con dignità e creatività. Negli anni 90, dopo l’insurrezione zapatista nello stato messicano del Chiapas, vi furono incontri tra rappresentanti dell’EZLN e movimenti boliviani. Seguendo l’esempio dell’insurrezione zapatista, in Chapare gruppi contadini cominciarono ad armarsi ed elaborarono una strategia militare per chiedere al governo la costruzione di Otra Bolivia, un’altra Bolivia. Durante le marce, usavano zaini dal peso e dalle dimensioni suggerite dai compagni centroamericani, che passavano lunghe settimane marciando dalla selva alla sierra.

Unica alternativa: l’azione diretta

Confuso dalla politica boliviana, e dalla coscienza che il potere elettorale ingabbia i più grandi rivoluzionari in un delirio egemonico, chiedevo ad Oscar Olivera, rappresentante della guerra dell’acqua, qual è la strada per costruire Otra Bolivia ed Otro Mundo. Oscar non ha dubbi: l’unica alternativa è costruire iniziative locali per riappropriarsi delle risorse, del territorio, del diritto alla vita. Nel sud di Cochabamba la Semapa, l’acquedotto municipale ri-pubblicizzato dopo la Guerra dell’acqua e l’uscita di scena della Bechtel, non portava nemmeno una goccia d’acqua. La gente si é organizzata in comitati per assicurare la gestione comunitaria dell’acqua, interessante esempio di organizzazione dal basso. I comitati dell’acqua assicurano l’approvvigionamento idrico, ma sono anche strumenti di costruzione politica e di rivendicazione dei diritti della popolazione di fronte alle istituzioni. Parlando di gestione comunitaria Arnold, amico olandese conosciuto una sera davanti a coniglio e cicharrón, mi racconta la sua avventura, nel sud di Cochabamba. Da cinque anni si dedica a girare per le scuole della periferia cittadina, per insegnare a studenti e genitori metodi di coltivazione di orti famigliari. Basta un quadrato di 1,20 m di lato, per avere da mangiare tutto l’anno. Quando si parla di sicurezza alimentare!

Sembra che la Bolivia sia attaccata su tutti i fronti da forze che tentano di toglierle le risorse, di consumarla fino a scomparire, a sprofondare nelle viscere della madre terra, come è accaduto con il Cerro Rico, montagna di Potosi che è stata svuotata delle immense risorse minerarie. La famosa Lambada brasiliana, in realtà, è la traduzione carioca della canzone “Llorando se fue” dei Carcas di Cochabamba. Dopo i minerali, gli idrocarburi, gli alimenti e l’acqua, hanno tentato di portarsi via anche la musica!